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 2012  settembre 21 Venerdì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - CASO POLVERINI E TRE


REPUBBLICA.IT - POLVERINI NON SE NE VA
La presidente Polverini in aula alla Pisana ha raccolto i frutti del suo discorso di lunedì. "Vado avanti", dice. Ha incassato le dimissioni di Francesco Battistoni, capogruppo Pdl sostituito da Chiara Colosimo, secondo la sua richiesta di azzeramento delle cariche nel gruppo. Dalle 11.30 al pomeriggio è stato in seduta straordinaria il Consiglio regionale del Lazio per i tagli da 20 milioni di euro entro il 2012 sui costi della politica. Intanto Franco Fiorito, che avrebbe fatto 109 bonifici, dal conto del Pdl a se stesso, per un totale di 753mila euro, protagonista dello scandalo politico-giudiziario
e unico indagato per peculato, continua a ripetere: "Sono un capro espiatorio, non ho rubato nulla a nessuno".
Dopo una settimana vissuta pericolosamente, il centrodestra al governo del Lazio prova a ripartire. Lo fa ancora sotto la guida di Renata Polverini, infine non più dimissionaria; lo fa nominando un nuovo capogruppo alla testa del Pdl, la ventiseienne Chiara Colosimo, con il compito di far dimenticare i suoi litigiosissimi e ormai impresentabili predecessori, Fiorito e Battistoni; e lo fa, soprattutto, votando tagli ai costi della politica per venti milioni entro il 2012. Azioni non ritenute sufficienti dalle opposizioni, che dal Pd a Sel chiedono le dimissioni della presidente.
IL NUOVO CAPOGRUPPO
La giornata è iniziata con l’eco delle interviste televisive rilasciate la sera prima da Franco Fiorito e Renata Polverini. Alla Pisana si discuteranno i provvedimenti per tagliare i costi della politica e verrà nominato il nuovo capogruppo del Pdl, all’indomani delle dimissioni di Francesco Battistoni. Poco dopo le undici, questa seconda incombenza è sbrigata all’unanimità: Chiara Colosimo mette tutti d’accordo. 26 anni, corrente An, succede a Fiorito e Battistoni, e si presenta come "paladina dell’anticasta". Una delle prime a congratularsi con lei è la collega Veronica Cappellaro, presidente della commissione Cultura, sport e spettacolo, tirata in ballo da Fiorito nei giorni scorsi per aver speso più di mille euro per un book fotografico: "Sono sicura che Chiara saprà essere all’altezza del compito assegnatole", spiega.
FIORITO-BATTISTONI
La guerra strisciante tra Fiorito e Battistoni, tuttavia, è continuata per tutto il giorno. "Battistoni è accecato dall’odio e dovrà pagare per quello che ha fatto. Mi aveva minacciato più volte e dovrà spiegare il perché di certe fatture irregolari", ha dichiarato Fiorito; mentre l’ormai ex capogruppo del Pdl - succeduto proprio a Fiorito - ha spiegato di "non essere l’accusatore di nessuno".
I TAGLI
In mattinata Renata Polverini aveva spiegato che i tagli ai costi della politica sono l’unica via per "poter andare avanti, malgrado ciò che ho definito una catastrofe politica ancora da superare". E la presidente è arrivata alla Pisana poco dopo l’ora di pranzo, proprio in tempo per assistere alle votazioni del consiglio regionale che hanno approvato - all’unanimità - i provvedimenti da lei voluti: il dimezzamento delle commissioni permanenti e la soppressione di quelle speciali (erano tre). Prendendo la parola, Polverini ha promesso che verranno accorpate due Asl a ottobre e che presenterà una proposta di legge per la diminuzione di consiglieri e assessori regionali. Subito dopo, le opposizioni al completo hanno presentato la loro mozione di fiducia, da discutere entro 15 giorni. Il capogruppo del Partito democratico Esterino Montino ha spiegato che la settimana prossima sarà presentata una proposta delle opposizioni per "l’abolizione delle indennità di funzione e delle consulenze, e l’anagrafe pubblica degli eletti".
(21 settembre 2012)

CORRIERE.IT
ROMA - «Obiettivo centrato, andiamo avanti». Si è conclusa con un voto sul dimezzamento delle commissioni e l’abolizione di quelle speciali la Giornata decisiva per il Consiglio regionale del Lazio. La presidente Renata Polverini che giovedì aveva detto: «Decido venerdì, ma se approvano i tagli in consiglio, resto», prendendo la parola intorno in aula alle 15 ha confermato: «La mie dimissioni erano vere, ma sospese». La seduta si era aperta intorno alle 11.30 senza la presidente che quando il Consiglio regionale del Lazio ha approvato all’unanimità la proposta di legge 388 sulla soppressione delle tre commissioni speciali non era ancora in aula. E’ arrivata poco dopo le 14 e ha preso la parola. Subito dopo il Consiglio regionale del Lazio ha approvato all’unanimità il dimezzamento delle commissioni permanenti, dalle 16 attuali a 8.
