VARIE 18/7/2013, 18 luglio 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - IL PD SALVA ALFANO E RENZI SI DISPERA
ROMA - Il Pd non sfiducerà Angelino Alfano. L’assemblea dei senatori riuniti a Palazzo Madama ha votato: ottanta voti a favore della proposta del segretario Guglielmo Epifani, sette astenuti, mentre il gruppo dei tredici renziani si è diviso. Una parte di loro non ha votato. "Domani voteremo no alla richiesta di sfiducia", ha poi annunciato Epifani. "Nel gruppo del Pd, c’è stata una discussione seria, sono molto soddisfatto - ha poi aggiunto - per l’andamento dei lavori e della discussione. Mi pare che il gruppo, praticamente all’unanimità con sette astenuti, ha condiviso l’idea per la quale il governo deve andare avanti". Nello stesso tempo, "per chiarezza verso il paese si ritiene che la vicenda, su cui ci sono molte nebbie e che riguarda anche la riorganizzazione della macchina della sicurezza italiana debba essere un tema sul quale debbano essere risolti i problemi dimostrati". Epifani ha rilevato che si tratta di una "vicenda grave", che ha inciso sulla credibilità internazionale dell’italia e ha mostrato che "il nostro sistema ha troppe falle" visto che è stato "consentito ad una ambasciata di muoversi come voleva". Inoltre sono stati "colpiti i diritti di due persone".
Al segretario del Pd è stato ricordato il suo intervento a Repubblica.it, in cui ha affermato che "Alfano se sapeva doveva dimettersi" e l’intervista in cui l’ex capo di gabinetto Procaccini sostiene di aver informato il ministro. "Il problema è cosa sapeva", ha replicato Epifani.
Così dopo giorni di tensioni nel partito la segreteria ha lavorato per ricucire gli strappi che dall’inizio del caso Shalabayeva hanno contrapposto le diverse anime dei Democratici e minacciato la tenuta del governo Letta. Un richiamo alla compattezza era stato lanciato già durante la riunione del gruppo da Dario Franceschini: "Dentro questo governo si sta in squadra, è spiacevole vedere che c’è chi ci mette la faccia e chi dice ’io farei cosi perché c’è chi si sta sporcando le mani’. La faccia - ha ribadito - ce la dobbiamo mettere o tutti o nessuno, come si fa a non vedere che è un atto puramente politico?". La decisione di non votare la sfiducia è stata poi messa ai voti: "Non sono ammessi voti di coscienza si tratta di voto politico" aveva ripetuto lo stesso Franceschini.
Tanto che Pippo Civati sul suo blog ha attaccato lo stesso Franceschini: "Ha detto che chi non voterà a favore di Alfano deve andarsene dal Pd. Forse su un volo privato, con direzione Astana. Chissà. Sapevatelo. Se alla Camera si votasse, mi espellerebbero, dunque".
A queste accuse Franceschini ha replicato seccato: "Adesso sono stanco di falsità e discredito interessato. Alla riunione dei senatori Civati non c’era e mi accusa di avere minacciato espulsioni. Cosa falsa che non ho detto né pensato. Mi aspetto rettifica e scuse immediate da Civati".
Insomma nel Pd la tensione resta. In questo quadro l’intervento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, l’ammonimento ai partiti sulle responsabilità circa un’eventuale crisi dell’esecutivo e la necessità che il governo Letta " vada avanti", rispettando gli impegni presi all’inizio della legislatura, ha avuto peso.
Non hanno avuto dunque seguito i programmi anticipati in mattinata dai renziani: "Al momento i 13 senatori renziani chiederanno che il gruppo decida di votare la sfiducia al ministro - aveva dichiarato Roberto Giachetti, vicepresidente (Pd) della Camera - la vicenda kazaka non può essere ricondotta tutta alla presenza di posizioni diverse dentro il Pd. Il tema è: Alfano, quando ieri è venuto alla Camera, ha detto la verità o meno?" ha aggiunto. "Renzi viene massacrato ma ha semplicemente detto la stessa cosa di Cuperlo, Finocchiaro, Bindi e di alcuni esponenti di Lista Civica", aveva poi precisato "Il tema se sia necessario che un ministro si assuma la propria responsabilità e si dimetta, se non ha detto la verità in Parlamento, riguarda tutti. Non è che se uno solleva il problema è perché deve ammazzare il Governo".
La segreteria dei Democratici però aveva già reso noto di non votare la mozione. La linea dissenziente espressa soprattutto dai renziani era comunque andata avanti. Il senatore renziano Andrea Marcucci, aveva chiesto che il Pd non votasse la mozione di sfiducia di Sel e M5S ma ne presentasse una propria per sfiduciare il ministro. In alternativa, "se non ce la facessimo politicamente" - aveva detto - la richiesta è quella di presentare almeno una mozione che "censuri" il comportamento di Alfano.
Il Pdl intanto dal canto suo aveva serrato le fila: tutti uniti a difesa di Angelino Alfano - hanno detto - nessuna spaccatura nel Pdl, niente "fuoco amico" a colpire il ministro dell’Interno e vicepremier che molti, comunque, nella maggioranza di governo - non solo tra le opposizioni - vorrebbero dimissionario. Come al solito Silvio Berlusconi serra le fila, stringe il cerchio e non lascia spazio a chi nel suo partito vorrebbe tentare l’affondo sul segretario. Come al solito, ancora una volta decide lui, e se lui ha deciso che Alfano dovrà restare (o meno) al suo posto, se ha deciso per il momento di difenderlo in una fase così delicata per la tenuta del partito, nessun vocio deve divergere dal coro. Perciò Palazzo Grazioli in mattinata diffonde una nota in cui si ribadisce che nel Pdl sono "compatti nel sostegno al ministro Alfano". Poi Berlusconi precisa: "Non mi si coinvolga nella vicenda Shalabayeva".
