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 2016  settembre 09 Venerdì calendario

INTERVISTA AD ALEX ZANARDI – Cinquant’anni a ottobre. Non sono bruscolini per uno sportivo. Ma il tempo è un’ipotesi per Alex Zanardi, il pilota che ha sconfitto anche la morte

INTERVISTA AD ALEX ZANARDI – Cinquant’anni a ottobre. Non sono bruscolini per uno sportivo. Ma il tempo è un’ipotesi per Alex Zanardi, il pilota che ha sconfitto anche la morte. E ha saputo inventarsi una vita nuova, dopo il tragico incidente del 2001 in cui perse entrambe le gambe. Lui è ormai un supereroe che ha piegato il cupo destino con la forza del suo genuino ottimismo. Con il candore rigoroso della più ferrea volontà. Alex è in partenza per il Brasile, dove, dal 14 al 16 settembre, difenderà i due ori individuali e l’argento di squadra conquistati ai Paralimpici di Londra. Quattro anni fa. Specialità handbike, su strada e a cronometro. E pensare che ha scoperto casualmente questa bicicletta per disabili, che procede con manovelle, mosse dalle braccia... «È vero! In un autogrill, nel 2007. Stavo per litigare con un altro disabile per l’unico parcheggio disponibile. Poi ci siamo chiariti. Abbiamo cominciato a chiacchierare. E a un certo punto mi sono accorto che il tizio aveva agganciato uno strano aggeggio con due ruote sul tetto della macchina. Si chiama Vittorio Podestà e fra pochi giorni difenderemo assieme i colori italiani sul circuito di Rio de Janeiro. Quando si dice il destino». Alex, lei è sempre un giro avanti con la testa. Provo a seguirla nel ragionamento. Ha già deciso cosa farà dopo Rio? «Intanto vado in Brasile, per giocarmela al massimo delle mie possibilità. Mi sono preparato bene, mi sono allenato con grande scrupolo, come sempre. Perché so che non si può raggiungere alcun obiettivo, senza il duro lavoro». Obiettivo medaglia, ovviamente. «Sono sincero: in pista mi dannerò l’anima pur di arrivare primo. Mi piace guardare con lo specchietto retrovisore tutti gli avversari dietro di me, sulla linea del traguardo. Ma lo giuro, non è questo il punto. O, per lo meno, non è tutto qui. Il bello di ogni Progetto, e la prego di scriverlo con la “P” maiuscola, consiste proprio nel patrimonio di tempo, passione e impegno che ci metti per arrivare fino in fondo. Se mi dicessero che i Giochi slittano di un mese, sarei felicissimo. A me il percorso piace molto più della meta. Un secondo dopo, o anche prima, a volte, scatta già la malinconia per un capitolo che si chiude». Nel suo caso, grazie al Cielo, parte anche in automatico la ricerca di un nuovo obiettivo. «Beh, io dico sempre che ho capito una sola cosa nella vita: desiderare è fondamentale. Senza sogni non si può campare. Io non so ancora cosa farò dopo Rio. Qualche riflessione la dovrò fare, alla mia veneranda età. Una volta sistemavo la convergenza della bici a occhio nudo. Oggi senza occhiali non trovo neppure gli attrezzi nella borsa. Ma di una cosa sono certo. Troverò qualcosa che mi appagherà totalmente». Ottimismo della volonta? «Ma no! È il realismo dell’esperienza. Io ho avuto la più grande fortuna che possa capitare a un uomo. Ho potuto trasformare una sciagura in un’opportunità. Se il genio della lampada mi proponesse di restituirmi le gambe, gli direi: “Un attimo, parliamone, io così me la sto godendo alla grande...”». Non ha mai paura del futuro? «La morte in faccia l’ho già vista. Tutto quello che viene ora è in più!».