
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
In un giorno di tregua dell’odissea romana, si può andare a vedere se il pasticcio Raggi abbia o no provocato una perdita di consenso per il Movimento 5 Stelle. Poca roba, secondo tutti. Un sondaggio pubblicato dall’Huffington Post registra un calo del 4,5% (dal 29 al 24,5), ma conferma che, in caso di ballottaggio con Renzi domani mattina, il candidato grillino vincerebbe ancora 51,5 a 48,5 (per il centro-destra, in questo momento, non c’è storia). Infatti gli analisti più accreditati, come accennavamo ancora ieri, mettono in guardia dall’idea che un’eventuale sparizione del M5s aiuti un recupero di consenso elettorale per gli altri. Gli «altri», termine nel quale possiamo comprendere Renzi, Sala, Berlusconi, Salvini, Parisi, sono sentiti come traditori, saccheggiatori, ladri, profittatori, gente di cui non fidarsi in nessun modo, complici dei banchieri nell’aver reso poveri quelli che un tempo erano classe media, rapinatori del futuro dei giovani, assassini di ogni speranza.
• Già, il problema è che questi sentimenti sono diffusi in tutto il mondo.
Sì, possiamo fare l’elenco. La Brexit, l’avanzata, con superamento della Merkel, di Alternative für Deutschland nelle ultime elezioni di Pomerania-Meclemburgo, la prossima, probabile, vittoria della formazione quasi-nazista in Austria, la Le Pen in Francia, Podemos - con l’accompagnamento di Ciudadanos - che paralizza la politica spagnola, e ci vorrà una terza consultazione popolare. Poi il fenomeno forse più vistoso, il successo di Trump in America, che dice in sostanza agli americani: questi vi hanno fatto più poveri, io tornerò a farvi ricchi. Allargando un po’ lo sguardo, si scopre che questi movimenti sono tutti nemici della globalizzazione e dei suoi effetti, quindi no all’Unità Europea e no ai migranti, con punte di nostalgia per i vecchi centralismi autoritari o addirittura tirannici di un tempo. In Cina c’è l’adorazione per Mao, e in Russia (sondaggio Levada) la venerazione per Stalin, di cui si sono dimenticate le carneficine. Il premio Nobel Svetlana Aleksievic, nel suo Tempo di seconda mano, scrive: «Eravamo felici nell’Urss. Poveri, ingenui, ma non lo sapevamo e quindi non invidiavamo nessuno. Domani andrà meglio, dicevamo, avevamo un futuro e un passato». Alla base del quadro, infatti, bisogna mettere internet e la troppe volte finta informazione di cui è portatrice. In Rete si sfogano subito le pulsioni peggiori, passano le calunnie più feroci, soprattutto si dà modo ai politici assetati di un consenso sempre più raro di capire all’istante quanto stanno andando male. Il paradosso è che internet, attraverso la sua falsa democrazia diretta, spinge alle scelte più populiste e in definitiva alla tirannia. La Raggi, democraticamente eletta dal popolo secondo una legge che affida al primo cittadino tutte le responsabilità, deve invece sottostare al diktat di un direttorio giacobino, formato da illustri sconosciuti e illustri incompetenti, che pretende di dettar legge. Lo stesso principio, generato dalla Rete, ha del resto prodotto la Raggi, messa in campo grazie al sostegno di appena 1.700 internauti inconsapevoli.
• Ma è poi vero che siamo più poveri?
L’automazione sta riducendo in modo massiccio i lavori disponibili, le fusioni tra grandi società hanno portato una razionalizzazione distruttrice di impiegati e manager, uno studio di Antonio Schizzerotto, docente a Trento, mostra che il cosiddetto ascensore sociale tende sempre di più a viaggiare verso il basso che verso l’alto. I piani alti della società sono stati tagliati, la mobilità ascendente dei nati tra il 1970 e il 1985 è stata più bassa di cinque punti rispetto a quella dei nati tra il 1954 e il 1969, e la mobilità discendente è invece salita di 7 punti. La gente non è troppo interessata alla democrazia - si direbbe - quanto allo star bene e alla possibilità di pensare al futuro con speranza (vedi le parole della Aleksievic). Il nostro mondo - a causa dei migranti, del terrorismo, dell’ascensore sociale che va giù - è invece dominato dalla paura.
• Come siamo arrivati a questo punto?
La democrazia, spente le grandi ideologie, ha campato comprando i voti, con i debiti e la corruzione. I debiti sono sempre meno possibili, la corruzione è la madre del risentimento sempre più forte verso una classe dirigente che ci ha fatto più poveri.
• C’entra anche l’11 settembre? Domani sono 15 anni.
C’entra. L’11 settembre, mettendo in crisi le banche e costringendole a speculare con strumenti finanziari truffaldini, è il momento di svolta.
• Come se ne esce?
Bisognerà che tutto cambi, in Italia e nel mondo. Un processo che si annuncia pieno di sofferenze.
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