POLVERINI - «Ringrazio di cuore la mia maggioranza per avermi sostenuto anche emotivamente in questi giorni», ha esordito Polverini «ma voglio ringraziare anche l’opposizione che ha contribuito a fare ciò che era necessario fare per la dignità di questa istituzione. Se i provvedimenti oggi verranno approvati all’unanimità - ha aggiunto - da domani ognuno di noi potrà tornare a riprendere i propri posti, a fare maggioranza e opposizione. Abbiamo soltanto cominciato a pagare. Ciò che facciamo oggi non è che il primo passo». Abbiamo azzerato e revocato ogni investimento, ad esempio la nuova palazzina non si farà, abbiamo revocato l’assegnazione delle auto blu, sciolto i monogruppi e creato l’impianto razionalizzazione dei fondi». In chiusura la presidente attacca Bersani su Lusi e Penati. «Un giorno mi dovrà spiegare, e lo chiamerò per questo, perchè io mi debbo dimettere se un consigliere regionale ha sbagliato e lui non l’ha fatto di fronte ai casi Lusi e Penati».
ABRUZZESE - Chi alle dimissioni non ha pensato affatto è il presidente del consiglio regionale laziale Mario Abruzzese che prima di aprire la seduta ha ribadito: «Perché dovrei dimettermi?». Dopo aver aperto la seduta (la diretta su Corriere tv), Abruzzese ha elencato le prime misure relative a riduzione delle spese. Abbruzzese ha ripercorso i tagli effettuati finora dall’ufficio di presidenza della Pisana, tra cui la revoca delle auto blu e la pubblicazione degli atti dell’ufficio di presidenza. La discussione è iniziata con la proposta di legge 388 del 18 settembre «Modifica legge regionale 21 dicembre 2010»’, cioè la soppressione delle commissioni speciali, poi approvata all’unanimità.
NUOVO CAPOGRUPPO PDL - Il Pdl si è presentato al consiglio con un nuovo capogruppo: è la ventiseienne Chiara Colosimo : «Sarò la paladina anticasta», ha promesso arrivando alla Pisana, mentre la Federazione della Sinistra si fa fotografare con uno striscione «Polverini vattene».
OPPOSIZIONE: MOZIONE SFIDUCIA - Le opposizioni in Consiglio regionale, Pd, Idv, Sel, Fds, Radicali, Lista Civica e Verdi, al termine del consiglio hanno depositato una mozione di sfiducia per la presidente della Regione Lazio Renata Polverini. «Se approvata - spiegano i capigruppo Pd Esterino Montino, Idv Vincenzo Maruccio e Sel Luigi Nieri - il consiglio verrà sciolto. Verrà discussa entro 15 giorni». «Oggi l’opposizione vota con la maggioranza per abrogare le commissioni speciali e per portare ad otto le commissioni. Finito questo le opposizioni depositeranno la richiesta delle dimissioni della Polverini», aveva annunciato Montino. Le dimissioni della presidente Polverini vengono chieste anche dai Radicali: «Spero che prendendo atto della situazione politica non più tollerabile, la presidente prenda atto della situazione e si dimetta», ha detto il consigliere regionale del Lazio, Rocco Berardo. Rivolgendosi al presidente dell’assemblea, Mario Abbruzzese, Berardo ha detto: «Noi volevamo tutto online, gliel’abbiamo detto dal primo giorno. Lei ha detto ’in un altro momentò e mi auguro che la prossima seduta possa essere quella giusta». Un invito a distinguere viene dal capogruppo di Sel alla Regione Lazio Luigi Nieri: «Vorrei che si facesse chiarezza sui bilanci dei consiglieri, sono stanco di finire sui giornali e passare come ladro, non siamo tutti uguali. Leggo cifre sempre diverse, non sappiamo più neanche noi a quanto ammontano i bilanci».
