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 2010  febbraio 10 Mercoledì calendario

Si chiamava Giovanni Vano, sfruttato per 23 anni. L’uomo, un napoletano di 56 anni, si è impiccato utilizzando un albero nel parco di Capodimonte

Si chiamava Giovanni Vano, sfruttato per 23 anni. L’uomo, un napoletano di 56 anni, si è impiccato utilizzando un albero nel parco di Capodimonte. Era stato elettricista ”in nero’ per quasi tutta la sua vita lavorativa e montava luminarie per le feste di piazza. Vano era nato nel rione Sanità, ma una volta sposato si era trasferito a Casalnuovo, un paese alle porte del capoluogo campano. Qualche tempo fa il suo sfruttatore gli aveva proposto di essere assunto con un contratto regolare. La ”concessione’ del padrone, on si può definire in altro modo, prevedeva la rinuncia ai contributi, agli assegni familiari e ai diritti maturati negli oltre 20 anni di collaborazione. Accanto al corpo dell’operaio è stato ritrovato un quaderno sul quale Giovanni aveva scritto alcuni pensieri per la moglie, per la figlia di 17 anni e per il figlioletto dodicenne. Antonio Peluso, sindaco di Casalnuovo, ieri ha commentato: ”I particolari agghiaccianti che stanno emergendo relativamente alla morte di Giovanni Vano offendono il senso di umanità di ciascuno di noi”. ’Rispetto a questi drammi – ha proseguito Peluso – il Comune purtroppo è sfornito di strumenti adeguati. Per quello che noi possiamo fare, oltre alle politiche a sostegno dell’occupazione, ci adopereremo per sensibilizzare le istituzioni competenti relativamente alla necessità di maggiori controlli sul rispetto delle normative sul lavoro e affinchè vengano attuate politiche di sostegno all’occupazione legittima”. Per il sindaco ”qualora ce ne fossero i presupposti il Comune darà supporto legale ai familiari di Giovanni Vano, affinchè possano agire nei confronti del datore di lavoro al fine di ottenere dallo stesso il riconoscimento dei diritti negati quando il sig.Vano era ancora in vita”. Il caso dell’elettricista campano, anni ed anni di sfruttamento e di non diritti, non è isolato. In Italia la piaga del lavoro nero, dell’evasione contributiva e dei contratti di facciata è estesissima, ma nulla accade da anni. Per responsabilità dei governi, che indipendentemente dallo schieramento hanno ampliato lo spazio per il precariato, ma anche per la cecità dei sindacati che nella maggioranza dei casi non tutelano gli interessi di questo tipo di lavoratori. I funerali del precario suicida Il feretro di Giovanni Vano l’uomo suicidatosi a Napoli perchè esasperato da una vita da precario durante i funerali stamani. Tanti amici e parenti ma nessun rappresentante delle istituzioni ai funerali di Giovanni Vano il precario napoletano di 56 anni suicidatosi perchè esasperato da una vita vissuta da precario Abbracciata ai due figli di 17 e 12 anni la moglie Concetta non ha retto alla tensione e si e sciolta in un pianto liberatorio sul sagrato della chiesa di Santa Maria alla Sanità dove sono state celebrate le esequie Per lei che non ha un lavoro fisso ma mantiene la famiglia facendo le pulizie negli uffici si leva lappello dei familiari Oggi in chiesa - dice suo fratello - non cerano rappresentanti delle istituzioni ma speriamo si facciano vivi garantendole una sistemazione. ph Ciro Fusco 
08 febbraio 2010 Lavorava a nero, operaio napoletano si suicida L’offerta di un lavoro regolare, non più al nero, Giovanni Vano l’aveva avuta finalmente il 27 dicembre, dopo 23 anni di precarietà senza garanzie. Il titolare della ditta di luminarie per le feste di piazza per la quale girava l’ intera provincia per 150 euro a settimana gli aveva proposto un contratto regolare, ma senza assegni di famiglia, e senza straordinari. «E i contributi?», aveva chiesto lui. Il pregresso sarebbe andato perduto, i versamenti sarebbero cominciati solo alla data del contratto, era stata la risposta. Giovanni Vano, 56 anni, operaio elettricista del rione Sanità di Napoli, trasferitosi a vivere a Casalnuovo, di fatto una periferia a nord della città, aveva rimuginato sulla proposta ricevuta durante le feste di Natale. Era incerto sul da farsi e, soprattutto, era depresso. L’aveva confidato alla moglie, Concetta, e poi lo ha messo per iscritto in un quaderno trovato ieri mattina da un nipote nel parco di Capodimonte, a Napoli, dove è andato ad impiccarsi mercoledì scorso. «Sono umiliato. Mi vergognavo quando tu - ha scritto alla moglie - andavi a lavorare». «Non fate arrabbiare la mamma e aiutatela», ha aggiunto per la figlia di 17 anni ed il figlio di 12. La moglie - che adesso nella piccola abitazione a Casalnuovo, non ha voglia di parlare - aveva denunciato alla polizia la sua scomparsa. Ma a ritrovare Giovanni Vano ieri mattina, nel parco conosciuto come il bosco di Capodimonte, è stato un nipote. Sul luogo si era già raccolta una piccola folla. Adesso le sei sorelle, una delle quali è rientrata da Mantova, il fratello e la moglie, aspettano di conoscere la data dei funerali, dopo l’autorizzazione della magistratura. Ma l’autopsia non dovrebbe essere necessaria. Il quaderno trovato accanto al corpo ed alcuni biglietti scritto alla moglie sono stati consegnati al pm. Moglie e sorelle parlano a stento. Una cosa, però, tengono a precisare con il cronista: Giovanni Vano non era disoccupato, aveva sempre lavorato nella sua vita. Ma al nero.