La Stampa, 9 settembre 2016
Rivoluzione Montepaschi: Viola se ne va (spinto da Renzi)
Francesco Spini per La Stampa
Addio al Monte dei Paschi, Fabrizio Viola lascia Siena. Al termine della riunione di ieri, l’istituto ha fatto sapere che il consiglio di amministrazione e l’ad «hanno convenuto sull’opportunità di un avvicendamento al vertice della banca». La poltrona di capoazienda non rimarrà a lungo vacante, nessuno ha intenzione di ripetere l’estenuante tira e molla recentemente visto in Unicredit. In questo caso il cda ha già «avviato il processo per la successione» dell’ad, con «l’obiettivo di arrivare in tempi molto brevi al suo insediamento». In pole position ci sarebbe Marco Morelli, manager noto a Siena, dove tra il 2006 e il 2010 è stato vice direttore generale e direttore finanziario prima di approdare in Intesa Sanpaolo e quindi in Bofa Merrill Lynch.
Uscendo dalla banca Viola ha però detto che «no», il nome del successore non è ancora stato scelto. Nel frattempo il cda ha tributato l’onore delle armi all’ad, «chiamato alla guida della banca in un momento di estrema difficoltà per l’istituto», quando sostituì il dg che aveva operato al fianco di Giuseppe Mussari, Antonio Vigni. Ora, si legge nella nota, dopo quattro anni «lascia la banca solida e in utile, con un piano presentato al mercato lo scorso 29 luglio che comprende una soluzione strutturale e definitiva per gli Npl», i crediti deteriorati che tanto preoccupano Siena e il mercato. L’operazione resterà in piedi? «Non credo che le mie dimissioni incideranno sul piano», ha detto l’ormai ex ad ai giornalisti. Il piano messo a punto da Viola con Jp Morgan e Mediobanca comporta la dismissione di 27,7 miliardi di sofferenze a un prezzo medio del 33%. Per ripristinare i requisiti di capitale è previsto un rafforzamento patrimoniale fino a 5 miliardi. Ancora non è chiaro come sarà declinato. Non è noto quanta parte sarà di aumento di capitale, quanto andrà all’«anchor investor», il grande investitore che potrebbe intervenire nella partita. E quanto invece potrebbe derivare dalla conversione dei bond subordinati (sicuramente volontaria, nel caso di quelli in mano al pubblico). Quel che è certo è che il lavoro delle banche proseguirà anche con il nuovo assetto di vertice e ancora ieri sera il premier Matteo Renzi ha detto di credere che «l’aumento di capitale sarà fatto abbastanza presto». Mentre potrebbe forse slittare la presentazione del nuovo piano industriale che Viola aveva previsto per la fine del mese.
A rassicurare gli investitori, ieri sera, è intervenuto anche il ministero dell’Economia. La situazione, hanno assicurato fonti del ministero, «è sotto controllo», confermando i «tempi brevi» per la successione. Già questa mattina si capirà se il conforto del Tesoro, primo azionista di Siena col 4%, sarà sufficiente a sorreggere il titolo a Piazza Affari, che ieri ha chiuso in rialzo del 3,65%, a 0,24 euro, quando ancora la notizia delle dimissioni del manager non era stata ancora resa nota.
«Mi dispiace molto – ha dichiarato a tarda sera il presidente Massimo Tononi – ho lavorato molto bene con Fabrizio e avrei voluto continuare a lavorare con lui». Ora sarà il presidente a dover trovare la quadra per remunerare l’uscita di Viola che, dal canto suo, ha assicurato che resterà al suo posto fino alla nomina del successore, «assicurando il proprio supporto per il tempo necessario», ha reso noto la banca. Anche Tononi ha fretta: «È nostro dovere e nostra responsabilità trovare in tempi molto rapidi un nuovo capo d’azienda».
Alessandro Barbera e Gianluca Paolucci per La Stampa
La “spinta” finale per l’addio di Fabrizio Viola è arrivata da Palazzo Chigi. Che avrebbe anche condiviso con le banche coinvolte nella messa in sicurezza dell’istituto il nome del suo successore: Marco Morelli, ex direttore finanziario di Mps, ex direttore generale di Intesa Sanpaolo e attualmente a capo di Bofa Merrill Lynch in Italia. «La situazione è sotto controllo, la sostituzione del dottor Viola arriverà in tempi rapidi, al massimo pochi giorni», spiegavano ieri sera fonti del Tesoro senza dare indicazioni sui nomi. Di certo c’è la volontà e la necessità di fare in fretta: entro lunedì, martedì al massimo dovrebbe essere chiusa la partita.
