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 2013  luglio 18 Giovedì calendario

Mafia, assolto il generale Mori: «Non favorì Provenzano»

• I tre giudici della quarta sezione del tribunale di Palermo, dopo cinque anni di processo e sette ore e mezza di camera di consiglio, hanno assolto, «perché il fatto non costituisce reato», l’ex comandante del Ros Mario -mori e il colonnello Mauro Obinu, dall’ipotesi di favoreggiamento aggravato nei confronti di Provenzano. Il processo concluso ieri è in gran parte gemello e parallelo dell’altro dibattimento, appena cominciato in corte d’assise e rinviato a settembre: quello sulla trattativa Stato-mafia. Spiega Anello sulla Sta: «Mori e Obinu sono dunque estranei alla mancata cattura di Provenzano, che – secondo l’accusa – sarebbe potuta avvenire il 31 ottobre 1995, a Mezzojuso, dieci anni e mezzo prima dell’arresto vero, che risale all’11 aprile 2006. “Binu” sarebbe stato lasciato libero a bella posta, per premiarlo della cattura, da lui consentita, di Totò Riina, e per gli accordi inconfessabili stipulati con lo Stato nella stagione delle stragi del ’92-’93. Queste tesi, sostenute dai pm Nino Di Matteo e Antonio Ingroia (fino alla sua breve esperienza in Guatemala, alla parentesi politica e valdostana) erano supportate innanzitutto da Riccio, colonnello che fu in servizio al Ros e che ha avuto una condanna per la spregiudicatezza di alcune sue inchieste antidroga, a Genova. Riccio aveva detto di avere appreso da un confidente, Luigi Ilardo, che l’inafferrabile Provenzano sarebbe stato a un summit di mafia proprio a Mezzojuso. Di fronte a quella prospettiva Mori e Obinu non sarebbero voluti intervenire, con scuse risibili. È tutto vero, quel che racconta Riccio, era così semplice, quattro e quattr’otto, acciuffare un latitante che già allora era in fuga da 32 anni? Il tribunale mostra di non credere al teste. E riconosce probabilmente a Mori e Obinu, con la formula “il fatto non costituisce reato”, di avere legittimamente ritenuto di non potere farcela. Oppure di avere evitato l’intervento per non rischiare l’incolumità della fonte, cioè di Ilardo».

• Commenta Bianconi sul Cds: «C’è un bel pezzo del processo sulla presunta trattativa fra lo Stato e la mafia che rischia di vacillare, dietro l’assoluzione dell’ex investigatore di punta dell’Arma dei carabinieri Mario Mori. La sentenza di ieri non riconosce solo l’innocenza del generale, è anche un colpo vibrato all’impianto dell’altro dibattimento appena avviato. L’ex pm Ingroia sostiene, forse con un eccesso di sintesi, che con la sentenza di ieri “la trattativa Stato-mafia non c’entra nulla”, ma intanto due testimoni inseriti nella lista stilata dalla Procura per l’altro processo – l’ex carabiniere Michele Riccio e Massimo Ciancimino – sono indicati dal tribunale come ipotetici responsabili di reati, in ogni caso poco o per nulla attendibili. I pubblici ministeri si mostrano colpiti ma non abbattuti, restano convinti della bontà della loro ricostruzione e promettono di andare avanti senza tentennamenti. Perché non ci sono solo Riccio e Ciancimino, o la mancata cattura di Provenzano, ma per esempio, la revoca di oltre trecento decreti di carcere duro per altrettanti detenuti per fatti di mafia, nell’autunno del ’93. Su quel passaggio anche Mori, nella sua autodifesa, ha fatto capire di credere che qualche trattativa ci fu. Ma non da parte sua. Chissà che ne diranno i giudici che l’hanno assolto, in attesa dell’altra sentenza».