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 2013  luglio 18 Giovedì calendario

MUSSOLINI E HITLER A FELTRE NEL DRAMMATICO LUGLIO DEL ‘43

Con l’intento di ricordare tutti i Caduti e Dispersi della II^ guerra mondiale la nostra Associazione vuole dare memoria dell’inutile incontro avvenuto tra i due dittatori, qui a Belluno il 19 luglio 1943. Vuole aiutarci?
Giuseppe Zilotti
Presidente Associazione Famiglie Caduti e Dispersi in guerra, Comitato provinciale di Belluno
Caro Zilotti, se l’incontro di Feltre, come è meglio conosciuto dagli storici, venisse giudicato sulla base delle decisioni strategiche prese in quella occasione, la parola «inutile», sarebbe forse appropriata. Ma per altre ragioni il quattordicesimo appuntamento al vertice di Hitler e Mussolini fu uno dei più interessanti e drammatici nella storia della Seconda guerra mondiale. L’8 maggio Tunisi e Biserta si erano arrese alle truppe comandate dal generale Montgomery. L’11 giugno Pantelleria e Lampedusa erano cadute nelle mani degli anglo-americani. Quattro settimane dopo, il 9 luglio, gli Alleati erano sbarcati in Sicilia e avevano iniziato un’operazione che si sarebbe conclusa in sei settimane con la conquista dell’isola. Oggi sappiamo che nella notte del 17 luglio Hitler aveva ricevuto un allarmato rapporto sull’Italia in cui si prospettava la possibilità che l’alleato rompesse il patto e cercasse di uscire unilateralmente dal conflitto. I tedeschi lo temevano da parecchie settimane e avevano già predisposto due piani d’emergenza, chiamati in codice Alarico e Costantino.
Dopo la lettura del rapporto Hitler decise che era necessario un nuovo incontro al vertice, subito, in territorio italiano. Quando ricevette la notizia, Mussolini ebbe una reazione indispettita. Detestava quelle convocazioni e il senso d’impotenza con cui avrebbe dovuto ascoltare gli interminabili monologhi del Führer. Dell’incontro conosciamo soprattutto le impressioni di coloro che vi presero parte: il sottosegretario agli Esteri Giuseppe Bastianini, l’ambasciatore a Berlino Dino Alfieri, il capo di Stato maggiore Vittorio Ambrosio. Ma Pierre Milza, autore di un libro apparso recentemente in Francia sulle Conversations Hitler-Mussolini 1934-1944, cita un interessante passaggio tratto dalle note di Paul Schmidt, interprete di Hitler, in cui il comportamento di Mussolini, visibilmente afflitto dal ritorno della sua vecchia ulcera, è descritto con queste parole: «Era seduto con le gambe incrociate sul bordo della sua poltrona, troppo vasta e profonda (…). Di tanto in tanto tirava un grosso sospiro, come uomo costretto a sopportare un fastidioso monologo, e guardava con espressione stanca e rassegnata Hitler che con voce sempre più stridula, continuava imperturbabilmente a rovesciare un flotto di rimproveri e recriminazioni».
Nei rari momenti in cui poté impadronirsi della parola, Mussolini chiese un forte aumento delle forze aeree tedesche in Sicilia e probabilmente, durante una colazione a quattr’occhi, propose ancora una volta la pace separata con l’Unione Sovietica. Ma Hitler non voleva distrarre forze dal fronte russo e non aveva alcuna intenzione di venire a patti con Stalin. Si limitò a dare una lezione di spirito bellico sostenendo che la guerra andava combattuta con «fanatismo». Forse, osserva Pierre Milza, sperava d’infondere nell’amico depresso e malato un po’ della sua energia. Vi riuscì, almeno in parte, soltanto quando parlò per la prima volta di terrificanti armi segrete che avrebbero messo l’Inghilterra in ginocchio. Mussolini volle credere a quella prospettiva e continuò ad aspettare le armi segrete sino al discorso del Teatro Lirico a Milano nel dicembre del 1944. Ma chi spera di vincere una guerra grazie a un miracolo è già stato politicamente e militarmente sconfitto.
Sergio Romano