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 2016  settembre 10 Sabato calendario

SORPASSI E PANNOLINI CORRERE A 350 ALL’ORA CON UNA FIGLIA A CASA

MISANO
Trecentocinquanta all’ora. Missile tra i missili. Che s’incrociano in una danza di millimetri d’equilibrio e talento. Poi giù in curva, piegato di oltre 60 gradi: impossibile, illogico, eppure. La spalla che accarezza l’asfalto. Ancora velocità, sempre di più. Sorpassi, passione, paura. Adrenalina. È solo quando lascia la moto al box e stringe la sua bambina al petto, che finalmente il cuore di Cal rallenta. E torna a battere come quello di un padre innamorato.
Il giorno in cui diventano papà – sosteneva Enzo Ferrari –, i piloti rallentano: non vogliono mica, ma perdono fra i 20 e i 30 chilometri all’ora. Matematico. «Pensa a noi», recitavano quei magneti con la foto di famiglia che un tempo s’attaccavano ai cruscotti delle auto. Ecco, appunto. E allora, com’è che ad agosto è nata Willow e da allora Cal Crutchlow non è mai andato così forte? A Brno ha vinto la prima gara della sua carriera in MotoGp, l’altra settimana a Silverstone ha chiuso secondo dopo aver fatto la pole. Il pilota inglese racconta che la bimba lo abbia «responsabilizzato». Che ha tirato fuori il campione. Possibile? «Se mi fossero nate due gemelle, magari potevo fare pure un pensierino al titolo mondiale». Scherza, ma neanche troppo.
L’immagine su instagram è tenerissima: Cal sul lettino mentre il fisioterapista lo sta trattando, e la piccola in tutina rosa che dorme beata su di lui. «Scommetto che il vostro massaggio non è bello come il mio», gongola. Come si fa a tornare in pista e rischiare la vita ogni giorno? «Non lo so. Però non ci sono dubbi. Anzi. Con l’arrivo di Willow sento di dover dare tutto quello che ho: per lei e per Lucy, mia moglie. Sono più concentrato, più veloce. O forse così felice che ogni cosa diventa facile. Leggera». Confessa che qualche ora dopo la vittoria in Repubblica Ceca era tornato alla realtà «cambiando un pannolino e dandole il biberon». In Inghilterra prima ha segnato il miglior tempo nelle qualifiche; poi ha dato il cambio a Lucy, passeggiando nel paddock con la bambina tra le braccia che non voleva saperne di addormentarsi.
Colin Edwards, Randy Mamola, Troy Bayliss, Loris Capirossi, Tetsuya Harada. Piloti e papà, non era così strano. Graziano Rossi portava in pista Valentino ancora in culla. Sì, ma l’età media dei campioni era più alta ed Enzo Ferrari aveva ragione: magari poco, però rallentavano. Invece oggi, in una MotoGp giovane e aggressiva in tutti i sensi, i padri di famiglia sono solo 2: Crutchlow e Andrea Dovizioso, che come l’inglese della Honda ha 30 anni. E una bimba. «Sara da quando è arrivata mi ha dato qualcosa in più. Qualcosa di speciale. Mi ha fatto sentire un uomo migliore. E un pilota migliore, più veloce e sicuro di me». Ma non ha mai pensato a lei, mentre rischia di cadere a 350 all’ora? «Mai. Non puoi farti certe domande, mentre sei in pista. Non voglio dire che noi piloti non conosciamo la paura, sarebbe una bugia. Non siamo super-eroi, la paura esiste eccome: altrimenti non ci sarebbero limiti, non si finirebbe una sola gara. Però i dubbi no, quelli li tieni lontano. E apri il gas». Un atleta più forte. «E un uomo diverso dai miei compagni del paddock. Una figlia ti cambia la vita, il modo di ragionare: sempre lontano dalle corse, perché in pista rimane tutto uguale. A casa, da buon egoista, una volta facevo quel che volevo. Ora c’è sempre lei, prima di tutto. Ed è bellissimo». Sull’avambraccio sinistro ha tatuato una parola in corsivo: “Chiccolo”. «Sara aveva appena imparato a parlare, e non riusciva a dire: piccolo. Mi faceva così tenerezza». La bimba ora ha 6 anni. «Prima era molto timida, ora comincia a scatenarsi: vuole provare a fare tutto quello che faccio io. Nuota con me, va in bicicletta. In moto? Per il momento no. Non ancora».
Per festeggiare l’arrivo della sua Willow, in Repubblica Ceca aveva indossato un casco rosa con disegnato sopra il fumetto della bimba, il ciuccio in bocca. «È anche nata con qualche giorno di anticipo, così mi ha permesso di correre – di vincere – a Brno », dice orgoglioso Crutchlow. E Jorge Lorenzo, da un po’ di tempo a corto di successi, lo prende in giro: «Forse dovrei diventare padre anche io, cosa ne pensi?». «Probabilmente tu di figli ne hai già una dozzina sparsi per il mondo, ma non lo sai», risponde Cal. Un papà sempre più felice. E spericolato.
Massimo Calandri, la Repubblica 10/9/2016