DESTINO INCERTO - Il destino di Renata Polverini, travolta dal caso Fiorito, resta incerto. Ha incassato il sostegno di tutto lo stato maggiore del Pdl, riunito a palazzo Grazioli con Silvio Berlusconi («Berlusconi ha confermato quanto detto nei giorni precedenti ma la cosa che mi ha fatto più piacere è che me lo hanno detto tanti anziani qui, questa mattina», ha detto Polverini). La presidente ha ottenuto la testa del capogruppo consiliare Francesco Battistoni (fedelissimo di Antonio Tajani e dato vicino a Fabio Rampelli), sostituito da Chiara Colosimo. Ma il timore che la bufera giudiziaria possa presto travolgere altri esponenti di spicco del partito, in primis il presidente del Consiglio regionale, Mario Abruzzese, preoccupa molto la governatrice.
APPOGGIO PDL - Polverini, raccontano, è confortata dall’appoggio del Cavaliere ma non si sente del tutto sicura. Incassa la solidarietà del Pdl: «È un momento difficile per il Paese, la politica e il Pdl. La moralità delle persone però si vede, con la capacità di reagire e farsi capire. La Polverini? Chi non ha nulla da temere deve rimanere al proprio posto mettendoci la faccia. Il presidente Polverini è vittima e per questo motivo chiediamo che rimanga assicurando il nostro appoggio» dice Gaetano Quagliariello. Lo stato maggiore di via dell’Umiltà prova così a lasciarsi alle spalle il caso Lazio. «Per noi il caso è chiuso, il Pdl ha fatto tutto quello che doveva fare», taglia corto Ignazio La Russa.
INCHIESTA - Ma la situazione è critica. «Dopo le dimissioni di Battistoni se l’inchiesta dovesse arrivare ad altri come Abruzzese, difficilmente Renata potrà difendersi assicurando di non sapere nulla della gestione Fiorito sui fondi», confida un autorevole esponente azzurro che sta seguendo da vicino il dossier Lazio.

IN CAMPANIA SUCCEDE LO STESSO - CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
NAPOLI - È choc in Regione Campania. L’ente che rischia di finire come il Lazio di Renata Polverini. Dopo lo scandalo che ha travolto il Consiglio regionale laziale, la Guardia di Finanza si muove ora in Campania e con un blitz negli uffici dell’Assemblea del Centro direzionale scava tra i bilanci dei partiti.
ACQUISITI DOCUMENTI - I militari delle fiamme gialle, in particolare, hanno acquisito i documenti del bilancio regionale relativi alla ripartizione di fondi per i vari gruppi nonché la relazione della presidenza del Consiglio sulle modalità di rendicontazione. L’iniziativa è stata disposta nell’ambito di una inchiesta della procura di Napoli che ha aperto un fascicolo per l’ipotesi di peculato. L’inchiesta è condotta dal pm Giancarlo Novelli ed è coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco.
BONIFICI - Dai primi accertamenti compiuti dal nucleo regionale di polizia tributaria emergerebbe che denaro destinato ai gruppi regionali presenti in Consiglio in Campania era finito attraverso bonifici nella disponibilità di singoli consiglieri. Sono in corso accertamenti per verificare se e in che modo il denaro sia stato successivamente speso.
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE - «Il Consiglio regionale della Campania e la Regione stessa costituiscono un esempio positivo», commenta il presidente del Consiglio regionale della Campania, Paolo Romano. «In due anni - sottolinea il presidente - il nostro bilancio è passato da 83.754.000 del 2010 a 69.951.000 del 2011. Per l’anno in corso sono stati stanziati 72 milioni, ma contiamo di restare sotto la soglia dei 70, pesando per 12 euro sulle tasche dei contribuenti campani. Le spese per il funzionamento dei Gruppi consiliari rientrano in un’ottica di rigore: circa un milione di euro all’anno suddivisi per nove gruppi, secondo il numero dei componenti. Nonostante si tratti di una cifra equa in un momento in cui la trasparenza è uno dei migliori antidoti all’antipolitica, stiamo lavorando ad una legge che rafforzi una più chiara regolamentazione della materia». Romano elenca altri tagli decisi di recente: «Abbiamo cancellato i gruppi costituiti da un solo consigliere, abolito tutte le auto blu, tranne per il Presidente della Giunta ed il Presidente del Consiglio, non abbiamo speso un euro di consulenze ed abbiamo in bilancio 49 mila euro per spese di rappresentanza. È notizia di ieri - conclude - la rescissione del contratto di locazione di alcuni locali al Centro direzionale che ci consente un ulteriore risparmio di oltre un milione di euro».
Redazione online

IN LOMBARDIA SI RIFIUTANO DI FAR VEDERE LE FATTURE
Peggio che chiedere lo scontrino al bar. Non hanno niente da nascondere in Regione Lombardia ma quando si tratta di mostrare una ricevuta quasi tutti fanno muro. Tirano in ballo la violazione della privacy e s’attaccano al “diritto alla discrezionalità del consigliere a spendere nell’esercizio delle sue funzioni”. Al Pirellone funziona così, i soldi sono pubblici quando entrano e privati appena escono. Anche se annunciano future mozioni bipartisan sulla trasparenza, oggi non resta che credergli sulla parola.

