Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  settembre 09 Venerdì calendario

Un’altra donna nella squadra di Donald Trump: Rebekah Mercer

Rebekah Mercer, figlia di un ricchissimo finanziere di Wall Street, attivissima nel sostegno delle campagne della destra radicale e, da poco, del candidato repubblicano alla Casa Bianca, è l’ultima new entry nella battaglia elettorale di Donald Trump. È curioso come un personaggio dagli atteggiamenti così maschilisti abbia finito per dare grandi responsabilità, oltre che alla figlia Ivanka, alla sondaggista Kellyanne Conway, diventata di recente la manager della sua campagna. E, anche, che dia tanto credito alla Mercer. A guardar bene, però, qui il vero fenomeno è proprio Rebekah che da anni si sta costruendo il ruolo di finanziatrice del conservatorismo più radicale: evita, per quanto possibile, di finire sotto i riflettori del media, ma alimenta generosamente molte campagne estreme. Prima lo ha fatto all’interno della coalizione guidata dai fratelli Koch, celebri miliardari ultraconservatori, poi da sola. Nemica tanto della Clinton quanto dell’establishment repubblicano, la figlia di Robert Mercer, che è diventato ricco con le tecniche del quantitative trading, prima ha appoggiato il più radicale dei candidati repubblicani, Ted Cruz. Poi, dopo il suo ritiro, secondo la ricostruzione di Politico.com, ha approfittato del vuoto lasciato dagli altri miliardari, come i Koch, ostili a Trump, e ha deciso di appoggiare l’immobiliarista. Rebekah ha idee estreme (ha abbandonato i Koch considerando inefficace la loro strategia e anche perché li giudica troppo morbidi sull’immigrazione e sul free trade) ma non è una che gioca a fare politica nei salotti. Donna di grandi capacità analitiche e molto preparata (plurilaureata a Stanford), ha costruito un vero e proprio sistema: una macchina articolata, oltre che sul finanziamento di campagne e candidati, sulla comunicazione —il sito della destra radicale Breitbart nel quale la famiglia Mercer ha investito massicciamente – e sulla gestione dei dati attraverso la società Cambridge Analytica. A maggio il primo tentativo di Rebekah di portare nel cuore della campagna di Trump la Conway, una sua collaboratrice, fallì per il rifiuto di Paul Manafort, allora l’«uomo forte» del team di «The Donald». Ma a Ferragosto, con Manafort indebolito, la Mercer ha convinto Trump a farlo fuori e ha piazzato un doppio colpo: la Conway manager della campagna e Steve Bannon di Breitbart, altro personaggio assai radicale e molto vicino a lei, ceo della macchina elettorale dell’immobiliarista che punta alla Casa Bianca.