Elena Cattaneo, D di Repubblica 10/9/2016, 10 settembre 2016
LA MEDICINA MIGLIORE È IL RISPETTO– Anche quando la scienza fa la sua parte, può non essere sufficiente, se non c’è una cultura pronta ad abbracciarne le scoperte
LA MEDICINA MIGLIORE È IL RISPETTO– Anche quando la scienza fa la sua parte, può non essere sufficiente, se non c’è una cultura pronta ad abbracciarne le scoperte. E non mancano casi in cui, a incentivare questo gap culturale, è anche chi delle conquiste scientifiche è partecipe, se non protagonista. Ricordo, per esempio, i commenti di alcuni colleghi scienziati alla notizia della doppia mastectomia di Angelina Jolie e alla sua successiva decisione di farsi asportare anche le ovaie. Una scelta personale, sicuramente sofferta, che non è detto debba essere quella giusta per tutti, e che mai equivale a dire: «Per non rischiare un ictus mi taglio la testa», come alcuni l’hanno interpretata. Lo può spiegare bene Ornella, che mi ha raccontato la sua storia di donna quasi quarantenne a cui viene diagnosticato un tumore al seno. Una donna con una storia familiare costellata da casi di tumore alla mammella e alle ovaie e che solo in seguito alla diagnosi si è sottoposta al test genetico. Anche Ornella, come Angelina, è portatrice di una mutazione in uno dei due geni Brca (1 e 2). Noti dalla metà degli anni ’90, agiscono da riparatori degli errori che subentrano nel nostro Dna e, se mutati, possono dare luogo a tumori. Le zone più colpite dalle conseguenze di mutazioni in Brca sono il tessuto mammario e quello ovarico. Esistono criteri da seguire con giudizio per individuare e proteggere le donne a rischio. Il primo passo è la ricostruzione della storia familiare. «Ho perso mia mamma e mia nonna a causa del tumore al seno e mia zia per un tumore ovarico», aveva dichiarato Jolie. Una storia simile è nella famiglia di Ornella. Questa familiarità, che è bene valutino gli esperti, è il criterio di selezione per il consulto genetico. Saranno i genetisti a stabilire se proporre il test, consapevolmente e senza esitazione. Una eventuale positività al test genetico porta preoccupazione, ma anche due opportunità di controllo. La prima consiste nell’inserimento in programmi di sorveglianza clinica che ogni sei mesi indagano il tessuto mammario, ben sapendo che un tumore precoce in molti casi può essere trattato con successo. Meno, invece, si può fare per il tumore ovarico. La seconda opportunità, intrapresa dalla Jolie, è la chirurgia preventiva. Una strada impegnativa, non per tutti desiderabile, che porta quasi a zero il rischio cumulativo nella vita di sviluppare un tumore al seno o ovarico. Per una donna che ha avuto figli e per le altre, giovani e meno giovani, si tratta di opportunità da valutare solo dopo aver ricevuto un’informazione puntuale e corretta. Le scelte e le decisioni, da difendere e rivendicare, sono prima di tutto loro. Ciascuna è giusta. In alcuni casi, compiono il miracolo di evitare ai figli la perdita della madre. Ma ora possiamo sottoporre noi stessi ad un test e chiederci chi sono ai nostri occhi Angelina e Ornella. Donne senza seno, mutilate, o donne (e madri) che, pur ad alto rischio, hanno ridotto la possibilità di sviluppare un tumore della mammella e/o dell’ovaio, con tutte le conseguenze che questo avrebbe comportato? L’ostacolo da superare per realizzare percorsi di prevenzione concreti e utili sta proprio nel passaggio tra l una e l’altra visione. Ostacolo che separa la cattiva dalla buona informazione. In India abbiamo realtà sanitarie di vera eccellenza, per esempio in Emilia Romagna, dove è stato avviato dal 2012 un programma per intercettare le donne a rischio prima che si ammalino. Dovrebbe diventare un obiettivo nazionale. In Lombardia, da circa un anno, alle donne con munizione è stato riconosciuto il diritto all’esenzione delle prestazioni correlate a questo rischio familiare, e da aprile anche questa regione ha definito un programma (in attesa di applicazione) da avviare per la gestione di questi casi. Iniziative esemplari, ma isolate. E dove la politica sanitaria regionale ha difficoltà a stare al passo della scienza, come in tanti altri ambiti, intervengono l’associazionismo e il passaparola. «È un peccato, sci ancora giovane», «Questa scelta potrebbe cambiare il rapporto con tuo marito», oppure «Vedi, dovevi fare la chirurgia», sono reazioni che mi hanno raccontato, che fanno sentire in colpa, a disagio, qualsiasi cosa si scelga. Non c’è una regola, se non quella della condivisione dei pensieri e delle preoccupazioni con chi sa ascoltare e poi aiutare queste donne. Anche a combattere i tabù sociali che “giudicano” ogni scelta e che oggi scienza e medicina ci dicono come affrontare.