Ma dopo il caso Fiorito in Lazio anche quella vacilla e allora tocca bussare a tutte le porte per capire come i gruppi spendono il loro tesoretto in un pozzo che l’anno scorso ha inghiottito 71 milioni di euro per 26 sedute soltanto. Certo, nel loro bilancio – che è pure certificato dalla Corte dei Conti – c’è il rendiconto degli 11 milioni spesi: 3,2 tra funzionamento e attività di comunicazione, 7,5 per il personale e così via.

Ma sono voci aggregate: cosa vuol dire che il Pdl ha usato 450mila euro in “spese dei consiglieri per l’espletamento del mandato”? Come hanno speso 720mila euro in comunicazione? Si accalora a rispondere il capogruppo Paolo Puccitelli: “Qui non siamo mica alla Regione Lazio, loro sono 71 noi 80 ma a Roma hanno un bilancio di 98 milioni e noi un terzo di meno. E poi noi teniamo tutte le ricevute, le fatture e gli scontrini per cinque anni come dice la legge. Se vuole le mostro tutte le tabelle”. Grazie, le abbiamo, a questo giro vorremmo vedere le fatture. “Non esiste proprio – scandisce irritato Puccitelli – Io non tiro fuori un bel niente, ci sono cose che sono riservate, personali. Magari dovrei dirvi anche dove va a cena questo e quel consigliere, cosa mangia e quanto spende… Roba da matti, io non voglio grane e senza l’autorizzazione di tutti e 29 i colleghi non faccio vedere un bel niente”.

Si scende di cinque piani ma la musica non cambia. Al gruppo del Pd si parla con Stefano Tosi. “Certo abbiamo l’ufficio contabilità con segretaria e tutto, ecco quello che spendiamo. Non mettiamo i dettagli online perché i giornalisti potrebbero farne un uso strumentale falsando le informazioni”. Peccato che sia la solita tabella senza dettagli: 212mila per il mandato dei consiglieri, 120mila per consulenze (a chi?), 72mila in convegni e manifestazioni. Il resto in trasporto, giornali, spese di stampa fino a sfiorare i 600mila euro nel 2011. Tenete le fatture? “Certo che teniamo tutto, è in un faldone ma non tengo a mente tutte le spese. Se vuole le mostro il bilancio”. E ci risiamo. Che ne dice invece di farmi dare una sbirciatina alle ricevute? Così, giusto per provare il brivido del proibito… “Eh no questo no, non andiamo in giro a distribuire i conti facendoli vedere a questo e a quello. Come i consiglieri gestiscono le loro spese è una scelta discrezionale”. Anche la Lega,fa orecchie da mercante. Sel e Idv, invece, si rendono disponibili a fornire la rendicontazione, fattura per fattura. Il capogruppo dell’Idv Stefano Zamponi dichiara: “Sentiti i colleghi ho aderito subito all’invito del Fatto Quotidiano sia perché non abbiamo nulla da nascondere, sia per dare un segnale che la politica non è tutta uguale. Invito gli altri gruppi a fare altrettanto perché in una situazione che ricorda Tangentopoli, con l’antipolitica che soffia sul fuoco e la competizione elettorale alle porte non si possono lasciare ombre”. Appuntamento lunedì alle 14.30, scontrini e fatture alla mano. Anche Chiara Cremonesi di Sinistra ecologia e libertà, sentiti i colleghi, ha manifestato analoga disponibilità.

Il capogruppo del Carroccio è lapidario: “Non è possibile farvi vedere nulla e poi non ne vedo proprio il motivo perché i nostri bilanci sono certificati dalla Corte dei Conti, quando la Lombardia sarà messa come il Lazio ne riparleremo”, dice Stefano Galli. Sì ma la Corte non vi chiede di giustificare le spese e mostrare le fatture… “Questo io non lo so, ma chissenefrega. Come spendiamo i nostri soldi sono cazzi nostri. Arrivederci”. Allora chi controlla che le spese non siano senza controllo? Tutti e nessuno.