NAPOLITANO (REPUBBLICA.IT)
ROMA - Un monito secco. Il governo Letta deve "andare avanti". Se viene messa "a repentaglio la continuità di questo governo i contraccolpi a nostro danno, nelle relazioni internazionali e nei mercati finanziari, si vedrebbero subito e potrebbero risultare irrecuperabili". Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano stigmatizza duramente le fibrillazioni che in questi giorni attraversano la maggioranza parlamentare e l’esecutivo dopo il caso Shalabayeva. E non lascia margini a polemiche e strascichi politici che, secondo il Presidente, potrebbero mettere in crisi il governo e compromettere la stabilità e la ripresa del Paese. Nel corso della cerimonia del Ventaglio, in programma oggi al Quirinale, il Capo dello Stato ha dunque ricordato che "il periodo è inquieto con rischi di paralisi", e quello che "deve anche oggi avere il primo posto nella nostra attenzione collettiva", per le istituzioni e per i partiti, "è la criticità delle condizioni economiche e sociali del nostro Paese". Napolitano ritiene "indispensabile nell’interesse generale proseguire nella realizzazione degli impegni del governo", sottolineando l’importanza del "cronoprogramma di 18 mesi già partito in Parlamento". Napolitano evidenzia, inoltre, che "è stato lo stesso presidente Letta ad affermare che egli certo non intende governare ’ad ogni costo’, cioè anche a costo di subire freni e interferenze che blocchino la produttività degli sforzi dell’esecutivo". Si tratta, osserva, di "un’affermazione" nella quale "dobbiamo vedere una garanzia importante per tutti".
Monito ai partiti di maggioranza. Perciò, ha proseguito Napolitano, "non ci si avventuri a creare vuoti, a staccare spine, per il rifiuto di prendere atto di ciò che la realtà politica ha reso obbligato e sottovalutando le conseguenze che ciò avrebbe sul Paese". E ha invitato "coloro che lavorano su ipotesi fumose e arbitrarie a non contare su decisioni che spetterebbero al presidente della Repubblica".
Un messaggio chiarissimo a Pd e Pdl. A coloro, tra questi, che non escluderebbero l’ipotesi e l’opportunità di una crisi di governo. E soprattutto, sembra, a quella parte dei Democratici che nelle ultime ore ha ventilato l’idea di appoggiare la mozione di sfiducia al ministro Alfano, in programma venerdì al Senato, presentata da Sel e M5S.
Napolitano ha poi definito "una storia inaudita" la vicenda Shalabayeva e la "precipitosa espulsione dall’Italia della madre Kazaka e della sua bambina, sulla base di una reticente e distorsiva rappresentazione del caso e di pressioni e interferenze", ma sottolinea che "il governo ha opportunamente deciso" di sanzionare i comportamenti di alcuni funzionari che "hanno assunto decisioni non sottoposte al necessario vaglio dell’autorità politica e non fondate su verifiche e valutazioni rigorose", notando inoltre come "anche (ma non solo) per dei ministri è assai delicato e azzardato evocare responsabilità ’oggettive’ ". Ed ha aggiunto: "Norme di condotta e catene burocratiche hanno messo in serie difficoltà l’esecutivo è giusto intervenire con una riforma".
No a sovrapposizioni con vicende giudiziarie. Insomma il Capo dello Stato, pur riconoscendo la gravità del caso e le conseguenze che esso sta avendo sulla situazione politica fa ben intendere: non pensate che una crisi di governo possa essere la soluzione. E a questo proposito anticipa anche un’altra questione: "Si sgombri il terreno da sovrapposizioni improprie, come quella tra le vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi e le prospettive dell’attuale governo", come a dire qualunque sia l’esito della sentenza della Cassazione prevista per il prossimo 30 luglio" il governo deve andare avanti. Ci sono i mercati finanziari da rassicurare, perché "la situazione dell’italia potrebbe peggiorare anche bruscamente di fronte a una nuova destabilizzazione del quadro politico italiano", ribadisce. Ci sono riforme da fare, e c’è in Europa un banco di prova imminente. "Il semestre italiano di presidenza europea, nella seconda metà del 2014, è occasione cruciale e banco di prova per il rilancio dell’Europa e per il ruolo di uno Stato fondatore come il nostro" ricorda Napolitano.
Per tutto questo si deve proseguire "con maggiore e non con minore coesione". Se le larghe intese sono motivo di insofferenza per i partiti, se ne facciano una ragione, sopportino, abbozzino, almeno fino a "cronoprogramma" stabilito. Del resto Napolitano era stato chiaro accettando il suo secondo incarico. Aveva richiesto precise assunzioni di responsabilità. E altrettanti tempi e programmi precisi.
Richiamo ad abbassare i toni. L’appello è ad "abbassare i toni e abbandonare posizioni urlate". Un appello esteso a tutte le forze parlamentari: "Siamo dinnanzi a minacce e pratiche di violenza (non occorre che ricordi episodi recenti) e dinnanzi all’ingiuria indecente e aggressiva, specie se a sfondo razzista o maschilista e ancora più se pronunciata da chi dovrebbe unire alla dignità personale quella istituzionale. Ebbene, rispetto a ciò è tempo di levare un argine comune", ha detto presidente della Repubblica riferendosi agli insulti rivolti dal senatore leghista Roberto Calderoli al ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge. E ha richiamato, in tal senso, anche la stampa parlamentare presente alla cerimonia, invitandola "alla responsabilità del momento perché la componente della sollecitazione e dell’amplificazione mediatica influenza molto le parole e i comportamenti dei politici".
E parlando alla stampa il Presidente ha espresso "viva solidarietà alla famiglia di Domenico Quirico che da 100 giorni attendiamo di riavere tra noi - ha detto - l’espressione di un vivissimo augurio ma anche di una ferma fiducia".
