di Gabriele La Monica, MilanoFinanza 10/9/2016, 10 settembre 2016
LE GRAN FATICHE DI VIOLA
Giudicare l’operato di Fabrizio Viola alla guida del Monte dei Paschi solo alla luce dei due aumenti di capitale da 5 e 3 miliardi chiamati dalla banca rispettivamente a giugno del 2014 e a giugno del 2015 è perlomeno strumentale. Un po’ come giudicare un libro dalla copertina. Le due ricapitalizzazioni sono stati due passaggi obbligati in un percorso che ha portato la banca fuori dalle secche in cui era finita con la gestione Mussari/Vigni.
Spostando l’attenzione dalla capitalizzazione di mercato ai dati relativi alla performance e alla solidità patrimoniale si ha uno scenario differente. Il Cet1, il Common Equity Tier 1 ratio, evidenzia una solidità crescente e che passa dall’8,8% del 2011 (allora il dato di riferimento era il Core Tier 1) al 12,1% che su base annualizzata è stato registrato alla fine del primo semestre dell’esercizio in corso. La solidità del coefficiente patrimoniale è stata mantenuta nonostante siano stati interamente ripagati, in anticipo rispetto a quanto previsto, i 4,1 miliardi di aiuti di Stato ottenuti nel 2013 dal ministero dell’Economia. Tre miliardi di euro sono stati restituiti dalla banca nel giugno del 2014 e gli altri 1,1 miliardi dodici mesi dopo, nel giugno del 2015. Va ancora meglio se si guarda agli indicatori di redditività. Il cost/income è passato dal 64% del 2011 al 55% del dato annualizzato al 30 giugno. Una performance che è già interessante in termini assoluti, ma diventa ancora più qualificante se si pensa che alla voce income contribuiscono il margine d’interesse e il margine di intermediazione che sono endemicamente in calo in questi anni. La messa in sicurezza dei conti è passata attraverso un robusto derisking che ha comportato una riduzione degli asset finanziari in portafoglio di 19,5 miliardi di euro negli ultimi cinque anni, passati dai 55,5 miliardi del 2011 ai 36 miliardi del primo semestre dell’anno. Anche gli asset complessivi del gruppo hanno subito un robusto ridimensionamento dal 2011 a oggi, passando dai 240,8 miliardidel 2011 ai 164,4 miliardi fatti segnare alla fine del primo semestre del 2016. Si sono mosse in decisa controtendenza le commissioni nette che nello stesso periodo sono salite dagli 1,76 miliardi del 2011 agli 1,88 miliardi al 30 giugno scorso. Commissioni nette che sono cresciute in uno scenario di efficienza crescente che ha visto i costi totali scendere dai 3,42 miliardi del 2011 ai 2,56 miliardi del primo semestre dell’anno.
Sullo sfondo dei crudi dati di bilancio, il quadriennio è stato caratterizzato anche da una normalizzazione del rapporto con lo storico investitore Fondazione Monte dei Paschi e da un’apertura del capitale della banca al mercato e alle sue logiche. Nello specifico la Fondazione ha visto la quota nel capitale passare dal 49% del 2012 all’attuale 1,5% ed è stata eliminata la soglia del 4% ai diritti di voto. In sostanza il rapporto fra banca e fondazione, nel corso della gestione di Viola, è passato dal Medioevo alla modernità. Un lavoro che ha trovato un riscontro, anche abbastanza eclatante se si pensa ai recenti dinamiche banca/Fondazione, nelle parole di commiato della Fondazione al manager. «La Fondazione Monte dei Paschi di Siena ringrazia il dottor Fabrizio Viola per l’eccezionale impegno, professionalità e competenza con cui in questi anni, in qualità di amministratore delegato, ha guidato Banca Monte dei Paschi di Siena in un difficilissimo contesto economico-finanziario nazionale e internazionale, riportando l’istituto all’utile e presentando un piano industriale per la soluzione strutturale e definitiva dei crediti in sofferenza». La Fondazione ha poi voluto sottolineare anche «come le sue qualità professionali ed umane abbiano contribuito in maniera decisiva ad affrontare lo sviluppo della Banca e a rinsaldare il rapporto con gli azionisti e in particolare con la Fondazione Mps». Un’eredità che non sarà facilissimo raccogliere.
di Gabriele La Monica, MilanoFinanza 10/9/2016