I gruppi si autocertificano spese e rendiconti tramite i propri funzionari amministrativi che entro il 31 marzo depositano i bilanci all’ufficio di presidenza. Quest’ultimo li ratifica entro giugno. In realtà la legge (art. 7 LR n. 17 del ’92) gli conferisce il potere di “chiedere chiarimenti, nonché l’esibizione della documentazione relativa alle spese sostenute dai propri consiglieri”. Potere ma non “dovere”. E infatti da vent’anni resta un’opzione poco praticata. “Noi controlliamo la regolarità formale e la coerenza degli importi – conferma un dirigente – non le singole spese; chiediamo spiegazioni se notiamo scostamenti visibilmente anomali”. E infatti si ricorda un solo caso di spesa riconosciuta illegittima per 700 euro, tutto quello che hanno speso gli altri 79 consiglieri è passato in giudicato e non c’è capogruppo che ricordi una richiesta di accertamento spese. Anche la Corte dei Conti lavora così, chiudendo la catena della vigilanza nel solco della coerenza contabile e sotto l’insegna inviolabile della privacy degli eletti.
da Il Fatto Quotidiano del 21 settembre 2012 – articolo aggiornato alle 10.30

PEZZO DELLA SARZANINI DI STAMATTINA SUL CDS
ROMA - Ci sono i «ladri» che si facevano saldare le fatture false e i vertici che avallavano la distribuzione irregolare dei fondi. Ci sono le spese folli di chi avrebbe invece dovuto controllare la regolarità dei finanziamenti. E poi ci sono i parenti assunti come dirigenti, i consulenti pagati a peso d’oro, le vacanze da sogno trasformate in «missioni» politiche. Ma ci sono anche le cifre che lui stesso è accusato di aver rubato. Le prime verifiche dimostrano che è molto più di quanto si credeva: oltre un milione di euro spostato sui propri conti in Italia e all’estero:
Eccolo il «sistema» Lazio raccontato da Franco Fiorito. Ecco le accuse contro i suoi colleghi di partito, le bordate contro la governatrice Renata Polverini e il presidente del Consiglio Mario Abbruzzese. Ma anche i sospetti lanciati contro gli altri partiti. Il verbale che dà conto delle sette ore di interrogatorio davanti al procuratore aggiunto Alberto Caperna e al sostituto Alberto Pioletti entra nei dettagli delle ruberie, elencando nomi e circostanze che hanno segnato questi due anni di governo. Non si salva «er Batman» dall’accusa di peculato, ma prima di cadere trascina tutti con sé. In realtà quando cominciano a filtrare le dichiarazioni su quanto ha raccontato ai magistrati nega di aver parlato del governatore. Ma sono i suoi legali Carlo Taormina ed Enrico Pavia a rilanciare: «Ci saranno sviluppi clamorosi».
Polverini e il patto occulto
Scandisce Fiorito di fronte ai pubblici ministeri: «Mi risulta che anche gli altri gruppi siano nelle condizioni del Pdl e quindi chiedo formalmente l’acquisizione della documentazione che riguarda l’intero consiglio». Già giovedì gli investigatori del Nucleo valutario sono tornati negli uffici della Regione per acquisire i documenti che riguardano l’erogazione dei fondi a tutte le formazioni. Altre carte sono state prese nella filiale Unicredit interna al palazzo dove sono aperti i conti correnti dei partiti sui quali vengono addebitate le somme elargite mensilmente. Poi interrogano lo stesso Abbruzzese, dopo che ieri era stato ascoltato - sempre come testimone - il segretario Nazzareno Cicinelli.
È una verifica necessaria visto che l’ex capogruppo afferma: «È stato l’ufficio di presidenza del Consiglio a fissare le regole ma le indicazioni su come erogare i finanziamenti sono arrivati dalla Giunte regionale. E dunque Renata Polverini sapeva perfettamente come funzionava, non poteva ignorare che si fosse deciso di assegnare 100 mila euro ad ogni consigliere che però potevano essere aumentati fino a 300 mila. Anche perché lei stessa è sostenuta da una lista che porta il suo nome, godeva di queste elargizioni e provvedeva poi alla spartizione tra i vari consiglieri. C’era un accordo per consentire una simile procedura e, a seconda dell’incarico ricoperto, si riuscivano ad ottenere somme sempre più alte». Usa toni pesanti quando parla della gestione di Abbruzzese. «Perché - spiega - dopo la delibera della Giunta era lui a verificare tutte le voci di bilancio - dai trasporti, alla scuola - e reperire da quegli accantonamenti i soldi necessari a far sì che ogni consigliere avesse garantiti almeno i 100 mila euro».