Le reazioni. Le prime reazioni all’intervento di Napolitano sembrano convergere sulla necessità di accogliere l’appello del presidente alla coesione e alla responsabilità. "Affidarsi con rispetto alle Cassazione, senza pressioni né in un senso nè nell’altro. Attenersi a questa fondamentale indicazione del presidente Napolitano è dovere della politica, senza se e senza ma e distinzioni di sorta, senza strumentalizzazioni inaccettabili delle vicende giudiziarie come purtroppo è stato fatto ripetutamente da esponenti politici", ha commentato il deputato Pd Ettore Rosato riferendosi in particolare alle ’sovrapposizioni’ tra i processi di Silvio Berlusconi e le vicende politiche. Mentre il capogruppo del Pdl alla Camera, Renato Brunetta dichiara di condividere "pienamente le parole del presidente della Repubblica L’Italia ha fortemente bisogno di stabilità e di un governo coeso nella sua azione riformatrice. In un momento storico particolarmente difficile come quello che stiamo vivendo, con una crisi economica e sociale senza precedenti - osserva Brunetta - questa grande coalizione deve mettere in campo tutte le energie disponibili per far cambiare rotta all’intero Paese".
Ci sono però commenti decisamente critici, come quello del deputato democratico Pippo Civati: "Finalmente è arrivata la prima riforma del governo Letta, il presidenzialismo, dobbiamo riconoscere di avere, oltre ad un presidente del Consiglio legittimamente votato dal Parlamento, un presidente della Repubblica che interviene nelle scelte quotidiane e settimanali ormai di questo esecutivo. Lo fa con tutta l’autorità che gli è riconosciuta - continua - ma, forse, precludendo la possibilità al Pd e al Pdl di avere una dialettica democratica compiuta, perché se Alfano si dovesse dimettere farebbe semplicemente bene a se stesso e al governo Letta, non al congresso del Pd, come ha detto oggi Brunetta nel solito sproloquio".
LE SCELTE DI DAGOSPIA
GIAN ANTONIO STELLA
È arrivato mezzogiorno, e taceva. Si sono fatte le tre, e taceva. È trascorso il meriggio, e taceva. Al calar della sera galleggiava nell’aere un’inquietudine leggera: perché non parla? Erano mesi, infatti, che non faceva mancare la sua parola per un’intera, lunghissima, interminabile giornata. Alle 19.43, giusto per i Tg, Matteo Renzi ha finalmente rotto il silenzio. Ed è venuto giù, come sempre, il diluvio.
MATTEO RENZI FOTO DA CHIMATTEO RENZI FOTO DA CHI
Sia chiaro, le cose che ha detto sono serissime. Di più, condivisibili: «Io sto con le forze dell’ordine. Perché scaricare su servitori dello Stato tutte le responsabilità senza che venga mai fuori un responsabile politico è indegno per la politica. E per l’Italia». C’è chi dirà, a destra, che non è andata così e che Alfano è stato davvero menato per il naso dai funzionari e che anche questa sortita dell’astro fiorentino fa parte della lunga campagna elettorale che ha nel mirino come obiettivo immediato Enrico Letta.
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Sia chiaro anche che, con tanti compagni di partito che da anni gli ripetono «sta’ zitto, lascia parlare i grandi» con l’aria dei vecchi barbieri che mettevano in riga i «ragazzi spazzola», il sindaco di Firenze ha ottime ragioni per non tacere. Le premure esercitate su di lui perché se ne stesse «bono bonino» ad aspettare il suo turno (domani, posdomani o forse nel 2036 quando in fondo avrà solo l’età di Bersani...) sono state talmente tante che solo la Beata Teresa Manganiello, che fece il voto del silenzio perpetuo, avrebbe potuto tacere. Detto questo, per amor di Dio, salvate Renzi da Renzi.
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Proprio chi pensa che non sia per niente leggerino e che dietro l’aria sbarazzina si regga su una spina dorsale d’acciaio (quell’ambientino che è il partito buro-geronto-democratico si sarebbe ingoiato qualunque altro «ragazzino» quarantenne avesse osato affacciarsi) si chiede infatti: ma non parlerà un po’ troppo? Insomma, a forza di esibirsi non solo su battaglie giuste ma su un ventaglio incontenibile di varia umanità, non finirà per passare, per dirla coi vecchi fiorentini, per un «cianciatore»? Col rischio di disperdere in una alluvione di dichiarazioni misto fritto il patrimonio di simpatia, fiducia, credibilità accumulato?
MATTEO RENZI FOTO DA CHIMATTEO RENZI FOTO DA CHI
Per dare un’idea: nell’ultimo anno, stando alla banca dati della Camera, ha dato 60 interviste. Una ogni sei giorni. Senza contare quelle ai giornali, alle televisioni e alle radio locali. Un record difficile da battere. La sola Ansa nel solo ultimo anno ha lanciato, con Renzi nel titolo, 4357 notizie. Molte di più di quelle dedicate a Giorgio Napolitano (4294) e perfino a papa Francesco, che pure rappresenta una «novità» addirittura più grande e vistosa che non l’irruzione del sindaco. Certo, molto spesso Renzi non è il soggetto ma l’oggetto di parole altrui. E c’è chi lo ama e chi lo disprezza, chi lo attacca e chi lo difende... Il più delle volte, però, è lui che accusa, esulta, ammonisce, vezzeggia, invita, denuncia, ipotizza, ammicca, esorta, s’indigna...