A far decidere per un ricambio immediato è stata la volontà di evitare una «crisi nella crisi», spiega un banchiere. Contro Viola ha pesato il giudizio nei sondaggi tra gli investitori condotti in agosto, dai quali era emerso che l’amministratore delegato di Mps sarebbe stato «sgradito» al mercato. A quel punto da parte delle banche che stanno curando l’operazione da cinque miliardi di euro per ripatrimonializzare l’istituto senese sono i iniziati i ragionamenti sui pro e i contro di una sua sostituzione con l’operazione già avviata, condivisi con i principali soci.
Dal mercato, a Viola viene imputato principalmente di aver già presentato e portato avanti due aumenti di capitale per complessivi otto miliardi di euro, di fatto svaniti. Ma al manager viene riconosciuto - quantomeno da una parte dello schieramento delle 11 banche che gestiranno il consorzio di garanzia per l’aumento di capitale - anche il grande impegno profuso nel guidare una banca di fatto commissariata fin dal 2012, quando prima del suo arrivo vennero allontanati l’ex presidente Giuseppe Mussari e l’ex Dg Antonio Vigni. E soprattutto il rischio di “cambiare cavallo in corsa” affidando un’operazione di fatto già partita a qualcuno che non conosce la banca e la sua situazione. «Se Viola doveva andarsene, poteva farlo solo adesso. Ogni giorno rischiava di essere troppo tardi», dice una fonte. Inoltre, chi ha incontrato Viola nelle ultime settimane lo ha visto determinato ma stanco e più volte anche nei mesi scorsi ha meditato un addio.
D’altra parte dal suo arrivo nel gennaio 2012 sono trascorsi quasi cinque anni, vissuti molto pericolosamente: prima della siamo nomina a direttore generale la Banca d’Italia a fine 2011 (tra l’uscita di Mario Draghi e l’arrivo di Ignazio Visco), aveva messo in atto una serie di misure d’emergenza per evitare il crac. In particolare, la concessione di una linea di liquidità d’emergenza da un miliardo di euro e il cambio di titoli a rischio elevato detenuti da Mps con titoli di qualità più elevata da poter depositare alla Bce per ottenere liquidità da Francoforte. Viola ha dovuto più fronteggiare l’emergere delle prime inchieste giudiziarie (maggio 2012), lo scoppio dello scandalo legato ai derivati Alexandria e Santorini (gennaio 2013), la morte del responsabile della comunicazione David Rossi, le continue richieste della Bce, le innumerevoli cause legali fino all’annuncio di un piano per liberarsi di tutte le sofferenze (lorde) dell’istituto, pari a 27,7 miliardi di euro.
Anche il fatto di conoscere la banca ha giocato a favore di Morelli, che era stato direttore finanziario di Mps fino al 2010 risultando, nelle successive inchieste, estraneo alle vicende che hanno affondato la banca. In precedenza, fino all’inizio degli anni 2000, era stato in Jp Morgan (una delle banche impegnate con Mediobanca e Lazard nella predisposizione del piano). Per poi passare a Intesa Sanpaolo, dov’è stato direttore generale con delega alla Banca dei Territori. Se verrà confermato il suo nome, la strada di Morelli potrebbe incrociarsi di nuovo con quella dell’allora amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passerà. L’ex banchiere ed ex ministro è infatti ancora al lavoro sul dossier Mps. Malgrado il suo nome venisse ieri sera escluso come possibile candidato - mentre nella short list già in mano al comitato nomine di Mps figurano, oltre a Morelli, anche l’attuale presidente delle quattro good bank, Roberto Nicastro e l’attuale ad di Cariparma, Giampiero Maioli - Passera sta elaborando un piano «rafforzato» rispetto a quello già rifiutato lo scorso 29 luglio. Se oltre alle tabelle con le previsioni di utile dovessero arrivare anche impegni precisi di grandi investitori esteri, sarebbe difficile dirgli di no.