La lettera di luglio
Proprio per dimostrare come tutti fossero informati delle «irregolarità», Fiorito consegna ai magistrati la copia di una lettera che ha inviato ai consiglieri del Pdl, alla Polverini, ad Abbruzzese e al suo vice De Romanis il 18 luglio scorso e nella quale affermava: «Sollecitato da alcuni zelanti colleghi ho proceduto ad una serie di controlli sui documenti giustificativi delle spese effettuate. Trovando una situazione assolutamente insostenibile con assenze totali di documentazioni in alcuni casi e con giustificazioni diciamo così "da approfondire" eccessivamente generiche e prive di riscontri effettivi. Ovviamente scrivo sperando nella buona fede di ciascuno e nella immediata capacità di ognuno di fornire risposte rapide ed efficaci». Ed ecco le comunicazioni personali: «Ho già inviato una serie di missive per i casi più evidenti, per le quali attendo risposta immediata comunicando sin da ora che non potranno essere tollerati equivoci di alcun genere e che ove necessario agirò a mia e nostra tutela». In quei giorni la polemica sull’allegra gestione era già cominciata, dunque si sta verificando se la scelta di Fiorito potesse essere legata alla necessità di ottenere una «copertura».
«Ossessionato da otto "ladri"»
Nelle due casse di documenti consegnate agli investigatori ci sono le «schede» dei sedici consiglieri del Pdl. Ma è su otto che si concentrano i sospetti di Fiorito. Elenca i loro nomi e poi racconta in base a quali circostanze si sia convinto della possibilità che una parte della documentazione contabile che gli consegnavano per avere i soldi «fosse falsa». «Si era perso il senso della misura, ormai non si faceva più politica e ormai i consiglieri erano anche in lotta tra di loro per ottenere il denaro. Chiedevano tutti soldi, erano diventati insopportabili, una persecuzione. Mi telefonavano continuamente o mi aspettavano fuori dall’ufficio per chiedermi soldi per cene, book fotografici, manifestazioni. Mi sono stati chiesti anche 10 mila euro per una cena di 300 persone in locali in cui non so se potessero contenere tutte quelle persone».
Poi l’ex capogruppo cita nomi e circostanze. Di Lidia Nobili che chiama «albero di Natale» per il suo look eccentrico dice: «Ormai era diventata una vicenda umana, mi perseguitava per chiedermi soldi, più di quanti gliene spettassero». Elargizioni pesanti anche per Chiara Colosimo «che prese almeno 50 mila euro per le manifestazioni alle quali partecipavano Giorgia Meloni e Fabio Rampelli». Se Carlo De Romanis «otteneva i finanziamenti per i giovani del Ppe», Giancarlo Miele «si concentrava sui buoni benzina, sulle cravatte e sulle cene», mentre Andrea Bernaudo «credo abbia concesso consulenze fittizie». Nell’elenco dei «cattivi» Fiorito inserisce anche Veronica Cappellaro e Romolo Del Balzo che, aveva già raccontato, «ha sistemato alla Regione i suoi parenti». In realtà non è l’unico. Anche il segretario Salvatore Ronghi è riuscito a piazzare la sua fidanzata Gabriella Peluso facendole ottenere un posto da dirigente con un compenso di 100 mila euro annui.
Oltre un milione tra Italia e Spagna
Accusa gli altri Fiorito, ma poi deve difendersi per le sue ruberie. I conti effettuati dalla Guardia di Finanza raccontano che le cifre sottratte al partito sono ben oltre i 730 mila euro, come aveva già denunciato il suo successore Francesco Battistoni in una memoria preparata dai suoi consulenti legali Enrico e Roberto Valentini. Durante l’interrogatorio gli contestano di aver spostato 747 mila euro sui propri conti correnti italiani e ben 314 mila su quelli spagnoli per un totale di un milione e 61 mila euro. Lui ostenta sicurezza: «Era tutto regolare, se ho commesso degli errori ne risponderò, ma non ho mai preso un centesimo oltre quello che mi spettava». E così risponde alla contestazione di aver effettuato quei 109 bonifici tutti per identiche cifre nel tentativo di sfuggire ai controlli interni: «Si tratta di operazioni tracciabili, se avessi voluto rubare l’avrei fatto in un altro modo. E anche la scelta di tenere le auto acquistate per il partito è avvenuta in maniera regolare, tanto che sono io a pagarle». Una difesa che non convince. Non a caso il suo avvocato Taormina sta valutando la possibilità di fargli restituire quanto risulta aver preso oltre la cifra fissata dalla normativa.