Matteo Renzi e famigliaMatteo Renzi e famiglia
Un mucchio di volte ha il merito di dire cose che vanno prese sul serio. Sulla necessità di svecchiare (anche se pare avere accantonato il verbo «rottamare») la classe dirigente del Paese, di dare più spazio alle donne, di procedere a riforme radicali perché sono decenni che andiamo avanti coi piccoli passi finendo per restare fermi, di cambiare subito al Senato, di abolire le Province, di puntare sulla ricerca e così via... Tutti temi sui quali ha spesso ragione da vendere e ha spalancato varchi importanti per parlare a un elettorato col quale la sinistra non era mai riuscita ad aprire un dialogo. E di questo, piaccia o no a chi fa le battutine («Renzi è la cosa più di destra nata a sinistra») gli va reso merito.
matteo renzimatteo renzi
È un uomo che divide? Sicuro. Basti leggere quanto dice in tema di lavoro: «Per me è più di sinistra pensare a chi non ha lavoro che discutere delle tutele più o meno corrette per chi invece il lavoro ce l’ha. So che non è la linea della Cgil e che parte del gruppo dirigente della Cgil mi detesta. Ma la penso così». Ha ragione? Ha torto? Opinioni libere: ma ha il merito d’essere chiaro. E Dio sa quanto ne abbiamo bisogno. In parallelo a questi quotidiani affondi su tutti i temi centrali, però, il giovane leader nascente si è esibito in una lista infinita di show.
RENZI MATTEORENZI MATTEO
Ed ecco uscire biografie in cui il parroco don Giovanni Sassolini narra che il giovinetto seguì «con entusiasmo tutto il percorso da lupetto a capo» negli scout amati in famiglia e che «a una riunione dei capi del Valdarno rottamò in pubblico le idee del babbo Tiziano» e che l’amico Paolo Nannoni ricorda come «imparò a leggere il giornale a cinque anni» e che quando cominciò la primina «sapeva già leggere e scrivere e tenere di conto» e che il babbo «due volte l’anno con la moglie va a far visita alla Madonna di Medjugorje» e che lui stesso, Matteo, rammenta «che la mamma lo ha incantato raccontandogli la vita di Bob Kennedy».
Matteo RenziMatteo Renzi
Ed eccolo ancora in un servizio su Chi, calzoncini e petto nudo, mentre corre su un campetto con moglie e figli, subito sbeffeggiato da Dagospia insieme con il direttore del settimanale Alfonso Signorini: «Alfonsina la pazza dedica quattro pagine a Matteuccio che gioca a calcio, panzetta all’aria (...) Uno spottone al lato family del prossimo leader di Pd e Pdl...».
Matteo RenziMatteo Renzi
Per non dire di una leggendaria copertina su Oggi dove abbracciava le nonne Maria e Anna Maria col titolo: «Rottamerò quei politici (non le mie nonne)». È la nuova politica, baby... L’importante è esserci. Sempre. Sempre. Sempre. Marcando il proprio distacco, il giorno del delirio sulla bocciatura di Franco Marini al Quirinale, con il tweet: «Tutti in Piazza Dalmazia a inaugurare il nuovo fontanello!». Esultando per l’arrivo alla Fiorentina di Gomez: «Straordinario. Ho mandato un messaggino a Pep Guardiola per dirgli grazie».
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Dichiarando guerra ai graffitari: «basta scrivere sui muri». Augurando a Enrico Letta di durare ma punzecchiandolo tutti i sacrosanti giorni. Chiedendo al governo di trasformare le caserme in condomini per giovani coppie. Censurando i giudici Usa: «Da amico dell’America mi vergogno della sentenza Zimmerman». Una pioggia di Ansa con lui nel titolo lunedì, uno scroscio martedì, un diluvio ieri... Quando, dopo avere buttato quel petardo tutto politico nel mezzo dell’affare kazako, ha dettato una dichiarazione per le pagine sportive: «Sono molto intrigato dal tipo di gioco che mister Montella riuscirà a mettere in campo...». Ah, ecco cosa mancava...
GOFFREDO DE MARCHIS SU REPUBBLICA
Goffredo De Marchis per "la Repubblica"
Giorgio Napolitano e Enrico LettaGiorgio Napolitano e Enrico Letta
Due telefonate hanno evitato per il momento l’esplosione del Pd e del governo di larghe intese. Letta ha chiamato Renzi da Londra e il loro è stato un dialogo di fuoco. Giorgio Napolitano invece ha spiegato a Guglielmo Epifani le conseguenze di un irrigidimento del Pd. Ma per una volta, a Largo del Nazareno, sono tutti d’accordo con il parallelo del sindaco di Firenze: «È come la storia di Ruby nipote di Mubarak. Al Parlamento è stata raccontata una gigantesca bugia».
Così al leader democratico la segreteria ha dato il mandato, condiviso da tutte le correnti, di usare le prossime 24 ore prima del voto sulla mozione di sfiducia contro Angelino Alfano per convincere Letta a far dimettere il ministro dell’Interno. «C’è ancora tempo per rimediare all’assurda espulsione di Alma Shalabayeva».
ALFANO ENRICO LETTAALFANO ENRICO LETTA
Naturalmente, non succederà niente di tutto questo. Perché il premier «ci ha messo il petto», come dice il capogruppo alla Camera Roberto Speranza: «A questo punto dovremmo chiedere le dimissioni di Enrico, non solo quelle del segretario del Pdl». E perché Napolitano ha aperto lo scudo stellare per proteggere l’esecutivo.
«Non possiamo toccare nemmeno una casella», ha spiegato a Epifani. Come dire: datevi una bella calmata. Oggi la posizione del capo dello Stato sarà ancora più chiara quando parlerà alla stampa durante la Cerimonia del Ventaglio, tradizionale appuntamento di saluti con i giornalisti prima dell’estate. «Sarebbe giusto che Alfano lasciasse. Ma non può farlo perché il governo deve rimanere in piedi», è stato il riassunto della giornata fatto da Epifani in una riunione di segreteria che ha messo a nudo l’impazzimento del Pd.
