la Repubblica, 9 settembre 2016
Come sarà la Formula 1 American Style
Forse Abu Dhabi non sarà il suo ultimo gp. Forse, come ha fatto per più di trent’anni e come ha già minacciato, arriverà da grande burattinaio sino alla fine del 2019, indispensabile regista dell’interregno. Ma la dittatura di Ecclestone è finita, dopo che Liberty Media, colosso americano della comunicazione di proprietà di John Malone, ha versato 4 miliardi di euro e ha acquistato il 18,7 % della F1, prima rata di un’acquisizione che nel 2017 sarà totale. Una vendita che rappresenta una svolta epocale, anche se il nuovo presidente, Chase Carey, riconoscendo il ruolo di amministratore delegato assegnato ad Ecclestone, si è affrettato a dichiarare che «non vede l’ora di iniziare a lavorare con un partner come Bernie, che non c’è alcuna intenzione di americanizzare uno sport che è globale e che i due si muoveranno come un team». Ragioneranno assieme, anche perché in principio ci sono dei contratti da rispettare, il patto di stabilità con i vari team che scade nel 2020, ma tutto nell’ottica di una nuova era, la F1 del terzo millennio, che i nuovi padroni vogliono radicalmente cambiare.
Da anni si parla di Formula noiosa, con pochi sorpassi e macchine troppo lente. Sotto questo aspetto potranno essere di grande aiuto le nuove regole in arrivo con la prossima stagione, soprattutto le gomme più larghe, che permetteranno alle vetture (lo prevede la Pirelli) di essere 7 secondi più veloci al giro rispetto al 2015 e 5 in contrapposizione alle attuali. Ma la velocità da sola non basta e già il carico aerodinamico aumentato (più rapidità in curva) potrebbe zavorrare la velleità di sorpassi. Di sicuro gli americani vorranno più azione, anche se non potranno intervenire in prima persona sul regolamento sportivo, che resta di esclusiva competenza della Fia.
Dove la F1 rischia una totale rivoluzione è nella diffusione. Ecclestone ama dire: «Meglio un ricco davanti alla tv che uno squattrinato che smanetta sui social». Ma Liberty viene da quel mondo e cercherà di indebolire il monopolio. Oggi non si possono diffondere immagini su You Tube, la F1 si aprirà ai social.
L’obiettivo sarà ringiovanire l’età media (piuttosto elevata) del pubblico. In Formula E il pilota più votato on line ha un bonus di energia per l’autonomia della sua macchina. Il mondo virtuale potrebbe regalare vantaggi in gara. In funzione marketing, paddock meno blindati, più aperti a sponsor, vip, gente comune. Ispirandosi alla Nba (ieri già si parlava di franchigie, per dare la chance a nuove squadre di entrare nel Mondiale), piloti obbligati ad un contatto maggiore coi tifosi.
La Liberty cambierà nome in Formula One Management e si quoterà alla borsa di New York. Ciò potrebbe indurre a ridisegnare i confini del Mondiale con più gare negli Stati Uniti, vedi Las Vegas e New Jersey. A scapito della tanta Asia.
A breve periodo nel peso politico (la Ferrari ha un diritto di veto sui cambiamenti) e nella distribuzione delle risorse non cambierà nulla, ci sono accordi con i singoli team sino al 2020. Dopo irromperà lo stile americano, prodotto attraente se tutti sono sullo stesso piano. Una Lega di scuderie con ripartizione di risorse ridiscussa, parti uguali o in base al risultato sportivo. E la cosa terrorizza non poco la Ferrari. Pronta a combatterla.