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 2013  luglio 18 Giovedì calendario

QUEI CONTI TRUCCATI PER INTERESSI PERSONALI

«Presupposto del reato di falso sono i forti interessi della famiglia Ligresti ad ottenere ingentissimi guadagni da operazioni immobiliari concluse con società del Gruppo Fondiaria Sai». È scritto a pagina 90 dell’ordinanza di applicazione delle misure cautelari per l’intera famiglia Ligresti e per i tre ex manager FonSai, Fausto Marchionni, Antonio Talarico ed Emanuele Erbetta. Per i giudici, dunque, il buco nelle riserve è frutto anche del processo di spoliazione perpetrato ai danni delle compagnia dai Ligresti, grazie al supporto di manager fedelissimi. Un processo a suo tempo attestato fin nel dettaglio dal commissario ad acta, Matteo Caratozzolo, che si spinse a dire che quel vortice di operazioni con parti correlate ha generato in capo al gruppo assicurativo «un danno ingentissimo», per centinaia di milioni di euro. Un danno che ora i giudici provano a stimare in almeno 208 milioni di euro. Denari andati a beneficio diretto dei Ligresti e soldi ai quali la famiglia non era disposta a rinunciare. Di qui, secondo i giudici, la decisione di "insabbiare" il buco nella riserve. Se fosse emerso, sarebbe stato necessario un aumento di capitale che avrebbe fatto perdere all’ingegnere il controllo della galassia. E questo, è scritto nell’ordinanza, avrebbe impedito di continuare «ad avere fin da subito un’acquirente per ciascun progetto immobiliare, senza problemi di mercato, disponibile al pagamento di un prezzo superiore ai valori effettivi e a condizioni contrattuali di favore, senza dover oltretutto affrontare il rischio di inadempimento della controparte». D’altra parte la famiglia e le sue società hanno rappresentato per almeno otto anni (ossia dal 2003 al 2011) l’unico interlocutore del gruppo FonSai nel settore degli investimenti immobiliari. Ma qual era il meccanismo? Veniva sistematicamente impiegato il contratto di acquisto di cosa futura. In pratica le ex holding dell’Ingegnere, Imco e Sinergia, compravano terreni di proprietà delle compagnie assicurative e queste ultime si impegnavano a ricomprare, sempre dai Ligresti, gli immobili che la famiglia costruiva. Ovviamente il prezzo veniva fissato in anticipo, pagato in parte alla firma del contratto e normalmente lievitava in corso d’opera. Tra l’altro, spesso FonSai e Milano finanziavano pure la realizzazione del progetto. Di fatto, come scrive anche Caratozzolo nella sua relazione, in tutte le operazioni immobiliari Fondiaria «è stata sottomessa alla volontà dei Ligresti pagando più del dovuto e spesso non ottenendo nemmeno la realizzazione dell’investimento».
Gli esempi, in otto anni di intesa attività in operazioni in conflitto d’interesse, si sprecano. Alcune, più di altre, meritano però di essere citate perché possa essere intesa la portata dell’evento. Tra tutti, la più eclatante è sicuramente quella riconducibile all’acquisto da parte di FonSai del controllo di Atahotels avvenuto nel 2009. A partire dal 2002 la famiglia ha acquistato numerosi immobili ad uso alberghiero che venivano poi dati sistematicamente in locazione ad Atahotels a prezzi decisamente elevati. Il canone era la base per determinare il prezzo della successiva cessione dell’immobile alla compagnia assicurativa. Su quell’affitto, poi, Atahotels riusciva sempre a spuntare uno sconto. In aggiunta, nel 2009, i Ligresti vendono Atahotels alla FonSai a un prezzo di 25 milioni di euro. Cifra assai rotonda tanto più che nei mesi successivi la compagnia si ritrova a dover fare aumenti di capitale per 83 milioni per ripianare la mole di perdite della catena alberghiera: 52 milioni solo nel bilancio 2010. Solo quest’operazione, dunque, ha un conto complessivo di 100 milioni. E, tra l’altro, secondo le conclusioni di Caratozzolo «in un’ottica ex ante il prezzo di acquisto della partecipazione di Atahotels, doveva essere quantificato in poco meno di 17 milioni di euro, con conseguente sopravvalutazione di circa 8 milioni».
Tolto il caso specifico, più in generale, in tutte le operazioni immobiliari, secondo quanto ricostruito da giudici e commissario ad acta, il gruppo Fonsai ha dovuto sopportare «costi ingiustificati, errati investimenti, il tutto sempre a solo vantaggio delle controparti correlate». Nel mirino ci sono soprattutto le operazioni Area Garibaldi, Fiorentini, De Castillia, Bruzzano e Pieve Emanuele. Un’opera di spoglio che è proseguita anche con i contratti di maxi consulenza pagati all’Ingegnere. Oltre 42,2 milioni versati in otto anni. Denari che Salvatore Ligresti ha percepito per aver venduto al gruppo FonSai immobili di sua proprietà.