Primum vivere deinde philosophari, diceva Bettino Craxi citando i classici. «Ma è vero il contrario: il governo diventerà un morto che cammina proprio se Alfano non si dimette », ribatte Anna Finocchiaro. Non è la sola a pensarla in questo modo.
berlusconi e alfanoberlusconi e alfano
Il chiarimento telefonico da Londra tra Letta e Renzi è stato molto movimentato. «Mentre io sto qui a predicare la stabilità per avere qualche investimento straniero, i tuoi sparano a zero sul governo. Siete degli irresponsabili, lo capisci? Non potete giocare con la pelle del Paese». Renzi ha risposto per le rime sostenendo che il ministro è indifendibile, che il governo rischia se perde di credibilità, che il centralismo democratico è un’eredità del passato e non deve avere cittadinanza nel Pd.
Il dissenso renziano è lentamente rientrato. Ma il sindaco ieri ha segnato un punto a suo favore nella battaglia interna. Adesso la resistenza di Alfano mette tutto il Partito democratico in uno stato d’animo negativo verso il governo delle larghe intese. Aumenta l’insofferenza nel popolo democratico e nel gruppo dirigente.
«Io sono il candidato di sinistra e mi faccio scavalcare da Renzi nella vicenda kazaka? Ma che siamo diventati matti?». Lo sfogo di Gianni Cuperlo spiega molto. «Io chiedo le dimissioni di Alfano. Devo farlo». «La nostra gente vuole le dimissioni, Enrico - ha insistito Epifani in una delle molte telefonate con il premier -. Se non facciamo una mossa, lasciamo il campo aperto a Renzi. Dobbiamo tenere una linea che sia comprensibile dai nostri».
Letta è stato obbligato a reagire: non bastava più la relazione del capo della Polizia Alessandro Pansa, non era sufficiente la strada della massima trasparenza. Ci voleva un’assunzione di responsabilità in prima persona. «Al Senato parlo io. Se volete colpire Alfano, dovete colpire anche me», ha fatto sapere a Roma. Parole che hanno fatto rientrare la rivolta di Renzi e convinto Epifani a frenare la fronda del partito. Ma la partita non è finita.
Ora il Pd ha davvero paura di morire di «realismo». O peggio, di «ragion di Stato». Con il non detto di una paura ancora maggiore: consegnare il partito al sindaco di Firenze sulle macerie dell’alleanza con Berlusconi. Senza alcuna possibilità di difesa. Per questo, la lotta interna si alimenta del caso Shalabayeva. Lo scontro in segreteria ha avuto momenti molto tesi. Il bersaniano Davide Zoggia ha puntato il dito contro il renziano Luca Lotti: «Tu non sai nemmeno cos’è il centralismo democratico».
Renzi epifaniRenzi epifani
«E tu non sai cos’è la democrazia, mi pare più grave», è stata la replica. Il grande terrore degli anti-Renzi è finire schiacciati sulla Grande coalizione, non aver alcun margine di manovra nel percorso congressuale. «O stiamo tutti dalla parte del governo o non ci sta nessuno», spiega Alfredo D’Attorre, bersaniano. «Basta con gli smarcamenti continui dei renziani. Bisogna convocare subito una direzione e mettere le carte in tavola».
È un grido di dolore che colpisce solo in parte il sindaco. Alla fine può mettere in difficoltà il governo Letta, tanto più se Alfano resiste al Viminale. Le larghe intese rappresentano ormai una zavorra per tutte le correnti del Pd. Il chiarimento perciò può diventare un boomerang per i "governisti". E troppi momenti di confronto sono esplosivi. Lo è già oggi l’assemblea dei senatori alla vigilia del voto sulla mozione. Figuriamoci la direzione. Che è un antipasto del congresso e può trasformarsi in una resa dei conti sul governo.
PRONTO A LASCIARE
LAURA CESARETTI SUL GIORNALE
2 - RENZI CHOC: PRONTO A LASCIARE IL PD
Laura Cesaretti per Il Giornale
Nel Pd sembra ormai esplosa la guerra nucleare. E Matteo Renzi è a un passo dall’addio a quel che ne resta, tentato «di mandare tutti a quel paese e andarmene in vacanza», abbandonando al suo destino un partito la cui classe dirigente «preferisce perdere di nuovo le elezioni pur di mantenere la poltrona».
MATTEO RENZIMATTEO RENZI
Tuona: «Mi vergogno per il Pd, se sceglie la vicenda kazaka per regolare i conti tra le sue correnti». Il sindaco di Firenze è «allibito» per il tiro al piccione in corso nel corpaccione democrat contro di lui, accusato di voler far saltare il governo Letta («E perché, visto che comunque non si andrebbe al voto?», dice lui). Che poi lo facciano «strumentalizzando una vicenda di cui come italiano mi vergogno, in cui una bambina di sei anni è stata prelevata da quaranta agenti, messa su un aereo e adesso vive con la mamma agli arresti domiciliari in un Paese non libero», è a parere di Renzi «inaccettabile».
MATTEO RENZI FOTO LAPRESSEMATTEO RENZI FOTO LAPRESSE
Quanto al governo e al ruolo di Alfano, «scaricare su servitori dello Stato tutte le responsabilità senza che venga mai fuori un responsabile politico è indegno». Toni più duri che mai. È la miccia, il casus belli, è il punto da cui partire per regolare i conti con un partito e una dirigenza che non ama e gli sta stretta.
MATTEO RENZIMATTEO RENZI
Renzi si sente più forte del partito e dell’apparato Pd. O semplicemente non li sopporta più. Lo limitano, lo boicottano e così si apre un varco, prepara i bagagli e punta altrove. «Questi - rivela - hanno talmente terrore di me che stanno cercando di rinviare il congresso e imbrogliare di nuovo sulle regole, blindando le primarie ai soli iscritti».
