la Repubblica, 9 settembre 2016
La rivolta contro le cuffiette wireless dell’iPhone 7
All’indomani della presentazione in grande stile dell’iPhone 7, le quotazioni della Apple a Wall Street hanno perso più del 2 per cento e la capitalizzazione del gruppo è scesa di una decina di miliardi di dollari. Cioè più o meno come il valore dell’intero gruppo Fiat-Chrysler. Ma a sentire bloggers, esperti e nostalgici di Steve Jobs, i manager dell’azienda di Cupertino e il suo chief executive, Tim Cook, avrebbero meritato una punizione ancor più severa.
Le loro colpe? Innanzitutto di aver deluso le aspettative del “popolo Apple” con un prodotto troppo simile al precedente iPhone 6. La seconda “colpa” è più specifica, più grave e sembra destare le maggiori irritazioni: Apple ha eliminato nell’iPhone 7 il “jack”, cioè la presa per l’auricolare tradizionale da 3,5 millimetri, senza un vero vantaggio per gli utenti. Il guadagno di spazio si traduce nella presenza di due piccoli speaker, invece di uno, migliorando la qualità audio. Ma la vera ragione della svolta è che l’azienda potrà rintuzzare concorrenti fastidiosi e vendere milioni di Air-Pods, il nuovo auricolare wireless da 179 euro.
Gran parte dell’indignazione della rete si è concentrata su una parola pronunciata dal responsabile del marketing della Apple quando, all’appuntamento annuale di mercoledì, sono stati presentati i nuovi modelli di iPhone e di SmartWatch. Phil Schiller ha spiegato così la decisione di abbandonare il vecchio auricolare: «Abbiamo avuto il coraggio di fare qualcosa di nuovo che migliora la situazione per tutti». Coraggio? Shelly Palmer, uno dei blogger tecnologici più quotati, ha subito ironizzato su quella parola: in realtà la Apple usa il suo potere di mercato per imporre un prodotto di cui i consumatori non sentivano il bisogno e che complicherà la vita degli utenti.
Il nuovo modello 7 sarà venduto dal 16 settembre negli Stati Uniti assieme a un paio di auricolari con filo, che però usano lo stesso connettore dell’alimentazione, e con un adattatore che consente di utilizzare il vecchio auricolare con “jack”. L’AirPods si dovrà comprare a parte. Tutte le società e start-up che finora producevano hardware da inserire nella presa dell’auricolare, come scanner, termometri o sistemi di pagamento, dovranno pagare la Apple per la relativa licenza. Ecco perché Shelly Palmer parla di una subdola forma di ricatto che rinchiude gli utenti in un solo “ecosistema”: quello di Cupertino.L’ondata di delusione si è abbattuta su Cupertino mentre continuano le polemiche sulle tasse della Apple in Europa e sulla richiesta della Commissione europea di pagamenti arretrati per 14,5 miliardi di dollari. Tim Cook continua a dire che l’azienda non ha fatto nulla di male, che ha seguito le norme e che gli arretrati voluti da Bruxelles saranno bloccati in appello. Ma la vicenda è tutt’altro che chiusa.
Negli Stati Uniti il caso Apple è diventato una bandiera per quanti accusano le multinazionali di andare all’estero, nell’indifferenza del governo, per non pagare le tasse in America, dove sono più alte. In Europa invece, comincia a nascere un movimento per imporre alla Apple, anche con lo strumento del boicottaggio, di versare le tasse non pagate. Se ne è fatto portavoce il giornale britannico The Guardian. «Non comprate il nuovo iPhone fino a quando la Apple non avrà versato gli arretrati», ha scritto Mike Daisey sul quotidiano.