Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  settembre 09 Venerdì calendario

MPS, BPM, RISOLUZIONI BANCARIE: STESSA RADICE NELLE INADEGUATE LOGICHE EUROPEE

Lentamente la riorganizzazione in alcune limitate aree del settore bancario accenna a decollare, anche se deve fronteggiare problemi che a volte sembrano creati per complicare i processi in atto. E’ questo il caso su cui nelle ultime settimane si sta insistendo riguardante l’agitato collegamento tra l’operazione di aumento del capitale del Montepaschi
e il referendum costituzionale (si veda anche la rubrica Contrarian). Il bello è che tale connessione è prospettata anche da alcuni di coloro che sostengono la necessità di sganciare le banche dalla politica nei casi in cui ciò si verifichi. In effetti anche dal premier Renzi è stato ribadito che, quale sarà l’esito del referendum, il governo resterà in carica e l’appuntamento sarà per le elezioni politiche del 2018. Dunque non è affatto prevedibile una crisi politica o una interruzione della legislatura; né fondatamente si può sostenere che la vittoria del sì o del no possa influire, in un senso o nell’altro, sulle immediatezze del governo dell’economia o, più in particolare, sulla questione bancaria, considerato che l’Esecutivo resterà in carica in entrambi i casi e continuerà a esercitare le sue prerogative.
Per dedurre che da una eventuale affermazione del no deriverebbe, secondo qualche banca d’affari, una maggiore probabilità di un intervento pubblico nella vicenda del Monte -donde il mutamento del contesto in cui la ricapitalizzazione avverrebbe- bisogna ipotizzare un conseguente mutamento della linea del Governo o, addirittura, la sua sostituzione, che invece vengono negati da tutte le parti impegnate nella competizione referendaria. Questo collegamento improprio comporta, poi che a seconda delle diverse visioni, alcuni sostengono che sarebbe preferibile anticipare l’operazione in questione rispetto allo svolgimento del referendum per ora previsto tra la fine di novembre e i primi giorni di dicembre, mentre altri pensano che sarebbe senz’altro più opportuno attuare la ricapitalizzazione nel nuovo anno. Il fondamento di queste tesi è espresso solo genericamente e finisce con il danneggiare il Monte perché si legano impropriamente le sue sorti a un evento politico-istituzionale di rilievo, ma che non dovrebbe impattare sul mercato che è il punto di riferimento del rafforzamento di capitale, i tempi della cui realizzazione, se vengono strettamente collegati a un evento della specie, fanno apparire l’istituto bisognoso della protezione pubblica oppure, a seconda delle posizioni, soggetto a negative decisioni o ingerenze pubbliche: situazioni entrambe particolarmente nocive. E’ sperabile che tra gli advisor dell’operazione non vi siano soggetti influenzati da tale connessione o, addirittura, portatori di siffatte posizioni. Altra cosa sono i tempi tecnici per realizzare l’aumento di capitale, che sono gli unici vincoli da proporsi, una volta valutati il merito dell’operazione, le modalità con le quali attuarla, il contesto di mercato non ostile. Se questi tempi si intrecciano con quelli del voto referendario, saranno da prendere conseguenti decisioni, ma limitate allo stretto spazio temporale della sovrapposizione. Insomma, è il mercato che deve giudicare l’operazione, mentre le autorità pubbliche hanno rassicurato sulle conseguenze del referendum. Si eviti, allora, di aggiungere ulteriori fattori di complicazione.
Un altro caso riguarda l’aggregazione tra il Banco Popolare e la Bpm , la prima concentrazione dopo l’attuazione della legge di riforma dell’ordinamento delle banche popolari. L’operazione, a questo punto, dopo aver superato ostacoli non secondari e aver fatto i conti con prescrizioni della Vigilanza unica a volte prive di adeguato fondamento, se non cervellotiche, è avviata alla piena realizzazione prevista per ottobre. Si manifesta, però, la posizione di alcuni soci della Bpm raggruppati in due associazioni che non metterebbero in discussione la trasformazione in spa, imposta dalla legge, ma sono contrari all’aggregazione e chiedono che nella prossima assemblea destinata a decidere su questa scelta siano formalmente messe in votazione due posizioni: quella favorevole alla concentrazione e quella stand alone. Naturalmente sono comprensibili preoccupazioni, tradizioni, attaccamenti, cosi come l’esigenza di certezze su quello che si può definire il welfare aziendale. Se però i quorum previsti per l’aggregazione non fossero raggiunti -anche per il modo in cui si invogliasse con un’alternativa formalmente sottoposta al voto a sostenere, per la Bpm , lo stare da sola- si aprirebbe una questione delicatissima con impatti generalizzati, negativi per tutte le parti in causa, anche se, naturalmente, occorrerà rispettare l’espressione del voto. Ma non sarebbe preferibile, allora, agire per conseguire, con un approccio equilibrato, almeno alcune delle certezze che si teme possano svanire?
E’ ancora pendente, poi, il problema della vendita delle quattro banche salvate, che dovrebbe avvenire, stando all’assurdo termine fissato dalla Commissione Ue (evidentemente d’intesa con la Vigilanza unica) entro settembre. Sarebbero necessarie informazioni al riguardo, pur tenendo conto dell’osservanza degli obblighi di segretezza. Ma la prima cosa da fare, anche con l’intervento deciso dal governo italiano, sarebbe rimuovere l’apposizione del suddetto termine che smaccatamente favorisce i potenziali acquirenti, senza formalizzare un nuovo termine. Logica e correttezza istituzionale nonché oggettività nei confronti delle parti a diverso titolo interessate lo imporrebbero. Seguiremo gli sviluppi. In ogni caso, questi diversi punti del sistema interessati dalla trasformazione per ragioni differenti segnalano la complessità di queste operazioni spesso determinata o accentuata da prescrizioni europee rispondenti a logiche inaccettabili.