MATTEO RENZIMATTEO RENZI
Sull’altro versante anche Enrico Letta, dicono i suoi, stavolta ha perso la pazienza con un partito «in cui troppi giocano con l’irresponsabilità». Ieri in serata la segreteria ha comunicato di aver deciso che il Pd non voterà le mozioni di sfiducia ad Alfano. «Il governo deve proseguire l’opera di risanamento», si legge nella nota della segreteria.
MATTEO RENZI CON LA MANO NELL’OCCHIOMATTEO RENZI CON LA MANO NELL’OCCHIO
E comunque oggi Letta metterà sul tavolo tutto il proprio peso. Ricordando che, nel voto di venerdì, non è in gioco il ministro dell’Interno e quel che sapeva o non sapeva del pasticcio kazako, ma appunto il governo intero, premier in testa. Il premier, che da Londra si è tenuto in costante contatto con il segretario del Pd, con il Pdl, con il Quirinale, avverte: «Io stesso sarò in Parlamento venerdì».
E nei conversari privati va oltre: «Se c’è qualcuno che vuole far saltare il tavolo e trascinare il paese alle urne, deve venire allo scoperto e assumersene la responsabilità». E deve sapere che, se anche il governo cadesse, «Enrico continuerà ad esserci, e a quel punto le primarie le organizziamo noi da Palazzo Chigi», come spiega un lettiano di prima linea. Il fronte di chi vede con terrore l’ascesa del sindaco e la fine dello status quo si frega le mani: «Con Letta abbiamo finalmente l’anti-Renzi».
MATTEO RENZI IN BICIMATTEO RENZI IN BICI
Ieri però era il Pd intero in grandissima sofferenza a dover sostenere Alfano, tanto più con i parlamentari renziani apertamente schierati per la sfiducia (anche se pronti a rimettersi alla linea di maggioranza). E così sono usciti allo scoperto (concordandolo con Epifani) prima Cuperlo e poi Anna Finocchiaro a parlare apertamente di dimissioni di Alfano.
MATTEO RENZI FA LO STARTER ALLA FIRENZE MARATHONMATTEO RENZI FA LO STARTER ALLA FIRENZE MARATHON
L’ipotesi di chiedere al Pdl il «sacrificio» del suo segretario per poter continuare a sostenere il governo, mostrando che anche il Pd aveva incassato qualcosa. Un rimpasto rapido, e via. Ma dal Colle l’idea è stata stoppata: Alfano resta, il governo non si tocca.
3. RENZI: "STUFO DEL PARTITO MA NON VOGLIO FAR CADERE QUESTO GOVERNO"
Marco Bardazzi per "la Stampa"
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«Basta, mi sono stancato». Dopo una giornata cominciata male per la lettura dei giornali e proseguita peggio per le accuse di essere alla ricerca di un pretesto per aprire la crisi, Matteo Renzi si siede di fronte al pc a Palazzo Vecchio e si sfoga sulla newsletter personale: «Non voglio far saltare il governo. Se cade Letta non si vota. E se anche si formasse un nuovo governo, non sarei candidabile».
Una presa di posizione divenuta indispensabile per la tensione cresciuta sul giallo kazako. Ma che non esaurisce i motivi di arrabbiatura del sindaco di Firenze. Appena pubblicata la newsletter, rincara la dose al telefono: «Sono stufo di questo fuoco di sbarramento incomprensibile su ogni cosa che faccio. Se non devo partecipare al congresso lo dicano, ma non strumentalizziamo per vicende del Pd una bimba di sei anni che è stata presa dalle forze speciali».
lettaletta
Renzi vorrebbe parlare di Europa e dell’ormai celebre visita alla Merkel. Ma la cronaca politica lo sconforta al punto da annunciare che, dopo la Cancelliera, interromperà il giro esplorativo che aveva avviato con i leader internazionali. «Mi auguro che questo serva a far sì che dentro il Pd qualcuno faccia una riflessione: andare avanti con questo clima di guerriglia permanente è davvero incomprensibile».
enrico letta nuovo premierenrico letta nuovo premier
Sul caso Shalabayeva lei chiede che non paghi solo la polizia e dice di non volere la caduta del governo. Ma cosa deve fare Letta sul caso Alfano: il vicepremier deve lasciare, come chiedono i parlamentari a lei vicini?
«Non faccio una questione Alfano o non Alfano, altrimenti diventa tutto strumentale, non sono alla ricerca di un capro espiatorio. Non si può affrontare la vicenda di una signora e di una bambina di sei anni rimpatriate a forza, dando la colpa alle forze dell’ordine o gestendo il tutto come una gigantesca strumentalizzazione correntizia del Pd verso il congresso, in difesa del proprio capodelegazione. Questa è una questione di libertà».
LETTA-RENZILETTA-RENZI
Cosa chiede a Letta?
«Gli dico: "Vai in aula a dire la tua". Non mi metto a fare il capofila di quelli che vogliono le elezioni o il capofila degli altri. Facciamo un punto di forza di questa vicenda, che ora è un punto di debolezza».
Gianni CuperloGianni Cuperlo
A cosa è dovuta l’arrabbiatura che si respira nella newsletter?
«È vergognoso che per tutto il pomeriggio almeno una trentina di deputati del Pdl, Giovanardi in testa, abbiano fatto dichiarazioni contro di me, e anche una decina del Pd. Fanno di tutto per buttarmi dentro le loro vicende quotidiane, cercano un alibi. Ho una notizia per loro: non sono disponibile a essere il loro alibi. Se sanno governare governino, se non sono capaci non governino, non vedo il problema».
Parliamo della Merkel. Il suo incontro dei giorni scorsi a Berlino è stato un altro motivo di polemica. Come è nato?
