Marta Ventura, il Fatto Quotidiano 28/3/2015, 28 marzo 2015
LA ROMA DI PPP CHE SA DI COCAINA
Fulvio Abbate nel suo nuovo libro prende Roma e la seziona, la sgrana come fosse un rosario. Via per via, nome per nome, faccia per faccia ci restituisce una città riveduta e corretta, una celebrazione personalissima, quasi una messa laica che un po’ benedice e un po’ seppellisce la Capitale.
Il lettore non deve temere, è preso per mano. Una sola avvertenza per lui: farebbe bene a non fidarsi troppo di questa Roma di carta che a prima vista, tra l’Altare della Patria e il Colosseo, sembra tanto consueta, ma che poi improvvisamente si fa sconosciuta, imprevedibile. Del resto leggere controvento ha le sue difficoltà, con l’aria negli occhi i contorni diventano meno nitidi. Ma a volte è un bene. Per esempio non è liberatorio guardare a piazza Barberini fregandosene della fontana bianchissima appena restaurata? Moltissimo, ancora di più se, come Abbate ci suggerisce, pensiamo che fino a qualche anno fa proprio lì ci trovavi Remigio Leonardis, il ballerino incompreso che per anni ha tenuto in ostaggio il capolavoro del Bernini.
L’interpretazione dell’autore non fa una grinza: il monumento vero in è lui. D’altronde la città non è altro che un nugolo di strade che partono da Fiumicino (dal nastro trasportatore dell’aeroporto) e si separano dando vita a bretelle e arterie. Ma la domanda è sempre e solo una: quella che stiamo percorrendo, finestrino abbassato diretti a Ostia, è la via del Mare o via Ostiense? Boh. Bravo chi lo capisce. E fra un quartiere e l’altro, dai Parioli colonizzati dai cani e dai cocainomani con la Smart, ai tetti del quartiere Coppedé, Roma è e resta bella perché invasa dalla sua umanità. Persone e personaggi convivono. Fanno capolino Ornella Muti e Barbara Palombelli. Ci sono Andreotti, Cossiga e Berlusconi “pendolare milanese” ma romano honoris causa. Compaiono Venditti e De Gregori. C’è spazio per Verdone che firma anche una sentita prefazione al volume . E Pasolini, tanto Pasolini, mai troppo. E poi ci sono i romani, quelli veri, duri e puri. La signora di Borgo Pio che intervistata al Tg1 sugli interminabili funerali di Wojtyla si lascia andare a una crasi illuminante “Alleluja, Alleluja. Osanna, Osanna nun se dorme un ca...”. Tenere presente come monito per l’imminente Giubileo.
Ci sono i tassisti, che non ne escono bene, ma del resto siamo fra le pagine di un libro su Roma e se ne daranno pace. In un passaggio compare anche il popolo dei magazzini MAS. Per chi non lo sapesse, MAS sono i magazzini popolari di Piazza Vittorio famosi per le luci al neon, l’odore di naftalina e le periodiche chiusure annunciate al 31 dicembre e puntualmente disattese. Dicevamo il popolo di MAS che compra mutande di marche cult anni 80 a 0,50 centesimi. Una guida senza ordine alfabetico, né geografico. Ma di ordine non se ne sente davvero il bisogno. E alla fine? “Alla fine non resta che Ciampino”.
Marta Ventura, il Fatto Quotidiano 28/3/2015