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 2012  settembre 21 Venerdì calendario

SI A SALARI PIÙ ALTI, MA AI PREZZI NON SI COMANDA


Caro Serra, una banale considerazione nel merito della discussione in corso sulla crisi economica: ritengo che nel passaggio dalla lira all’euro, il vero problema sia stata la perdita del potere d’acquisto dei salari degli italiani, ridotto del 50 per cento a causa del raddoppio dei prezzi dei beni di consumo (un chilo di pere che costava mille lire, il giorno dopo il passaggio dalla lira all’euro costava inspiegabilmente duemila lire, cioè circa un euro). Nelle tante chiacchiere che si fanno sulle ricette per risolvere la crisi, nessun economista spiega come ciò sia potuto accadere. Oggi, per contenere la crisi, molti politici e sindacalisti, per ultimo Raffaele Bonanni, propongono il taglio delle tasse sul lavoro. Bene, se davvero fosse possibile! Ma a che servirebbe abbassare le tasse se si lasciano correre i prezzi, in particolare quello di carburanti e tariffe? Non verrebbe a riproporsi l’errore tutto politico del mancato controllo dei prezzi nel passaggio dalla lira all’euro?
Antonio Raco - mail

L’economia, per me, è la più oscura delle scienze. Ma credo di sapere che «controllo dei prezzi» sia una di quelle espressioni che nel mondo liberista, suonano come una bestemmia in chiesa. Dicono che solo il mercato, questa entità metà iper-razionale metà divina, abbia il diritto di stabilire i prezzi. I salari invece, sono il risultato di variabili, come dire, molto più terra-terra, la principale delle quali è il potere contrattuale dei salariati, oggi soccombente. Mettiamola cosi: nella nostra società è possibile, e anzi molto consigliato, controllare i salari. Vietatissimo farlo con i prezzi.