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 2016  settembre 09 Venerdì calendario

I NUMERI DEI LETTORI, LE PAROLE DI PADOAN

Scrivo questa nota seduto in uno degli ultimi posti della sala di Villa d’Este, sul Lago di Como, dove ogni anno in settembre si svolge il Forum Ambrosetti. Davanti a me vedo volti ben noti di banchieri, ex manager pubblici un po’ in disgrazia, esperti italiani e stranieri di vari argomenti. Fra poco questa mattina prima il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il premier Matteo Renzi spiegheranno alla platea – a porte chiuse – come pensano di rivitalizzare l’economia italiana.
Mi pare il momento ideale per tornare, con il contributo dei lettori, su un argomento solo apparentemente tecnico toccato già nelle scorse settimane: se, come e perché il sistema delle detrazioni e deduzioni fiscali in Italia favorisce contribuenti come quelli seduti di questa sala, persone che guadagnano molte centinaia di migliaia o alcuni milioni di euro ogni anno. Ne avevo già parlato di recente, se ricordate. Nelle settimane scorse avevo scritto, sulla base di dati dell’istituto statistico Istat, che deduzioni e soprattutto detrazioni sui redditi familiari in Italia favoriscono chi guadagna e possiede di più anziché chi guadagna e possiede di meno. In altri termini, in questo senso l’intervento fiscale dello Stato è regressivo e contribuisce ad acuire le diseguaglianze invece di stemperarle. Riassumo l’argomento. In primo luogo, molto spesso persone già vicine alle soglie minime tassabili di reddito perdono il diritto alle loro deduzioni per spese mediche proprio perché queste li portano al di sotto di quelle soglie. Per esempio, un uomo con 100 mila euro di reddito che ne spende cinquemila in cure private le deduce per intero e paga meno tasse di conseguenza; ma un altro uomo con 8.500 euro di reddito che spende la metà in cure, potrà dedurre solo 500 euro perché il resto è “bruciato” dall’essere sceso sotto le soglie e non esiste un sistema di “tassa negativa” (credito fiscale) per rimborsarlo. Peraltro, queste misure sono uguali per redditi molto diseguali. Inoltre, gli sgravi per ristrutturazioni edilizie sono goduti soprattutto da chi ha beni più immobili per poterne approfittare: ancora una volta, i detentori di patrimoni.
Questi argomenti hanno prodotto reazioni dai lettori che, mi pare, mostrano come la società italiana si stia fratturando lungo linee nuove. C’è chi mi ha criticato. Il signor Paolo Borghese mi accusa di essermi «abbandonato a una certa demagogia». Lo sgravio sulle cure mediche «appena al 19%» – osserva – serve «solo per ridurre la possibile evasione dei professionisti che almeno dai “ricchi” si sentono richiedere le ricevute fiscali». Faccio ingiustizia all’argomento di questo lettore, più complesso, ma Borghese ricorda qualcosa di molto simile anche sulle ristrutturazioni immobiliari.
Poi mi è arrivata l’email di un altro lettore, Gustavo Valentini di Roma. Eccola: «Mia moglie è andata in pensione a 60 anni, venti anni fa, con un importo lordo annuo di circa 5.100 euro» (le cosiddette pensioni delle casalinghe). «Da quel momento non è stata più a mio carico, ma “autosufficiente”. Ciò ha significato che il 19% della spesa per le cinque operazioni chirurgiche, due o tre visite specialistiche l’anno, varie analisi e accertamenti, oltre ai medicinali, non è stato detratto dalle sue imposte perché inesistenti». È in sostanza un caso di mancati crediti fiscali, di cui parlavo. «E non le ho più potute detrarre neanche dalle mie benché sia io ad aver sostenuto quelle spese, a volte anche indebitandomi». Tutto questo, prosegue, «per noi ha significato un ulteriore impoverimento». Il signor Valentini, di 83 anni, si presenta come «un ex dirigente pensionato con 2.100 euro mensili netti, pagando una ritenuta Irpef alla fonte di 930 euro». E propone di sollevare il problema, «anche etico”, di soglie di reddito basse che impediscono a chi ha più bisogno di avere ciò che tutti gli altri ottengono.
Questo scrivono i lettori e io mi limito a copiare le loro email, mentre ormai Padoan sta parlando da cinque minuti alla platea. Le parole che usa più spesso: “istituzioni”, “riforme strutturali”, “pazienza”, “produttività”, “strategia”, “stagnazione secolare”, “quello che il governo sta facendo”. Giunto praticamente al termine del suo intervento, per ora ha citato meno numeri e dati del signor Borghesi e del signor Valentini: per l’esattezza zero numeri. La platea, educatamente, ascolta in silenzio.