Giovanna Gabrielli, il Fatto Quotidiano 10/2/2010;, 10 febbraio 2010
IL FATTO DI IERI - 10 FEBBRAIO 1942
Nel 1915 era solo una breve poesia , scritta da uno
sconosciuto soldato di Amburgo prima di andare al fronte
nei Carpazi. Messa in musica da un compositore tedesco
alla fine degli anni ”30 ed entrata quasi per caso nei cabaret
di Berlino con la voce roca e sensuale di Lale Anderson. Si
chiamava ”Lili Marleen” ed era una canzone qualunque.
Fino alle ore 22 del 10 febbraio ”42 quando Richard
Kistenmacher, responsabile per Radio Belgrado del
programma ”Soldatensender”, frugando tra vecchi dischi
di valzer e mazurke, aveva deciso di mandarla in onda per
sollevare il morale delle truppe tedesche intrappolate nel
gelo russo. Quasi un incantesimo. Quella nenia struggente,
con le cadenze di una marcia malinconica, divenne inno
universale per milioni di soldati. Cantata e fischiettata da
tutti, italiani, russi, giapponesi, americani, nelle sabbie del
Sahara e nelle steppe della Russia. Un canto d’amore e di
nostalgia, espressione della disperazione latente di una
moltitudine di uomini mandati allo sbaraglio. Per i nazisti,
che la censureranno come canzone ”morbosa, deprimente
e disfattista”, un boomerang. Tradotta in 42 lingue, ”Lili
Mar leen”, al contrario di Hitler, conquisterà il mondo.