
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ci si interroga sulla sindrome di burn-out, la terribile depressione di cui forse soffriva Andreas Lubitz. Si tratterebbe di un decadimento morale tipico di chi si dedica, all’inizio entusiasticamente, a un qualche lavoro altruistico, il vigile del fuoco o l’infermiere. Partito con grande slancio ideale, il soggetto si rende presto conto – o crede di rendersi conto – che la vita da missionario appena sognata non esiste, il carico di lavoro è enorme, l’apprezzamento dei colleghi o dei superiori scarso o freddo o comunque insufficiente per le aspettative eroiche degli inizi, segue quindi lo scoramento e, nell’ultima fase, una sorta di morte spirituale. Il suicidio è lo sbocco naturale di questo precipizio? No, ci si può curare, se ne può uscire. E però se andiamo su wikipedia leggiamo il seguente elenco delle professioni bersaglio di questo male: «medici, infermieri e le altre figure sanitarie, compresi volontari e studenti, gli addetti ai servizi di emergenza, tra cui soccorritori, poliziotti e vigili del fuoco, psicologi, psichiatri e assistenti sociali, sacerdoti e religiosi (in particolare se in missione), insegnanti ed educatori, tecnici della riabilitazione psichiatrica, avvocati, ricercatori e impiegati commerciali, operatori call-center».
• I piloti non ci sono.
No, il che non vuol dire che i piloti non siano sottoposti a stress terribili, non significa che Lubitz non soffrisse proprio di questo. E del resto, come spiegare altrimenti la tranquillità (il respiro che rimane regolare fino all’ultimo) di fronte all’immensa parete che si avvicina a mille all’ora? L’indifferenza alle grida dei passeggeri, là dietro. La questione, qui, riguarda casomai quelli della Lufthansa, presi in contropiede da questa gravissima défaillance del loro uomo. Fatto un test attitudinale all’inizio, non c’è stato più alcun controllo, benché Andreas avesse abbandonato un corso nel 2009 proprio per lo stato di prostrazione in cui era precipitato e benché fosse ancora andato in ospedale a visitarsi due volte a febbraio e a marzo.
• Che altro si sa di questo assassino suicida?
Aria da bravo ragazzo. La “Bild” ha sostenuto che a Phoenix (in Arizona) gli era stata appiccicata dai medici l’etichetta “Sic” (bisognoso di controlli periodici). Però il giornale non riesce a costruirgli un profilo da mostro, ed è proprio questo che spaventa i tedeschi, ma in definitiva anche noi: la sua assoluta normalità. Indirizzo da tranquilli benestanti (Montabaur, am Spiesswehr 8, cioè la casa dei genitori e del fratello), brevetto da pilota di alianti ancora adolescente. L’Ask-21 su cui ha cominciato a volare quindici anni fa sta ancora in un hangar del club Lsc Westerwald. Prima della crisi del 2009 s’era addestrato a Brema, poi aveva seguito i corsi di Phoenix. Altre passioni: la maratona (buon piazzamento alla maratona di Montabaur del 2007, bei piazzamenti nelle maratone organizzate dalla Lufthansa tra il 2011 e il 2013 a Francoforte), poi il bowling, i fast food, la pesca, le arrampicate su roccia, la band di musica elettronica Schiller, il dj francese David Guetta. Si viene a sapere tutto questo e ci si immagina un ragazzone sano, normale, allegro. Infatti il suo amico Peter Rücker, presidente dell’Aeroclub per alianti Lsc dice: «Non era molto estroverso, però non era nemmeno isolato o chiuso, era integratissimo nel gruppo, tutti ridevano ai suoi scherzi, anche quelli spinti, politicamente discutibili o di cattivo gusto. Aveva un sacco di amici, non era affatto un solitario, si divertiva, anche se qualche volta era piuttosto tranquillo».
• C’è la storia della ragazza che lo ha lasciato.
Viveva con questa fidanzata in un appartamento alla periferia di Düsseldorf e si dice che la storia fosse finita da poco. Aveva comprato un’automobile per sé e una per la ragazza. La macchina della ragazza era stata consegnata tre giorni fa. In questo appartamento di Düsseldorf ci sono state perquisizioni, sono stati portati via sacchi di roba, computer, eccetera. Idem nella casa dei genitori a Montabaur.
• Potrebbe la Lufthansa essere chiamata a rispondere di quello che è successo?
Sì, il volo era internazionale, quindi dal punto di vista asssicurativo era coperto dalla Convenzione di Montreal (1999). Qui è stabilito un risarcimento minimo di 100 mila diritti speciali di prelievo (la moneta del Fmi) equivalenti a 139 mila dollari a vittima. Una cifra che costituirebbe però solo una soglia. Si parla per Lufthansa di un rischio che oscilla tra i 350 milioni di dollari e il miliardo.
• Cambierà qualcosa, dopo questo, nella legislazione relativa ai voli europei?
Probabilmente sarà adottata la soluzione americana: mai un pilota da solo in cabina. I maniaci della tecnologia propongono addirittura che in cabina non ci sia nessuno e che il governo degli aeromobili sia affidato alle macchine. Alle macchine non verrebbe mai in mente di schiantarsi contro la parete di una montagna, dicono. Senza pensare che le macchine obbediscono ai software che hanno in pancia e i software che hanno in pancia vengono scritti, e magari corretti, proprio dagli esseri umani.
(leggi)