Sergio Rizzo, Corriere della Sera 10/9/2016, 10 settembre 2016
LA STRADA FANTASMA NEL SALENTO BLOCCATA DA 22 ANNI DI RICORSI
Domanda cui nessuno potrà mai rispondere: «Quanti soldi hanno speso per NON fare quella strada in Salento?». Tanti, comunque. Spariti in progetti fatti e rifatti, gare d’appalto evaporate in ricorsi e controricorsi presentati al Tar sbagliato, contenziosi burocratici surreali, perfino polizze assicurative false. Gli anni che ci sono voluti, invece, lo sappiamo bene: ventidue.
La storia simbolo di un Paese nel quale sembra impossibile realizzare un’opera pubblica a costi e in tempi umani è raccontata per filo e per segno in una delibera approvata qualche giorno fa dall’autorità Anticorruzione di Raffaele Cantone. Tutto comincia nel 1994, quando il Consorzio per lo sviluppo industriale di Lecce affida un incarico di progettare l’ammodernamento della strada 275 fra Maglie e Santa Maria di Leuca a una società di progettazione, la Prosal. L’opera, 59 chilometri, è già prevista nel piano triennale dell’Anas, ed è ritenuta così urgente che non si fa nemmeno la gara per il progettista. Nonostante l’urgenza non accade nulla per anni finché nel 2001 il Parlamento approva la famosa Legge obiettivo: costi certi e tempi certi. E fra le opere considerate strategiche spunta anche quella strada. Spesa prevista: 113,6 milioni. L’Anas firma subito una convenzione con il Consorzio sviluppo industriale per la progettazione definitiva, che viene affidata ancora una volta senza gara alla medesima Prosal.
Due anni dopo si stabilisce che quella strada sarà realizzata con fondi e appalto regionali. La spesa sale a 162,5 milioni.
L’Anas approva il progetto definitivo nel giugno 2005. Intanto la spesa prevista è lievitata a 201,4 milioni. Si va in Conferenza dei servizi, vengono acquisiti i pareri di vari ministeri e si modifica il tracciato. Il Cipe dà nel 2009 il via libera: 287,7 milioni. Ma subito c’è un ricorso al Tar di Lecce della Regione Puglia, con relativo appello al Consiglio di Stato. Due anni ancora e la cosa sembra finire lì. Nel 2011 ecco il bando di gara. Non contenta, la Regione Puglia innesca però un altro contenzioso sul progetto definitivo, altre modifiche e altri ritardi. Finalmente il 2 aprile 2012 l’appalto viene aggiudicato a un consorzio composto da Uniland, cooperativa Ccc, Aleandri e Igeco. Il progetto però non marcia. Ci sono difficoltà interne: la Uniland è in crisi e deve mollare. L’Anas non batte ciglio. La progettazione esecutiva passa nelle mani di una società collegata alla cooperativa Ccc, ma l’Anas non l’approva. Sorgeranno poi anche problemi sul nuovo progettista, tuttavia è niente rispetto a ciò che incombe. E non è certo la scoperta di alcune discariche abusive di rifiuti sul tracciato. Perché il quarto classificato alla gara, la ditta di Salvatore Matarrese, esponente della famiglia imprenditoriale che vanta fra i suoi componenti anche un ex parlamentare e presidente della Federcalcio (Antonio), fa a sua volta ricorso al Tar di Lecce, e poi al Consiglio di Stato. E la spunta: il giudice riconosce all’Anas il diritto di «autoannullare» il contratto. Cosa che accade l’11 marzo del 2015: è una delle ultime decisioni dell’ex presidente Pietro Ciucci prima di lasciare l’incarico, stabilendo contestualmente di aggiudicare la gara a Matarrese. Tutto a posto? Macché. Sorvoliamo sugli altri ricorsi della Ccc e i nuovi contenziosi a raffica, con i vecchi progettisti della Prosal che chiedono il pagamento di parcelle e danni per quasi 9 milioni. Il fatto è che controllando la documentazione si scopre che la polizza fidejussoria rilasciata da una società inglese è falsa. La Matarrese cade dalle nuvole, ma il problema è grosso come una casa. E tutto si ferma. Il 29 luglio il nuovo presidente dell’Anas Giovanni Vittorio Armani comunica che sta valutando come uscirne con il minor «dispendio di denaro pubblico».
La storia, ovviamente, non finisce qui. La delibera dell’Anac contiene un elenco di contestazioni lungo come una Quaresima, che Cantone spedisce a Procure della Repubblica e Corte dei conti. Ce n’è per chi ha affidato il progetto senza gara, per l’Anas e la Regione Puglia. E poi per il ministero delle Infrastrutture che non ha vigilato sull’Anas e per la Struttura tecnica di missione della legge obiettivo, giudicata corresponsabile «dell’intero procedimento»: allora era guidata dal pugliese Ercole Incalza. Dulcis in fundo, perché tutti quei ricorsi al Tar di Lecce, quando la competenza, espressamente nel bando di gara, era del Tar Lazio? Magari si pensava che quei giudici conoscessero meglio dei colleghi laziali le problematiche territoriali? Boh...