Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il caso Polverini è enorme, pure ieri è vissuto di una minutaglia di fatti, nessuno dei quali all’altezza di quello che si è intravisto finora. Il gran giorno in realtà dovrebbe essere oggi: il consiglio regionale deve approvare quella serie di misure moralizzatrici in mancanza delle quali la governatrice ha promesso di dare le dimissioni, anche se queste dimissioni aleggiavano come possibili di ora in ora già ieri e anche l’altro ieri. Non si deve tuttavia dimenticare che Polverini viene dal sindacato, dove ha imparato a trattare, e a trattare anche duramente. Sa dunque come giocare questo tipo di partite. Capiremmo di più, e non cadremmo nella tentazione di farci beffe dei personaggi grotteschi di questo Satyricon contemporaneo, se sapessimo che cosa vuole davvero la governatrice: salvarsi in extremis e sperare che la sua carriera politica continui (si dice che Berlusconi, impressionato dal suo discorso in consiglio, abbia per un momento accarezzato l’idea di promuoverla candidato-premier del centro-destra)? Oppure tirare avanti altri due anni e recuperare credibilità con una dura azione politica dal di dentro?
• Intanto se ci potesse rendere edotti di questa minutaglia di fatti che sembra farle tanto ribrezzo…
Il fatto principale sono le dimissioni di Francesco Battistoni da capogruppo del Pdl in Regione. A togliersi di mezzo lo ha persuaso Alfano. Fiorito gli aveva dato più o meno del ladro, la sua uscita di scena era una delle condizioni-capestro della Polverini. Lo sostituirà un ex aennino (Battistoni era un ex Forza Italia), mossa piena di senso. Secondo fatto: nella difesa di Fiorito giganteggia l’avvocato Carlo Taormina, che ieri l’ha accompagnato in Procura trascinando due scatoloni di documenti. Sei ore di interrogatorio. Evitiamo di addentrarci nei meandri dell’inchiesta, giunta già al solito intreccio incomprensibile tipico di tutti i grandi fatti giudiziari, e limitiamoci a inquadrarne le linee guida: Fiorito a questo punto nega tutto, dice di aver solo distribuito i soldi che arrivavano al gruppo, sostiene che almeno otto consiglieri pidiellini hanno rubato alla grande, «qui ci sono le carte, indagate, quello che ho fatto io è tutto tracciato». L’impressione è che altri politici laziali finiranno presto nei guai. Fiorito resta per ora l’unico imputato. Lo accusano di peculato. La terza notizia: martedì prossimo i capigruppo e vicecapigruppo pidiellini di tutti i consigli regionali d’Italia si presenteranno a rapporto dal segretario del partito Alfano. La parola d’ordine è: «Mai più quello che è accaduto nel Lazio». Il guaio è che, guardando i numeri, il Lazio non è neanche la regione messa peggio. Guardando i numeri si ricava questa sicurezza: che il federalismo abbia permesso alle Regioni, liberate da ogni controllo centrale, di trasformarsi in un pozzo di ruberie, oltre tutto regolarizzate dai voti pressoché unanimi delle varie assemblee.
• Perché l’ascesa di un ex di An alla poltrona di capogruppo del Pdl è piena di senso?
C’è un problema An dentro il Pdl come c’è un problema Vendola/Renzi dentro il Pd. Lo scandalo laziale accelera la dissoluzione dei due partiti, resa addirittura conveniente dalla prossima legge elettorale.
In un modo o nell’altro il Porcellum sarà sostituito da un sistema proporzionale, mitigato dalla soglia di sbarramento e da un premio in seggi al partito più forte. Non dico “premio di maggioranza” perché questo regalo di deputati non sarà tale da permettere al vincitore di governare. Dovrà dunque mettersi d’accordo con gli altri. E sul tavolo della trattativa ci sarà tutto: palazzo Chigi, ministeri, Rai, aziende pubbliche. In queste considizioni, che senso ha disputare le primarie? Bersani ha già lo strumento per tagliare le unghie a Renzi, che rappresenta un pericolo vero. Al tavolo del dopo-elezioni, anche se sconfitto, siederà pure Berlusconi e la sua parola avrà peso. È l’obiettivo che si pone in questo momento il Cavaliere.
• Lo scandalo del Lazio gli ha fatto perdere voti?
Non si sa ancora. Gli ultimi sondaggi – prima che scoppiasse l’affaire Polverini - lo davano in ripresa, più o meno intorno al 22%. Berlusconi intravedeva persino la possibilità di una vittoria. Di nuovo compromessa però in caso di voto laziale, dopo la prova, molto incerta, che lo aspetta in Sicilia. La mega riunione di martedì prossimo dà un’idea di quanto sia preoccupato il Cavaliere, che credeva di poter assistere in pace ai colpi del duello Bersani/Renzi.
• Monti?
Per ora sta a guardare. E non scioglie la riserva. Anche se mille indizi dicono che è pronto a continuare.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 21 settembre 2012]