Fiorenza Sarzanini

ALESSANDRO CAPPONI - CORRIERE.IT
ROMA - Scusi Francesco Carducci Artenisio, capogruppo Udc: ma su 887 mila euro che il suo gruppo ha percepito nel 2011, 145 mila sono sotto la voce «spese varie»; saprebbe dire come i suoi colleghi consiglieri hanno usato quei soldi pubblici? «Non ne ho la minima idea». Scusi ancora, ma lei da capogruppo non sa come è stato utilizzato quel denaro? «Eh, non faccio mica il ragioniere, ho siglato io tutte le ricevute e ad alcune spese ho anche detto di no, ho usato criteri rigidi, messo un tetto alle singole spese, e siccome non c’era un regolamento mi sono autoregolato». Allora sicuramente non c’è da preoccuparsi, né per l’Udc né per gli altri partiti che, tutti assieme, incassano in un anno - ufficialmente per l’attività politica - dodici milioni di euro. Per fare qualche esempio: quelli della Lista Polverini, tredici consiglieri, dal primo gennaio al 31 dicembre 2011 ottengono fondi per un milione e novecentomila euro; ne spendono quasi novecentomila in manifesti, quasi duecentomila tra «alberghi, bar e ristoranti».
Ma nelle relazioni contabili compilate dai singoli gruppi, spesso, ci sono queste voci generiche nelle quali sembra poter entrare un po’ di tutto: l’unico consigliere del Gruppo Misto, Antonio Paris, incassa in un anno 180 mila euro, 96 mila sono classificati come «spese varie». Così ripartite: una Audi da 28 mila euro e 67 mila di «fondi erogati direttamente» a favore di enti e associazioni. Un’auto? «Ma è intestata al mio gruppo - precisa orgoglioso Paris - cioè patrimonio della Regione». Per i contribuenti, saperlo, sarà un sollievo.
Nelle spese del consiglio regionale del Lazio - là dove i pm parlano di «caos contabile» - c’è un refuso nella nota dell’Idv che pare fatto di proposito per raccontare questo flusso gigantesco di denaro destinato ai politici: dalla voce «indennità e rimborsi ai consiglieri» è sparita una «b», diventando così «indennità e rimorsi». Difficile immaginarli a battersi il petto - 1.217.000 di contributo regionale, 251 mila andati direttamente ai cinque consiglieri - e di certo i politici del Lazio non l’hanno fatto prima che venisse a galla questa storia di cene del Pdl a base di ostriche. La nota del partito dell’allora capogruppo Franco Fiorito è precedente allo scandalo, quasi tre milioni di euro totali: 131 mila in «attrezzature per ufficio», 685 mila per «Riunioni, convegni, progetti, incontri», 411 mila in manifesti. Nell’estratto conto del gruppo, ci sono anche 81 euro spesi in un supermercato Gs di Anagni, più altri in vari market (Pam, Auchan, Panorama).
Invece nel bilancio c’è un’altra voce, «Collaboratori e consulenze», con accanto la cifra di 665 mila euro. Troppo? Non per Fiorito, che a febbraio 2012 allega una nota: «Per svolgere al meglio il lavoro dei consiglieri è stato necessario aumentare notevolmente il numero del personale a disposizione». Perché il gruppo era cresciuto di numero. Sempre il Pdl destina 114 mila euro alle «spese di rappresentanza, varie». Come queste «spese varie» siano utilizzate dai partiti non è dato sapere: a quella voce i Radicali nel 2011 hanno dedicato 662 euro, il Psi - contributo di 160 mila euro - 31.518. Di certo, nessuno sa spiegare come la cifra totale venga divisa tra i partiti: difficile che il criterio sia il numero dei consiglieri, perché altrimenti La Destra (due persone, 538 mila) avrebbe gli stessi soldi di Sel, Fds (due consiglieri, 322 mila euro) o dei Radicali (422 mila). Storace ne è sorpreso: «Mai saputo, me ne sto accorgendo adesso...». Bisognerebbe chiedere, dicono tutti, all’ufficio di presidenza di Mario Abbruzzese: ma è inutile cercare un contatto, in Consiglio c’è la Finanza.
Non rimane che leggere le cifre: detto dei partiti maggiori (il Pd, 14 consiglieri, incassa poco più di due milioni, l’Idv ne ha cinque e prende 1.217.000), rimangono i monogruppi. Verdi (183 mila euro), Api (181), Mpa (182), Fli (188), Gruppo Misto (180). Poi ci sono i 154 mila euro dei Responsabili di Olimpia Tarzia: nelle sue note, «indennità e rimborsi per i consiglieri» per quasi trentamila euro. C’è ancora la Lista Civica dei cittadini di Giuseppe Celli (180 mila): nei conti, c’è l’acquisto di una macchina, dodicimila euro di rate, ottomila di manutenzione, poi assicurazione e bollo, in totale 22 mila euro. E lui non sembra in imbarazzo: «È una Audi, rimarrà alla Regione».
