Il Messaggero, 9 settembre 2016
Cosa leggeva Coco Chanel? Ce lo dice una mostra, a Venezia
«I libri sono stati i miei migliori amici». Gabrielle Chanel ha vissuto d’arte, oltre ad averla creata. La stilista geniale che rivoluzionò la moda del Novecento, sempre dalla parte delle donne, era una lettrice vorace.
Un’occasione per scoprirlo è andare a Venezia, dove a Ca’ Pesaro, alla Galleria Internazionale d’arte Moderna, dal 17 settembre all’8 gennaio 2017 si tiene la mostra Culture Chanel, la donna che legge. Settima tappa di un percorso che ha preso il via da Mosca nel 2007 e ha già toccato sei metropoli, fino a Seul (2014), Culture Chanel è un progetto del critico Jean-Louis Froment, che ne cura la direzione artistica.
IL PERCORSOPer la prima volta verrà consegnata ai visitatori la chiave della biblioteca personale di Mademoiselle, ancora conservata nella casa di rue Cambon, a Parigi. Tutto lì è rimasto come lei lo lasciò, compresi i libri rilegati in prezioso cuoio e incisi a caratteri d’oro. E proprio quell’intimità viene dispiegata in mostra. In 350 pezzi si restituisce l’universo culturale della stilista che frequentò i più grandi scrittori e intellettuali del suo tempo. «Questa biblioteca riunisce una selezione di autori che hanno attraversato la vita di Gabrielle Chanel, ma anche i libri degli artisti che lei ha incontrato, ammirato, sovente amato, e con i quali ha condiviso il punto di vista sulla storia della modernità», spiega Jean-Louis Froment.
Volumi, dediche, archivi, fotografie, quadri e disegni si mescolano a gioielli, profumi e, ovviamente agli abiti, disegnati da Karl Lagerfeld. Dalla sua gioventù in orfanotrofio fino alla morte il rapporto di Gabrielle Chanel con i libri è sempre vivace. Leggere nutre la sua creatività e il suo spirito, ne forma il vocabolario estetico. In quattro sezioni La vita che conduciamo, Le confidenze dell’invisibile, Thoughts that make you think e Gli aspetti del tempo si costruisce il ritratto estetico di Chanel: il suo amore per la Russia e l’oro di Venezia, per il Barocco e per il classicismo della statuaria antica, rievocata nei suoi abiti essenziali, che liberano la silhouette delle donne.
«La vita che conduciamo non è mai granché, la vita che sogniamo è invece la grande esistenza perché la continueremo oltre la morte», è l’appunto manoscritto di Mademoiselle che apre la mostra. La vita sognata è quella dei grandi autori, che la stilista divora. Sofocle, Omero, Virgilio e Rabelais, Montaigne e Madame de Sévigné, Shakespeare e Baudelaire.
AMICIZIE
Ma anche autori a lei contemporanei Apollinarie, Proust, Mallarmé, Rilke e soprattutto i poeti che ha frequentato, che le dedicano poesie e le inviano libri. Come Max Jacob, Pierre Reverdy, con cui intreccia un’amicizia amorosa e condivide la passione per il misticismo; Jean Cocteau a cui la lega un’amicizia fortissima, e che per lui realizza i costumi di sei pièces di teatro. O ancora lo scrittore Paul Morand, che nel volume L’allure de Chanel racconta delle loro conversazioni. E i dadaisti a cui si richiama il logo del celebre profumo Chanel n. 5, che ricorda i papillons Dada, ovvero testi brevi su piccoli fogli di carta bianca o colorata con slogan dall’estetica radicale e innovativa, come la sua celebre essenza.
E poi Venezia, tappa fondamentale per la sua creatività. Gabrielle Chanel la visita nel 1920 con l’amica di sempre Misia Sert e il marito di lei, trascinata dopo la morte dell’amato Arthur Edward Capel, detto Boy.. Insieme condividono l’interesse per l’esoterismo: in mostra, per la prima volta, c’è un quaderno a lei destinato dove Capel ha scritto i suoi appunti.
È proprio per lenire il dolore per la sua morte che sbarca a Venezia, da cui resta abbacinata. Per la mondanità, ma anche per gli incontri con artisti e scrittori. Conosce Serge Diaghilev, fondatore dei Balletti Russi. Per lui finanzia La Sagra di Primavera, concepisce i costumi per Treno blu, su libretto di Jean Cocteau e scenografie di Pablo Picasso. L’oro veneziano sarà la sua grande passione, che porta nelle pareti di casa a Parigi e che la ispira per alcuni gioielli e per abiti ricamati con filo d’oro. Da Venezia mutua la fascinazione per il leone, simbolo dell’evangelista Marco, patrono della Serenissima. Il leone è il suo segno zodiacale (è nata il 19 agosto 1883) e torna in molte sue creazioni, senza contare che lo collezionerà in molti oggetti d’arte.
Cocteau scrisse di lei «...ha applicato alla moda regole che parevano valere solo per pittori musicisti e poeti. Ha imposto l’invisibile, ha opposto al baccano mondano la nobiltà del silenzio».Per scoprirlo, basta andare a Venezia.