ItaliaOggi, 9 settembre 2016
Sulle bugie dei politici. Roba da dilettanti
Nei vecchi libri di lettura o di religione delle elementari non mancava mai il racconto edificante del bambino cattivo che cominciava rispondendo male alla mamma e finiva con la testa sulla mannaia dopo aver svaligiato una banca e rubato un milione (lo stesso milione che il Signor Bonaventura riceveva, alla fine della filastrocca, perché se lo era guadagnato).
Vale anche per gli antipolitici, che cominciano dandosi arie da padreterni, millantando credito, fingendo competenze che non hanno, prendendo fischi per fiaschi, traversando a nuoto gli stretti e finiscono per farsi beccare con le mutande in mano mentre stanno cambiando le carte in tavola, mentre ciascuno cerca d’inguaiare ogni altro e tutti insieme mentono spudoratamente (ancora come i bambini cattivi dei vecchi libri di lettura, che negavano sempre tutto, specie l’evidenza la marmellata sparita dalla dispensa? non ne so nulla, e non so niente neppure del vaso rotto, figurarsi poi delle scatole di conserva che qualcuno ha legato alla coda del gatto).
Si trattasse almeno, come consigliava Hitler, di bugie smisurate: le bugie dei grandi assassini e dei loro soci d’affari, i grandi utopisti. No, gli Antipolitici 5 Stelle (che un’imprevedibile alleanza d’elettori scriteriati e d’elettori con uno strano senso dell’umorismo ha drammaticamente catapultato con un «oplà, siete fritti» al Campidoglio) si sono fatti sorprendere mentre raccontavano la più insulsa delle bugie, quella con le gambe corte. Frottola inutile, e di corto respiro, la bugia che l’assessora all’ambiente, la sindaca, il mini (e il maxi) direttorio hanno raccontato per due mesi, ben sapendo che la verità sarebbe saltata inevitabilmente fuori, è una classica panzana da bugiardi patologici, e se non da bugiardi patologici allora da bugiardi professionali, cioè da pessimi politici o da magliari.
Neanche il più disperato dei mariti, o la più esposta delle mogli, mentirebbe sapendo che la bugia, circa la serata fraudolenta passata fuori casa, reggerà al massimo pochi giorni, se non poche ore. Mentire per guadagnare tempo è da dilettanti. Una menzogna seria, soprattutto per un politico, è una muraglia dietro la quale ripararsi a oltranza. Non si dicono fandonie che, oltretutto, possono essere agevolmente smascherate dai nostri nemici. Massimo D’Alema non racconterebbe mai una frottola che potesse essere sbugiardata da Matteo Renzi, e viceversa. Ma è quel che hanno fatto i pentastelluti romani. Virginia Raggi, Paola Muraro e tutti gli altri incorruttibili, su su fino al piccolo padreterno Luigi Di Maio e forse persino a uno dei due Grandi Padreterni Associati, hanno mentito circa l’indagine che coinvolgeva Muraro, negando che le fosse giunto un avviso di garanzia che invece era arrivato eccome. Era una contestazione di poco conto, ma Virginia Raggi e gli altri, mentendo, si sono resi colpevoli del peggior reato concepito dai leader grilliti prima, durante ma non dopo le elezioni: impannocchiare l’elettore. Per di più lo hanno infinocchiato con una bugia dalle gambe cortissime, che non ha resistito nemmeno due mesi.
È in un aforisma dei Minima Moralia, se ricordo bene, che Theodor W. Adorno invita i civilizzati a non credere che «i selvaggi» siano «uomini migliori». Vale anche per gli antipolitici: non sono politici migliori, e anche come bugiardi valgono poco (benchè le loro goffe e frivole bugie nascano dallo stesso disprezzo per la verità da cui nascono le bugie colossali e clamorose).