«Tutto è partito dall’intervista che mi avete fatto voi de "La Stampa" ad aprile con altri cinque giornali europei, tra cui la tedesca "Süddeutsche Zeitung". Ne è nato un rapporto diretto con lo staff della Cancelliera. Quando il presidente Letta ha incontrato la Merkel, mi ha detto: "Abbiamo parlato anche di te, ha letto l’intervista, alla prima occasione ne parliamo". Mi sono visto poi a cena a casa di Letta, che mi ha incoraggiato a fare incontri internazionali».
Anna FinocchiaroAnna Finocchiaro
Di cosa avete parlato con la Cancelliera?
«In primo luogo, sono andato con un’idea di Europa che non è quella che vedo esprimere qui, dove il massimo che i nostri politici sanno dire è: "Non dobbiamo fare la fine della Grecia". Serve un’idea di Europa in positivo per le prossime generazioni. È possibile oggi immaginare un’Europa che non sia vista come avversario? Possiamo vedere Paesi come la Germania in alcuni casi anche come modello? Per esempio sul tema del lavoro e della formazione professionale, possiamo dire che i tedeschi sono più avanti di noi? È possibile pensare che possiamo copiare da loro qualcosa?» Dice Grillo che lei è andato a baciare l’anello alla Merkel.
Dice Grillo che lei è andato a baciare l’anello alla Merkel
«No, sono andato a parlare delle nostre aziende che nonostante la crisi sono ancora straordinariamente forti e con il potenziale per fare meglio».
merkel renzimerkel renzi
D’Alema però si aspetta che lei abbia parlato alla Merkel anche di altro. "L’importante - ha detto - è che le abbia detto con chiarezza che la sua politica è sbagliata e dannosa". È quello che le ha detto?
«D’Alema ha un ruolo importante nell’internazionale socialista e in questo suo giudizio ha sicuramente un peso il prossimo voto in Germania. Mi chiedo se abbia usato lo stesso tono quando da segretario Pds incontrò Kohl negli anni Novanta: non so se gli abbia detto con chiarezza che la sua politica era sbagliata».
Prossime tappe del tour europeo? Francia e Gran Bretagna?
«No, mi sono stancato, non credo che continuerò questo giro. Sono veramente amareggiato e anche deluso dell’atteggiamento del gruppo dirigente del mio partito, che non perde occasione per aprire una polemica con me. Non capisco, mi fa cadere le braccia un atteggiamento che deriva nel risentimento personale. Sto riflettendo molto. A guardare i giornali dell’ultima settimana, sembra che abbia attentato alla vita del governo almeno quattro volte. C’è un limite a tutto. Mi auguro che nel Pd qualcuno faccia una riflessione».
NAPOLITANO
1 - NAPOLITANO AI PARTITI, AL PRIMO POSTO C’È CRISI
(ANSA) - Quello che "deve anche oggi avere il primo posto nella nostra attenzione collettiva", per le istituzioni e per i partiti, "è la criticità delle condizioni economiche e sociali del nostro Paese". Lo afferma il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel corso della cerimonia del Ventaglio al Quirinale. L’ultimo anno è stato "tra i più intensi e inquieti" della storia repubblicana, ci sono stati "eventi straordinari, momenti di tensione e persino rischi di paralisi nella vita pubblica senza precedenti".
ENRICO LETTA E GIORGIO NAPOLITANOENRICO LETTA E GIORGIO NAPOLITANO
"Il semestre italiano di presidenza europea, nella seconda metà del 2014, è occasione cruciale e banco di prova per il rilancio dell’Europa e per il ruolo di uno Stato fondatore come il nostro".
2 - ABLYAZOV: NAPOLITANO, STORIA INAUDITA
(ANSA) - "Una storia inaudita". Così il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, giudica la vicenda della "precipitosa espulsione dall’Italia della madre Kazaka e della sua bambina, sulla base di una reticente e distorsiva rappresentazione del caso e di pressioni e interferenze".
ALFANO ENRICO LETTAALFANO ENRICO LETTA
3 - SE CADE LETTA CONTRACCOLPI IRRECUPERABILI
(ANSA) - Se viene messa "a repentaglio la continuità di questo governo", "i contraccolpi a nostro danno, nelle relazioni internazionali e nei mercati finanziari, si vedrebbero subito e potrebbero risultare irrecuperabili". Il governo Letta, in soli due mesi e mezzo, ha saputo guadagnarsi "riconoscimenti e apprezzamenti per la sua capacità di iniziativa e di proposta". Lo ha sottolineato il presidente Giorgio Napolitano aggiungendo che questo è un dato di fatto che nessuno può "seriamente negare".
CALDEROLI ORANGOCALDEROLI ORANGO
4 - NON AVVENTURARSI A ’STACCARE SPINE’
(ANSA) - "Non ci si avventuri a creare vuoti, a staccare spine, per il rifiuto di prendere atto di ciò che la realtà politica postelettorale ha reso obbligato e per una ingiustificabile sottovalutazione delle conseguenze cui si esporrebbe il Paese".
KYENGE KONG CALDEROLIKYENGE KONG CALDEROLI
5 - DESTABILIZZAZIONE MINEREBBE CREDIBILITÀ
(ANSA) - "Il clima di fiducia verso l’Italia può variare positivamente in presenza di una valida azione di governo e di un concreto processo di riforme" ma "potrebbe peggiorare anche bruscamente dinanzi a una nuova destabilizzazione del quadro politico italiano".
MUKTHAR ABLYAZOV E LA FIGLIA ALUA E LA MOGLIE ALMA SHALABAYEVAMUKTHAR ABLYAZOV E LA FIGLIA ALUA E LA MOGLIE ALMA SHALABAYEVA
6 - INDISPENSABILE REALIZZARE IMPEGNI GOVERNO
(ANSA) - "E’ indispensabile proseguire nella realizzazione degli impegni del governo Letta, sul piano della politica economica, finanziaria, sociale, dell’iniziativa europea, e insieme del cronoprogramma di 18 mesi per le riforme istituzionali".
