Sergio Luciano, ItaliaOggi 28/3/2015, 28 marzo 2015
IL WEB È L’ASPIRAPOLVERE DELLA SPAZZATURA UMANA
Le classifiche sulle parole più cercate nel web inchioderebbero tutti noi a un’evidenza, se solo qualcuno si prendesse la briga di riconoscerla come tale: che cioè gli interessi, o almeno le curiosità, dell’umanità navigante finiscono col gravitare prevalentemente sugli stessi temi spesso stupidi, grevi e aggressivi.
Google pubblica le sue statistiche censurate, emendate dai risultati più ovvi: non vi rientrano per esempio i termini relativi al sesso, ai video porno, al razzismo, alla violenza e a tutte le ricerche «politicamente scorrette», il che deforma la rappresentazione del vero, in una melassa molto obamiana. Ma anche se filtrate, le classifiche ufficiali parlano chiaro: nel 2014 la parola più cercata è stata «Mondiali 2014», seguita da iPhone 6; poi Robin Williams, l’attore defunto; Grande Fratello, ebbene sì; poi Ebola, per la psicosi della grande epidemia, Schumacher, La grande bellezza (questo sì che è un Oscar, per il regista Sorrentino) e poi Sanremo 2014. Temi, con tutto il rispetto, molto nazionalpopolari. Né domande impegnative, né politica, né crisi economica. Semmai svago e, diciamolo, «cazzeggio». Risultati analoghi, ma non li pubblicano, nelle classifiche sui «trend» dei social network.
È del tutto normale, e in sé non riprovevole. Il guaio è che chiunque debba «farsi notare» nel web, per vendere notizie, servizi (camere in affitto, auto a noleggio o biglietteria che siano) o cercare voti, pur di farsi «beccare» dai motori di ricerca tende a utilizzare questo tipo di «parole-chiave» semplici, banali e popolari. A causa di questo meccanismo, il web finisce con l’attrarre tutto, inesorabilmente, verso il banale e l’ovvio, perché la legge dei grandi numeri vi domina strapotente.
Già la tv commerciale, in nome dell’audience, aveva «svaccato». Ma quel tipo di audience non era così potente sulle scelte di programmazione. In parte si assecondava la domanda, in parte si tentava di «formarla». Sul web non è più così.
Alla vigilia di ogni tornata elettorale, ci si dovrebbe interrogare su come questo fenomeno incroci la politica e l’informazione e su come il livellamento verso il basso del dibattito, indotto dal dominio del web, stia deteriorando la qualità della nostra democrazia.
Sergio Luciano, ItaliaOggi 28/3/2015