Stefano Elli e Laura Galvagni, Il Sole 24 Ore 18/7/2013, 18 luglio 2013
FRA PARTITI E MATTONE: LA CONQUISTA DI MILANO
C’è un punto preciso in via Tucidide, a Milano, che da solo racconta più storie di un archivio. Su una delle torri costruite da Salvatore Ligresti alla fine degli anni ’80, campeggia il logo della Liquigas. Chè è stato uno dei primi crack di Milano. Artifice della crisi, Raffaele Ursini, che ereditò la società da Michelangelo Virgillito, costruttore, cattolicissimo e raider di Borsa, quando la Borsa era un affare per pochi. Virgillito era siciliano, di Paternò, come Ligresti. Un sodalizio a fasi alterne che si concluse con la querelle giudiziaria sorta tra Ligresti e Ursini per il controllo di una quota della Sai (il 10%) acquisita da Ligresti da un Ursini in pesante crisi. A Milano Ligresti ha lavorato a lungo, quasi 50 anni intrecciando politica, amministratori pubblici, gruppi finanziari. Portando il suo famoso 5% in tutti i gruppi alla ricerca di soci. Un corpo estraneo forse solo all’inizio, sicuramente parte integrante dello sviluppo della città almeno negli ultimi 30 anni. La Milano degli anni settanta e più ancora degli anni ottanta sono stati sinonimo di centro sinistra più o meno illuminato. I rapporti erano ottimi con tutti i principali esponenti del governo cittadino, prima Bettino Craxi, i sindaci Tognoli e Pillitteri, la Dc e i partiti laici. Non certo ostile al Pci. Le sue amicizie e i suoi contatti spaziavano in ogni direzione. Se una matrice politica c’è è quella con la famiglia La Russa, dichiaratamente di destra. Il padre di Ignazio e di Vincenzo La Russa (oggi indagato a Torino), l’avvocato Antonino, era un assiduo frequentatore di casa Ligresti. Nel 1986 scoppiò lo scandalo delle aree d’oro. Si scoprì allora che l’amministrazione di sinistra aveva affidato a Ligresti il 70% delle edificazioni nel milanese, a fronte di avventurose varianti al piano regolatore.
Tra i simboli di quell’epoca, sicuramente, la sontuosa residenza Ottagoni del Cavallino. Un complesso che l’Ingegnere realizzò in zona San Siro, destinato alla Milano dei ricchi. Passò alla cronaca, perché si inserì proprio nei giorni dello scandalo delle aree d’oro nelle ore immediatamente successive alle dimissioni di Tognoli, il Té che Ligresti organizzò con le Cinquecento Signore della Bella Società milanese perché quest’ultime lo aiutassero a scegliere le finiture della sua nuova opera, tra marmi e moquette. Vi partecipò anche Anna Craxi, moglie di Bettino. Erano residenze che all’epoca, è il 1986, valevano tre milioni e mezzo al metro quadro; avevano finiture personalizzate; centro ippico, rifugio antiatomico, centro salute, computer per spesa telematica, parco auto, servizio di sicurezza, idraulico e elettricista sempre a disposizione. Certamente diverse dai "casoni" con cui l’Ingegnere aveva riempito il sud-Milano, le celebri torri sperse nelle nebbie costruite lungo le principali vie d’accesso alla città: via Ripamonti, via dei Missaglia, via Tucidide e la Crocetta. Tutte con il medesimo abuso edilizio ben visibile ancora oggi. Gli ultimi due piani interamente costruiti ma mai ricoperti. Finti terrazzi in realtà veri e propri piani pronti per essere chiusi. L’intervento non si rese necessario perché la crisi del mercato immobiliare (anche allora) lasciò sfitti molti degli immobili dell’ingegnere. In diversi punti di ingresso della città si possono notare complessi costruiti o di proprietà dei Ligresti, diversi ben riusciti altri sfitti da tempo.
Business non solo a Milano. A Padova il costruttore Ligresti aveva conquistato la società quotata Grassetto, proprietaria di autostrade come la Milano-Torino, immobiliarista e finanziere. Il gruppo venne messo sotto accusa anche dall’allora pm a Trieste Ivano Nelson Salvarani. La scelta dei materiali usati per costruire la tangenziale della cità giuliana – secondo le denunce dei cittadini – era scadente. A Firenze l’area Castello diventa oggetto di attività della magistratura. Tante inchieste, diverse assoluzioni e alcune condanne. Coinvolto nella bufera di Tangentopoli. Per poi rinascere. Costruendo pezzi di città (zone ex Garibaldi, Fiera Milano, palazzi pubblici e privati) con i migliori architetti, progetti e aggiustamenti che sono passati con poche opposizioni. Solo pochi anni fa ha tentato di dare ancora una volta un nuovo volto alla città, con il progetto Porta Nuova Varesine e con Citylife, oggi nelle mani di Generali e Allianz, ma all’inizio creatura anche della sua Fondiaria Sai. Aprì il cantiere con l’allora sindaco Letizia Moratti e si impegnò a cambiare quello che era il simbolo del progetto, la torre storta di Daniel Liebeskind: «Cercheremo di raddrizzarla un po’», disse.
Miliardi di metri cubi di cemento riversati sulla città che l’Ingegnere ha realizzato alleandosi anche con altri costruttori, magari gli stessi che aveva combattuto negli anni precedenti. Quasi indifferente ai cambi di scenario politico (ma in verità capoluogo e regione Lombardia sono state governate in questi decenni prevalentemente dal centrodestra nelle diverse sfumature) la famiglia Ligresti, complice il fratello Antonino che ha lavorato nella sanità (due ospedali, il Galeazzi e la Città di Milano erano suoi) ha retto bene con la presenza di Enrico Cuccia alla guida di Mediobanca e negli anni immediatamente successivi. È in quegli anni che diventa Mister 5% e che, acquistando piccole partecipazioni nelle società chiave del salotto buono (da Pirelli fino alla Hdp, oggi Rcs) consolida la sua ragnatela di legami nella città di Milano, diventando quasi una figura imprescindibile. Poi un declino che ha ridotto l’influenza del gruppo.