
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
L’intera famiglia Ligresti è finita in galera, un evento che non esitiamo a definire record. Il vecchio padre, Salvatore, 81 anni compiuti lo scorso 13 marzo, ha ricevuto la visita della Guardia di Finanza nella sua casa di Milano e, data l’età, resterà ai domiciliari La figlia Giulia è stata fermata anche lei a Milano e rinchiusa in cella. L’altra figlia, Jonella, era in vacanza a Cagliari ed è stata tradotta nel carcere di quella città. Il terzo figlio, Paolo (Gioacchino Paolo), era in Svizzera ed è entrato quindi nella lista dei latitanti: avrebbe fatto sapere che non ha nessuna intenzione di metter piede in Italia e consegnarsi, corre anzi voce che sia in fuga verso le isole Cayman. Una pattuglia di finanzieri lo aspetta comunque al varco di Ponte Chiasso. Il totale degli arrestati è di sette: ai quattro Ligresti si devono aggiungere i due ex amministratori di FonSai, Emanuele Erbetta, ristretto a Novara, la sua città, e Fausto Marchionni, che era in ferie a Forte dei Marmi ed è stato riportato a casa, in provincia di Cuneo, dove per ora sconta ai domiciliari; e Antonio Talarico, già vicepresidente del gruppo, notificato a Milano e anche lui ai domiciliari.
• Che cosa hanno fatto tutti costoro?
I magistrati di Torino ipotizzano i reati di falso in bilancio aggravato per grave nocumento del mercato e manipolazione del mercato. La questione riguarda la cosiddetta "riserva sinistri", cioè l’ammontare che l’impresa di assicurazioni stima di dover pagare in futuro per sinistri che si sono già verificati ma non sono ancora stati liquidati. Questo numero va iscritto nelle perdite, e quindi diminuisce il profitto dell’azienda e taglia di conseguenza non solo il dovuto al fisco, ma anche il dividendo che spetta agli azionisti. Gli amministratori di FonSai, nel bilancio 2010, avrebbero tenuto troppo bassa la voce relativa alla "riserva sinistri", nascondendo un rosso di 600 milioni, esagerando in questo modo i profitti e autorizzandosi quindi a incassare utili per 253 milioni. L’operazione avrebbe danneggiato 12 mila piccoli azionisti del gruppo, per una perdita complessiva che gli inquirenti valutano in 300 milioni. I magistrati sospettano che su questa falsificazione di bilancio abbiano chiuso gli occhi anche quelli dell’Autorità per le assicurazioni (un tempo Isvap, oggi Ivass): è sotto inchiesta infatti anche l’ex presidente dell’Isvap, Giancarlo Giannini, in predicato, all’epoca del governo Berlusconi, per la promozione a garante della Concorrenza e del Mercato. Sono stati i soci di minoranza, con un esposto presentato alla Procura di Torino un anno fa, a far scattare l’inchiesta che ha provocato l’arresto ieri di tutta la famiglia.
• Sa che non ho mai capito che cosa significa FonSai, e poi con quella S maiuscola in mezzo...
È la società risultata dalla fusione tra due compagnie di assicurazione, la Fondiaria e la Sai. Ligresti possedeva la Sai - un’assicurazione molto importante - fin dagli anni Settanta. Nel dicembre 2002 la fuse con un’altra assicurazione, Fondiaria, appena acquistata. Un gruppo all’apparenza solidissimo, cento controllate, numero due nel campo assicurativo in Italia, dopo le Generali. Ma negli esercizi 2009-2011, Fonsai registrò invece perdite notevolissime, 400 milioni nel 2009, 900 nel 2010, un miliardo nel 2011 e i modi tenuti dalla famiglia per nascondere questo disastro sono a loro volta indagati dalla Procura di Milano. Da ultimo, l’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, chiese al vecchio Ligresti di farsi da parte e lasciar salvare il gruppo da Unipol. Ligresti scoppiò a piangere, dicendo che sarebbe stato meglio per lui il suicidio. Ma dopo qualche giorno presentò un foglietto, dove erano elencate le pretese sue e della famiglia per farsi da parte: 45 milioni di liquidazione, un resort in Sardegna per lui, varie consulenze ai figli. Nagel accettò, e per questo è a sua volta indagato.
• Da dove viene questo Ligresti?
Da Paternò, provincia di Catania. Laurea in Ingegneria a Padova. Uomo intelligentissimo. Ha raccontato di aver cominciato realizzando un sopralzo in via Savona (zona Genova). Spese per 15 milioni e rivendita per 50. Poi ne ha combinate di tutti i colori, palazzinaro, assicuratore, editore (ha un 5% anche di Rcs, la casa editrice che pubblica la Gazzetta), protetto da Craxi e da Cuccia, poi grande amico di Berlusconi. Unitissimo alla famiglia, al punto che questo arresto collettivo ha un forte valore simbolico.
• A che si deve il dissesto?
Si dice alle spese pazze dei figli. La prima figlia patita della moda, la seconda (Jonella) pazza per i cavalli, inclusa nella Nazionale di equitazione e terza a piazza di Siena nel 2007. La procura valuta che i tre figli succhiassero al gruppo 50 milioni l’anno solo per loro. Mi pare una cifra, a quei livelli, anche sottostimata.
• E il vecchio?
Gli avvocati dicono che s’è fatto arrestare senza drammi, con grande serenità. Guai con la giustizia ne ha già avuti. Oltre al sospetto di rapporti con la mafia, al tempo di Mani Pulite finì dentro e una condanna definitiva a 28 mesi nel 1997, con affidamento ai servizi sociali, lo costrinse a passare tutte le proprietà ai figli. Per un uomo così, come avrà capito, questo non fu un problema.
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