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 2016  settembre 09 Venerdì calendario

UN TALENTO IN FUMO


«Non vieni nel mio salotto a pisciare sul tappeto!». È quello che il Presidente urlò in faccia al premier canadese che, in visita negli Usa, aveva criticato i bombardamenti in Vietnam. I modi rudi, da bovaro texano, nascondevano una mente raffinata e il grande talento politico che ne aveva fatto il leader più influente del Congresso. Lyndon B. Johnson era nato in Texas nel 1908. Con il nonno cowboy e il padre contadino, da ragazzo si era pagato gli studi, lavorando. Negli anni universitari insegnò in una scuola di bambini messicani dove maturò l’impegno contro la segregazione. A 26 anni sposò Claudia, già nota come Lady Bird, che rimase sempre al suo fianco e gli dette 2 figlie chiamate Linda Bird e Luci Baines, in modo che in famiglia tutti avessero le stesse iniziali LBJ (compreso il cane Little Beagle).
Johnson fu eletto al Congresso nel 1937 e ci rimase 23 anni, tra Camera e Senato, sempre attento alle relazioni con avversari, giornalisti e lobbisti. Alle Presidenziali del 1960 John Kennedy lo scelse come Vice nonostante i cattivi rapporti e il malcelato disprezzo del clan Kennedy nei suoi confronti. Con Johnson però arrivarono più voti dal Sud e la vittoria. LBJ chiese ma non ottenne un ruolo politico influente e, in vista della nuova campagna presidenziale, Kennedy dovette smentire la sostituzione del suo Vice. Poco tempo dopo, Lyndon B. Johnson giurava da Presidente, sull’aereo che il 22 novembre del 1963 riportava da Dallas a Washington la bara di John Kennedy, assassinato 2 ore e 10 minuti prima. Ai suoi fianchi Lady Bird e Jacqueline con il tailleur macchiato di sangue. Fu un giuramento speciale per altri 2 motivi. Johnson giurò nelle mani di una donna, giudice Sarah Hughes e, in mancanza di una Bibbia, sul messale cattolico dei Kennedy. La fine tragica di JFK ne amplificò il mito lasciando a Johnson un’eredità pesante, che lui affrontò con grande determinazione. Lanciò subito una campagna contro la povertà e, sfruttando l’onda emotiva, ottenne dal Congresso l’approvazione della legge sui diritti civili proposta da Kennedy, con modifiche più innovative.
Alle Presidenziali del 1964, LBJ vinse a mani basse proponendo riforme per scuola, trasporti, sanità e ambiente. Nel 1965 tolse ogni limite al voto delle minoranze e nominò il primo afro-americano alla Corte Suprema, Marshall. Ce n’era abbastanza per passare alla Storia come un grande Presidente ma a rovinare tutto fu la gestione della guerra del Vietnam: sempre più bombardamenti e sempre più truppe (oltre mezzo milione a inizio 1968), senza risultato. Alla fine Johnson si trovò tutti contro, anche i falchi che chiedevano una ulteriore «escalation» e questo lo spinse a non ricandidarsi nelle primarie del 1968, funestate dagli assassinii di Martin Luther King in aprile e di Robert Kennedy in giugno. Lyndon Baines Johnson si ritirò nel suo ranch in Texas e, dopo 15 anni di astinenza, riprese a fumare tre pacchetti di sigarette al giorno, aggravando i problemi al cuore. Morì di infarto il 22 gennaio 1973.
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