Daniela Daniele, La Stampa 10/2/2010, pagina 15, 10 febbraio 2010
BAMBINI CICCIONI ITALIANI
Uno su tre pesa troppo. Alimentazione sbagliata, vita sedentaria, ma anche tensione psicologica che si placa con il cibo, spesso davanti alla tv. I nostri bambini mangiano più del necessario e male. L’obesità infantile non risparmia l’Italia. L’ultimo rapporto «Okkio alla salute», promosso dai ministeri dell’Istruzione e della Salute, riferisce che il 12,3% dei bambini è obeso, mentre il 23,6 è in sovrappeso. In totale il grasso in eccesso riguarda un milione e 100 mila piccoli.
Campania, Molise, Sicilia e Calabria, e in generale il meridione, dove più si abusa di pizza, pasta e affini, hanno le maggiori percentuali di baby ciccioni; ma anche le altre regioni non sono immuni da quella che, ormai, è considerata una vera «epidemia» dei Paesi ricchi. L’indagine ha messo in luce le cattive abitudini correlate all’eccesso di cibo. L’11% dei bambini non fa la prima colazione. Molti mangiano in modo inadeguato (28%); moltissimi s’ingozzano troppo a metà mattina (82%) e i genitori (23%) dichiarano che i propri figli non consumano quotidianamente frutta e verdura. A questo si aggiunga il fatto che soltanto un bambino su 10 fa attività fisica adatta all’età, e si capirà perché in giro ci sono tante pancette.
Le conseguenze non sono soltanto estetiche. L’obesità infantile, infatti, predispone a gravi problemi di salute, ma anche al disagio psicologico di sentirsi «diversi», presi in giro dai compagni di scuola e inadeguati ai modelli che la pubblicità impone. Quella stessa pubblicità che, poi, spinge i bambini a consumare cibi ipercalorici. «L’allarme è più che giustificato - conferma Giuseppe Mele, presidente della Federazione italiana medici pediatri - perché l’obesità infantile ha origine in età sempre più precoce e non riguarda l’aumento di volume delle cellule, come accade nel normale ingrassamento, bensì del loro numero». Poi aggiunge: «Stiamo parlando di un’obesità che rischia di diventare irreversibile». E i danni non si fanno attendere: ipertensione già in età pediatrica e predisposizione a diabete e arteriosclerosi in età adulta. «I bambini di oggi – dice il dottor Mele – hanno un’attesa di vita inferiore a quella dei loro genitori...».
Che fare? «Spiegare, per esempio, che nel primo anno di vita non si deve assumere latte di mucca», propone Mele. Insistere sull’allattamento al seno e, nel caso ciò non sia possibile, adottare i latti «formulati». Distribuire i pasti in modo corretto. «La prima colazione deve costituire il 20% di tutte le calorie della giornata che andranno ripartite in quattro o cinque pasti». Evitare ai piccoli una vita sedentaria, ridurre a un’ora al giorno la permanenza davanti alla tv. Seguire i consigli del pediatra per tutta l’infanzia. Da tempo si parla di distributori di merende «sane» a scuola, frutta per esempio. E lo scorso novembre il ministro Gelmini ha annunciato un primo stanziamento di 1,5 milioni per il progetto «Scuola e cibo». Mentre le associazioni di medici hanno avviato un dialogo con le industrie per arrivare a prodotti più consoni all’alimentazione infantile.
Ma la strada è ancora lunga e forse soltanto i genitori possono prendere in mano, con decisione, le abitudini alimentari dei propri figli. Magari, cominciando col cambiare le proprie.
Daniela Daniele