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 2016  settembre 10 Sabato calendario

“CON LA CHEMIO STO BENE, NON CREDETE AI FURFANTI” – [Intervista a Marina Ripa di Meana] – Sto bene

“CON LA CHEMIO STO BENE, NON CREDETE AI FURFANTI” – [Intervista a Marina Ripa di Meana] – Sto bene. Sente che voce? Marina Ripa di Meana, lei da 15 anni è malata… Ho il cancro, usiamo la parola giusta. Faccio la chemioterapia… finirò il ciclo il 25 settembre. Ma sto bene, nonostante le inevitabili sofferenze. Più combattiva che mai… Sì. In questi giorni ho letto le storie di quelle povere ragazze che sono morte perché hanno rifiutato le terapie. E non posso stare zitta. Voglio raccontare la mia esperienza, perché spero di poter aiutare qualcuno. Voglio che chi è malato non cada nelle mani di stregoni e zozzoni e si faccia curare. Una battaglia a favore della chemioterapia… Sì. Perché con la chemio oggi sempre di più si può guarire. Ma anche chi non guarisce, come me, può sperare che la malattia si cronicizzi e la vita duri anni, decenni. Ci racconti la sua storia, allora. Avevo meno di sessant’anni quando mi hanno diagnosticato un tumore al rene. Sono stata curata, ma dopo quattro anni c’è stata una recidiva. Ho avuto metastasi al polmone, sono stata operata tre volte. Ma sono ancora qui e sto bene. Vuole che le racconti la mia estate? L’estate con la chemio? Sì. E allora? Sono stata a Ischia, Sabaudia, Cortina. Perfino al festival del Cinema di Venezia, guardi le foto sui giornali… come mi trova? Roba da fare invidia a uno sano. Guardi, non voglio dire che sia una passeggiata. Sarebbe sciocco. È una terapia dura, molto. Penso ai miei capelli, ne avevo una testata bellissima e me ne sarà rimasto un terzo. Oggi, però, non ci sono più solo le terapie in endovena, ma anche le pastiglie. E si riesce a fare una vita quasi normale, glielo giuro. Io mi metto sempre i miei vestiti, giro con i tacchi da quindici. Ballo. Avrà una forza fisica da leone… Macché. Sono sempre stata fragile. È una questione di testa. Ma perché in tante rifiutano la terapia, come quelle due giovani donne di Padova e Rimini? È successo anche a una mia amica. Una persona molto nota. Ho cercato in ogni modo di convincerla a farsi curare, l’ho chiamata decine di volte. Non può immaginare che pena. Ma ha rifiutato la chemio e alla fine non ce l’ha fatta. I suoi familiari ancora oggi vivono nel senso di colpa per non essere riusciti a convincerla. Forse sarebbe ancora viva. Chi rifiuta la medicina tradizionale? Mi ha colpito che anche tante persone istruite, di classi sociali elevate, dicano no e cadano nelle mani di zozzoni e furfanti. Forse pesa l’impatto fisico delle cure… i capelli, ahimé i capelli che cadono. O magari rifiutando la terapia inconsciamente si rifiuta anche la malattia. Ma come fare per superare questo muro? La parola cancro si deve poter dire. Perché ce n’è sempre di più. Ma soprattutto perché oggi si guarisce o si può convivere con la malattia. Certo, se uno vuole rifiutare le terapie perché pensa di non voler più vivere… bisogna rispettare la sua scelta. Ma altrimenti curiamoci, pensiamo alla prevenzione. C’è però chi dice che con la crisi anche le terapie per i tumori rischiano di essere tagliate… Io mi sono curata senza spendere un euro all’Ieo di Milano. Un luogo dove ci sono le terapie migliori, ma viene anche curata la dignità dei malati. Non è un luogo lugubre dove già ti senti condannata. Deve essere così, per tutti. Perché si può vivere con la malattia. E, nonostante la sofferenza, vedere ancora la bellezza della vita. L’intervista è finita? Sì. Allora vado a farmi un bagno. Sono a Capalbio. Vedesse che mare c’è stasera. Ferruccio Sansa, il Fatto Quotidiano 10/9/2016