
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri decine di miliziani basiji hanno tentato di dare l’assalto alla nostra ambasciata di Teheran. Grida molto ostili: «Morte all’Italia», «Morte a Berlusconi», «Se non cambierete, questo è solo l’inizio», eccetera. I manifestanti sono stati tenuti a bada dalla stessa polizia iraniana. Un sasso è stato lanciato contro la nostra sede diplomatica. stato divelto il cartello “Via Roma” che segnala la piccola strada fiancheggiante la nostra sede diplomatica. I miliziani hanno protestato anche davanti alle ambasciate di Francia, Germania e Olanda. I danni materiali sono irrilevanti.
• Piccola cosa? O dobbiamo preoccuparci?
Dobbiamo preoccuparci. Una settimana fa gli americani hanno piazzato un numero imprecisato di navi antimissile Aegis nelle acque del Golfo Persico. uno scudo balistico in difesa degli Emirati, predisposto proprio in funzione anti-iraniana. Negli ultimi due anni l’Arabia ha anche acquistato dagli Usa armamenti per 25 miliardi e ha permesso a Washington di aumentare il proprio contingente da 20 a 30 mila uomini. Gli Emirati si sono dotati di 80 caccia F-16 e stanno tentando di comprare a Parigi un certo numero di jet Rafale. Nella penisola è in corso l’installazione di sistemi di difesa anti-aerea Thaad. interessante però il fatto che gli americani hanno reso noti questi rafforzamenti. Come se volessero dire a Teheran: non ci provare. Gli iraniani stanno a loro volta costruendo un missile intercontinentale Shebab-3 che le Aegis non sono in grado di bloccare.
• Questo ha a che vedere con la piccola manifestazione di ieri contro di noi?
Sì, la piccola manifestazione di ieri è un messaggio e va interpretato dentro un contesto. Il contesto è questo: Ahmadinejad ha annunciato l’intenzione di arricchire ulteriormente l’uranio, a partire da ieri, cioè di sottoporlo più intensamente a quel processo chimico che gli renderà possibile la costruzione della bomba atomica. Berlusconi nello stesso tempo è andato in Israele e ha per la prima volta pronunciato frasi gravi: «Il problema della sicurezza in Israele è fondamentale. Ora ancor di più perché c’è uno Stato che prepara l’atomica, uno Stato che ha una guida che ricorda personaggi nefasti del passato». Cioè Ahmadinejad è un nuovo Hitler. Poi: «Auspico che non si debba arrivare a uno scontro armato che nessuno vuole». Infine: «E’ nostro dovere sostenere e aiutare l’opposizione in Iran».
• Gli iraniani se la sono presa?
Domenica è stato convocato il nostro ambasciatore, Alberto Bradanini. Gli è stata consegnata una protesta ufficiale del governo. Frattini ha allora dato ordine a Bradanini di non prender parte alle cerimonie di domani per il 31° anniversario della rivoluzione khomeinista. Cerimonie che si annunciano cariche di tensione. Intanto, gli americani hanno lasciato che uno dei loro agenti – Marvin Cetron – parlasse con il Corriere della Sera. Costui ha espresso a Ennio Caretto i seguenti concetti: è ormai certo che l’Iran si doterà della bomba atomica entro tre o quattro anni «a meno che Israele non ne distrugga gli impianti»; le sanzioni verso Teheran sono inutili, perché quella è una dittatura; la Nato protesterebbe solo pro forma se Israele tentasse un bombardamento preventivo dei siti atomici iraniani; «ritengo che gli ayatollah siano già stati ammoniti che, se mai usassero armi atomiche, parte dell’Iran scomparirebbe dalla faccia della Terra»; per il resto del mondo c’è un problema generale di rapporto col mondo islamico, che non va peggiorato; una preoccupazione che Israele non si può permettere il lusso di avere, perché se avesse avuto preoccupazioni simili in passato «oggi non esisterebbe. Non escludo che abbia già uomini in Iran pronti a far saltare gli impianti del nemico».
• Mi sta dicendo che Israele potrebbe attaccare l’Iran e che per prevenire un contrattacco di Teheran nella penisola arabica gli Usa, d’accordo con gli arabi, hanno predisposto uno scudo?
Qualcosa del genere. consolante che tutto questo sia pubblico, cioè che la minaccia sia resa visibile perché questo vuol dire che l’insieme viene per ora usato come elemento di pressione sugli ayatollah per indurli a un accordo per via diplomatica. Ma le parole di Berlusconi e la dichiarazione dell’Eni che di contratti con l’Iran non se ne faranno più sono un salto di qualità nella politica dei messaggi. Con le parole non c’eravamo mai spinti così avanti e chiudere veramente con l’Iran in termini economici ci costa parecchio.
• Però i basiji ieri si sono limitati a un’azione dimostrativa.
Nel novembre 2005 un’altra manifestazione contro di noi, sempre voluta dal regime, fu interpretata da cittadini comuni e non dalle milizie. Cinque anni fa fummo rassicurati: protestavano davanti all’ambasciata italiana, ma ce l’avevano con i sionisti. Stavolta il bersaglio è l’Italia e il suo governo. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 10/2/2010]
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