7 - NO SOVRAPPOSIZIONI GIUSTIZIA-GOVERNO
(ANSA) - "Si sgombri il terreno da sovrapposizioni improprie, come quelle tra vicende giudiziarie dell’on.Berlusconi e prospettive di vita dell’eventuale governo". "Dovrebbe riconoscersi - ha proseguito Napolitano - che è interesse comune affidarsi con rispetto, senza pressioni né in un senso né nell’altro, alle decisioni della Corte di cassazione, e fidarsi correttamente, chi ha da difendersi all’esercizio dei diritti e delle ragioni della difesa".
8 - FERMARE INDECENTE RAZZISMO E MASCHILISMO
(ANSA) - "E’ tempo di levare un argine comune" contro "l’ingiuria indecente e aggressiva, specie se a sfondo razzista o maschilista, e ancor più se pronunciata da chi dovrebbe unire alla dignità personale quella istituzionale". Così il presidente Napolitano commentando anche le frase razziste di Roberto Calderoli.
Da "corriere.it"
È iniziata, alle 13 di giovedì, l’assemblea del gruppo del Partito Democratico al Senato: nell’aula Koch di Palazzo Madama è presente, oltre al segretario del Pd, Guglielmo Epifani, anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini. E sul caso Shalabayeva i renziani tornano subito all’attacco chiedendo che il partito presenti una propria mozione di sfiducia nei confronti del ministro dell’interno Angelino Alfano: lo ha detto, intervenendo durante il dibattito al gruppo, il senatore Andrea Marcucci. Dall’area vicina al sindaco di Firenze, secondo quanto viene riferito, viene chiesto, in subordine, un atto di censura nei confronti del ministro.
ANGELINO ALFANO MATTEO RENZIANGELINO ALFANO MATTEO RENZI
L’assemblea dei senatori del Pd ha deciso di mettere ai voti la proposta di respingere le mozioni Sel e M5S di sfiducia individuale nei confronti del responsabile del Viminale. E sulla proposta i senatori renziani, secondo quanto si apprende, si asterranno nel voto previsto a breve al gruppo del Pd a Palazzo Madama.
Renzi epifaniRenzi epifani
PD VOTA NO ALLA SFIDUCIA - Votazione che arriva intorno alle 15.30 di giovedì: l’assemblea dei senatori del Pd ha approvato la proposta di respingere le mozioni di sfiducia al ministro dell’Interno Angelino Alfano domani in Aula a Palazzo Madama sul caso Kazakistan. Sono stati 80 i voti a favore, 7 gli astenuti e nessun contrario. E’ apparsa subito chiara la linea espressa dal capogruppo Luigi Zanda che ricalca quella del segretario Guglielmo Epifani: no alla sfiducia, chiedendo però che la vicenda «non finisca qui» e «affidando al governo l’approfondimento».
giorgio napolitanogiorgio napolitano
Alla riunione interviene il ministro Franceschini che commenta: «Dentro questo governo si sta in squadra, è spiacevole vedere che c’è chi ci mette la faccia e chi dice "io farei cosi perché c’è chi si sta sporcando le mani" - ribadisce il ministro che viene applaudito - La faccia o ce la mettono tutti o non ce la mette nessuno. Il voto di domani è un fatto puramente politico. Alle opposizioni che fanno il loro mestiere si risponde con un altro atto politico: il sostegno al governo».
DARIO FRANCESCHINIDARIO FRANCESCHINI
DEMOCRATICI DIVISI - E’ stata dunque formalizzata la posizione anticipata nei giorni scorsi: i renziani chiedono che il Pd non voti la mozione di sfiducia di Sel e M5S ma ne presenti una propria. Richiesta preceduta dalla lettera sottoscritta, mercoledì, da 13 senatori renziani in cui si rilanciava la volontà di sottoscrivere la mozione di sfiducia contro il responsabile del Viminale. Commenta Roberto Giachetti, deputato Pd e vicepresidente della Camera: «Il problema posto mercoledì è che il gruppo del Pd prenda una decisione sulla mozione di sfiducia nei confronti di Alfano. Renzi viene massacrato ma ha semplicemente detto la stessa cosa di Cuperlo, Finocchiaro, Bindi e di alcuni esponenti di Lista Civica».
E Giachetti conclude: «Il tema se sia necessario che un ministro si assuma la propria responsabilità e si dimetta, se non ha detto la verità in Parlamento, riguarda tutti. Non è che se uno solleva il problema è perchè deve ammazzare il governo». E in un’intervista rincara la dose, la senatrice Laura Puppato: «Quel blitz somiglia molto ad un rapimento e il Pd non può far finta di niente». Per la senatrice Puppato «la ragion di Stato non è contemplabile: non ci sono i necessari requisiti di saggezza e precauzione, ma siamo solo dinanzi ad una inutile pretesa da parte del ministro Alfano di rimanere nella sua posizione».
Luigi ZandaLuigi Zanda
SEGRETERIA PD: «GOVERNO AVANTI» - I democratici restano divisi. E la posizione presa, mercoledì presa, dalla segreteria del Pd fa presagire non poche impasse in vista della discussione, venerdì, della mozione di sfiducia ad Alfano presentata al momento da Sel e Movimento 5 Stelle. La segreteria Pd ha chiarito «che il governo deve proseguire nell’opera di risanamento e per dare le risposte di cui il Paese ha bisogno» e per questo ha stabilito che «non potranno essere votate le mozioni delle opposizioni contro il governo», e quindi in particolare contro il vicepremier Angelino Alfano, anche se «resta aperto il problema di come ridare credibilità alle istituzioni».