Alessandro Capponi

BERLUSCONI STRIGLIA I SUOI - CORRIERE.IT
ROMA - Fare pulizia, per quanto possibile. Ma anche resistere. E chiamare in correo tutti gli altri, perché come dicono nel Pdl «questo sistema non riguardava solo noi, tutti dovranno fare la loro parte». La linea del Piave è tracciata, e un’altra giornata di vertici a palazzo Grazioli è servita per fortificarla. Ma la paura che serpeggia nel Pdl è che il nemico in agguato sia peggiore di quanto sembri, e possa provocare uno tsunami «dalle proporzioni imprevedibili». Cosa altro può uscire dallo scandalo laziale? Che reazione a catena potrebbe provocare? Che conseguenze può avere su regioni già esposte come la Lombardia, su altre presto al voto come la Sicilia?
Questi i discorsi che i vertici del Pdl, con Berlusconi, hanno fatto per tutto il giorno, senza avere certezze alla fine se l’opera di convincimento portata avanti su Renata Polverini affinché resti al suo posto avrà successo o no. Ottenute le dimissioni del capogruppo del Pdl alla Pisana, Battistoni, ricevuto da Berlusconi e Alfano, e diramato un comunicato in cui lo stesso segretario grida il suo «mai più un caso Lazio» ricordando che già è stato cacciato Fiorito, che sono stati appunto rinnovati i vertici del partito, che è stato sostenuto il piano della Polverini e che sono stati convocati per martedì i capigruppo di tutti i consigli regionali per controllare che tutto sia a posto (anche se dal Veneto si inalberano perché «noi non c’entriamo niente, non prendiamo i soldi come quelli del Lazio»), a Berlusconi e i suoi non resta che aspettare. E guardare che accade a 360 gradi.
«Adesso - sfida gli altri Alfano - aspettiamo di vedere quello che faranno gli altri partiti, noi la nostra parte l’abbiamo fatta». «Dobbiamo far capire che queste cose non coinvolgono solo noi, dobbiamo contrattaccare, e Renata deve evitare colpi di testa, anche se io so quanto è brutto essere infangati...», ha ripetuto ai suoi Berlusconi, sempre più convinto però che alle prossime elezioni serva «un profondo rinnovamento», come gli chiedono i sindaci del partito in una accorata lettera in cui invocano scelte basate sul merito. E pulizia, profonda. Quella che pretende Laura Ravetto («Anche da noi serve la ramazza») come Guido Crosetto («Sono banditi, vanno presi a calci nel sedere»). Perché davvero il caso è troppo grosso per poterlo archiviare fra gli scandali di fine estate. Perfino Mario Monti, ieri, è parso più che preoccupato quando, alla presentazione di un libro, ha chiesto ad Antonio Martino: «Ma cosa sta succedendo nel Pdl?».Laconica la risposta: «Di tutto, ma finirà bene».
Magari che finisca bene è difficile, ma che la fine dello scandalo vada accompagnata al meglio ce l’hanno chiaro tutti. Renato Schifani lo dice senza giri di parole: «Troppi scandali in questi ultimi tempi hanno colpito l’opinione pubblica, il tempo della melina è scaduto». Anche sulla legge elettorale, che tra poco più di due settimane andrà in Aula «e lì si voterà, questa è la democrazia».
E infatti proprio di legge elettorale si è a lungo discusso al vertice, per trovare una linea comune che, pensano nel Pdl, a questo punto potrebbe anche essere quella su cui convergerà il Pd. La proposta che è stata messa nuovamente a punto ieri nel vertice prevede una legge su base proporzionale, con soglia di esclusione al 5%, premio fino a un massimo del 10% al primo partito e preferenze, come preteso dagli ex An. La sensazione di chi ci lavora è che si possa, in sede di ultima trattativa, anche andare oltre, magari concedendo al Pd quel premio di coalizione che Bersani pretende. D’altronde, si è ragionato, «anche con il premio al partito loro potrebbero comunque presentarsi con un listone che vede assieme Pd, centristi e quel che resta di Sel, a quel punto coalizione o primo partito non farebbe grande differenza».
Si vedrà nei prossimi giorni, quando si cominceranno a capire le mosse di Berlusconi e il suo impegno reale e in quale veste. Per ora, l’ex premier si limita a dire che lui in campo ci sta già, e ad annunciare che potrebbe presto tornare a parlare agli italiani, visto che sta pensando di riapparire in tivù. Se da candidato premier, da leader del partito, da federatore di una coalizione che bisognerebbe cominciare a mettere in piedi nonostante il terreno sia pieno di macerie, questa è materia delle prossime settimane.
Paola Di Caro