Beda Romano, Il Sole 24 Ore 21/9/2012, 21 settembre 2012
ACCORDO CINA-UE SULL’AMBIENTE
La Realpolitik continua a dominare i rapporti cino-europei. L’ultima dimostrazione è giunta ieri in occasione di un vertice a Bruxelles nel quale le due parti hanno firmato una serie di accordi economici - tra cui un’intesa sulla riduzione delle emissioni nocive. Le tensioni politiche provocate dallo stato dei diritti umani in Cina o dai litigi commerciali sono stati volutamente dimenticati. Per un’Europa in crisi, il paese asiatico non può essere ignorato, né tanto meno osteggiato.
Alcuni accordi sono stati firmati ieri durante un incontro che dovrebbe essere l’ultimo del primo ministro Wen Jiabao prima del cambio di leadership a Pechino. Uno in particolare riguarda la collaborazione tra cinesi ed europei nella riduzione dei gas nocivi. L’Unione investirà fino a 25 milioni di euro in tre diversi programmi di scambio di quote di Co2 in Cina. La firma dell’accordo, che servirà anche a sviluppare a Pechino un mercato dell’emission trading, giunge mentre tra Cina ed Europa è in corso un braccio di ferro nel settore aeronautico.
L’Unione ha deciso di imporre una tassa di sorvolo a tutte le compagnie aeree che attraversano il territorio europeo. Cinesi e americani, e altri, si sono rifiutati di pagare questa imposta, pari al 15% delle loro emissioni nocive. L’accordo prevede anche la consulenza europea nella grande tendenza cinese all’urbanizzazione. Molte aziende europee guardano con interese a un processo strutturale che concerne circa 15 milioni di cinesi ogni anno.
Europa e Cina hanno anche firmato accordi nel settore spaziale (per mano del commissario all’Industria Antonio Tajani), nel settore dell’innovazione e della ricerca, e hanno ribadito l’interesse congiunto a un’intesa nel campo degli investimenti. «In quest’ultimo settore, una decisione era stata presa in febbraio - ha spiegato ieri un diplomatico europeo -. Ambedue le parti sono in attesa di terminare l’iter procedurale interno per avere il mandato di negoziare».
Come ormai solito, la leadership europea ha cercato di trovare un difficile equilibrio nel gestire l’ingombrante partner cinese. Da un lato in un comunicato ha sottolineato l’importanza del rispetto dei diritti umani. Dall’altro ha ridimensionato l’indagine della Commissione sulla presunta azione di dumping cinese nel settore dei pannelli solari. Spiegava questa settimana un diplomatico europeo: «La semplice apertura di un’indagine equivale all’apertura di un dialogo».
Sul fronte politico, Wen ha confermato la disponibilità cinese a sostenere la zona euro: «La Cina continuerà ad avere un ruolo per aiutare a risolvere la crisi del debito in Europa attraverso modi appropriati». Commentando il vertice di ieri un diplomatico europeo ha spiegato che il paese asiatico «continuerà ad avere un ruolo di grande sostegno, anche attraverso l’acquisto di obbligazioni della zona euro». Un altro funzionario ha detto di aspettarsi un sostegno ai fondi Efsf ed Esm.
Secondo stime di mercato, due terzi delle riserve di cambio cinesi sono in dollari, mentre il 20-25% è in euro, il che significherebbe che la Cina ha in portafoglio circa il 7% del debito dell’unione monetaria. In un comunicato, i presidenti del consiglio europeo Herman Van Rompuy e della Commissione José Manuel Barroso hanno spiegato: «Abbiamo ringraziato il signor Wen per l’appoggio che abbiamo ricevuto sia da egli stesso che dalla leadership cinese lungo tutta la crisi dell’euro».
In questo contesto, la Cina non è più solo un grande mercato in crescita che compensa la frenata economica nella zona euro. È anche un investitore cruciale in debito europeo.
Può l’Europa alienarsi Pechino? Preoccupato dalla possibilità di domande sgradevoli sulla situazione dei diritti umani in Cina, Wen ha fatto capire agli europei che una conferenza stampa sarebbe stata inopportuna.