lc, pagina99 9/9/2016, 9 settembre 2016
SWATCH SEGNA L’ORA DELLA CRISI
Gli orologi svizzeri hanno sempre meno tempo. Il terzo settore di esportazione della Confederazione attraversa una crisi profonda (-14,2% sull’export a luglio 2016 rispetto a luglio dell’anno scorso), che i patron delle aziende, a partire da Nick Hayek di Swatch Group, minimizzano come conseguenza di un franco svizzero sempre più forte. Inoltre, si scontano le flessioni del consumo asiatico e quelle dello shopping turistico straniero (bloccato dal terrorismo).
Tuttavia un libro appena uscito in Svizzera, When corporatism leads to corporate governance failure: the case of the Swiss watch industry di Isabelle Schluep Campo e Philipp Aerni (Banson, Cambridge), individua il seme di questa recessione nell’altra storica crisi del settore, quella degli anni ’70 deflagrata con l’avvento del nipponico orologio al quarzo, a cui si rispose nel 1983 proprio con la creazione della Swatch, che, a partire dai prodotti divenuti poi un’icona, segnò la riconquista dei mercati internazionali. I due autori indicano l’azienda di Hayek come il simbolo di quel corporativismo elvetico che ha incoraggiato le rendite a scapito dell’innovazione e della creazione di nuovi mercati. Il risultato è che oggi i prodotti di bassa gamma come lo Swatch, che rifiutano di lanciarsi sul settore dell’orologio connesso, sono meno appetibili dei nuovi smartwatch; mentre quelli di lusso come gli Omega, sempre nella sfera Swatch Group, sono status Symbol di un mondo passato.
Per ora i grandi produttori svizzeri non intendono cambiare strategia, fiduciosi nella propria eccellenza. Un conservatorismo arrogante, forse, che può trasformarsi in una bomba. A orologeria.
(lc)