Riccardo Ruggeri, ItaliaOggi 18/7/2013, 18 luglio 2013
MARCO TRAVAGLIO COME IL CUBO DI RUBIK
Sto osservando attonito la polemica durissima (due contro uno) fra due professori di alto livello accademico come Giovanni Fiandaca e Massimo Bordin, e un grande giornalista come Marco Travaglio. Non conosco nessuno dei tre, né voglio entrare nel merito di ciò che dibattono, non avendo alcuna competenza specifica, e nessuna passione per l’argomento “giustizia italiana”. Fin da piccolo, amo pervicacemente la libertà, ciò che succede nelle cucine del potere, la giustizia è una di queste, è un aspetto ancillare che trascuro, come la politica. Sono amico di importanti magistrati ai quali ho chiesto lumi sul processo di Palermo, tema della contesa, le risposte che ho avuto, come immaginavo, riguardano aspetti tecnici della vita giudiziaria lontanissimi dal mio mondo.
Come studioso di management (il mio mondo), considero Marco Travaglio una persona geniale e innovativa. È molti anni che lo seguo, capii che non era il solito giornalista giovane che voleva rassomigliare a Indro Montanelli (alla Beppe Severgnini per intenderci), ne sentii parlare (molto bene) anche dai miei figli e da loro amici. Percepii la sua capacità di lavoro (mi piacciono i veri lavoratori, una razza in via d’estinzione), ma mi colpì la sua ricerca di un “modello” di articolo giornalistico nel quale fosse impossibile “entrare”. La costruzione e l’assemblaggio dei suoi pezzi sono concepiti in modo da non essere “smontabili”, ovvio possono essere non condivisi, ma devono essere respinti in toto. Una tecnica che in altro modo usa il mio amico Stefano Lorenzetto, per le sue insuperabili interviste. Unico caso in cui gli intervistati appaiono meglio di come in realtà sono, e ne so qualcosa personalmente.
Questa tecnica mi ricorda il cloisonné (detto anche smalto di Bisanzio), una decorazione artistica ove, sopra un sottilissimo strato in filigrana di rame, viene colato dello smalto, con risultati meravigliosi (ho un minuscolo orologio da tavolo dell’800 così fatto). Il cloisonné è tecnica di tipo “additiva” (come i pezzi di Marco Travaglio, e le interviste di Stefano Lorenzetto) e non “sottrattiva’’, tipo la champlevé, come sono la maggior parte dei pezzi giornalistici.
Marco Travaglio è andato oltre lo smalto. La sua genialità è consistita nel trasformare il bravo giornalista che era in lui in un “prodotto”. Del prodotto ormai ha tutto, la business idea, il design e relativa livrea, subito riconoscibile, l’intelligence per arricchirlo, marketing-advertising-packaging per promuoverlo. Pochi, selezionatissimi collaboratori. I suoi clienti sono fedelissimi, al limite del settarismo (modello Nutella), il massimo che si possa pretendere nel mondo dei prodotti. La sua è stata un’intuizione geniale, e anche ben implementata. Leggo tutto ciò che scrive, tra parentesi in modo suggestivo, mi godo tutte le sue apparizioni televisive, ripeto non per i contenuti, spesso non l’ascolto neppure, premo “mute” (è tecnica usata negli Usa per valutare l’impatto della leadership) e studio la postura, il linguaggio del corpo, le sfumature comportamentali, la mobilità del viso. Mi interessa il leader, l’evoluzione del “prodotto”, non il giornalista e le sue posizioni ideologiche: posso studiarlo meglio perché nulla abbiamo in comune, salvo credo l’orgoglio di essere “minoranza”.
Osservando il “prodotto” Travaglio, l’ho paragonato al cubo di Rubik, un oggetto matematico e magico. Giudico francamente impossibile per chiunque uscire vincitore da una tenzone dialettica con Marco Travaglio, su qualsiasi aspetto che riguardi la giustizia in Italia. Puoi essere un grande giurista, come di certo è Giovanni Fiandaca (chiamato maestro da magistrati prestigiosi), o un uomo di straordinario spessore culturale e brillante polemista come Massimo Bordin, ma sono certo che, agli occhi degli spettatori, ne uscirebbero distrutti. Le “permutazioni” possibili del cubo di Rubik sono, come noto, 4,33 x 10 alla 19vesima potenza, lui da la sensazione di dominarle tutte. Una volta sola l’ho visto in difficoltà, nel famoso incontro da Michele Santoro, quando Silvio Berlusconi, giocando sporco, cioè senza parlare (questa fu la sua genialata animalesca), pulì la sedia di Travaglio col fazzoletto, spiazzando lui e tutti noi. Atteggiamenti che mai assumerebbero due professori come Fiandaca e Bordin, i quali vorranno argomentare le loro tesi, con la forza delle loro idee e la razionalità dei loro ragionamenti. Sono certo però che nel momento in cui cominceranno a parlare saranno tecnicamente spacciati, il “cubo” Travaglio li spazzerà via, e sperino che non decida di ridicolizzarli, perché ha i mezzi per farlo.
Comunque, per me sarà il grande spettacolo televisivo d’autunno. Si può competere con una persona, mai col cubo di Rubic, matematico e magico, per di più in cloisonné. Professor Fiandaca, quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile...