Luisa Leone, MilanoFinanza 28/3/2015, 28 marzo 2015
CHI BALLA SENZA LUPI
L’ordine di scuderia è: andare avanti spediti. A darlo, giovedì 26 marzo, è stato il premier Matteo Renzi, nella sua veste di ministro ad interim per le Infrastrutture e i Trasporti. Dopo l’addio di Maurizio Lupi, in seguito al caso che ha coinvolto l’ex capo della struttura di missione, Ettore Incalza, c’è il rischio che il dicastero possa non girare a pieno ritmo fino all’arrivo di un sostituto.
Un avvitamento possibile quando manca un vertice a tempo pieno e alcuni snodi importanti della macchina, come ad esempio il capo di gabinetto, ma che è assolutamente da evitare, come dimostra la posizione forte espressa da Renzi nella sua prima visita di giovedì.
L’ipotesi è da scongiurare in particolare in un momento come questo, con i semi della ripresa economica da coltivare e una serie di dossier aperti, suscettibili di cambiare fisionomia a praticamente tutti i mercati che ruotano attorno alle infrastrutture: dalle autostrade ai porti, dagli aeroporti alle ferrovie. Basti pensare che è in ballo il prolungamento delle concessioni di alcuni operatori autostradali, che se dovesse avere l’ok dell’Europa, costituirebbe un grimaldello per ripetere l’esperimento con altri concessionari; oppure al piano strategico per gli aeroporti o la riforma della portualità e non, da ultima, la quotazione delle Ferrovie dello Stato e il rilancio di Ntv. Per non parlare del mondo delle costruzioni, che non potrebbe che trarre nocumento da un blocco delle opere già avviate o in programma.
Insomma, la carne al fuoco è davvero molta e inevitabilmente ad avere gli occhi puntati sul post Lupi sono anche diverse società quotate a Piazza Affari, interessate direttamente o indirettamente alle questioni lasciate aperte dal repentino addio del ministro.
Sicuramente i costruttori: Salini-Impregilo e Astaldi, che sono i due principali general contractor del Paese e che, sebbene abbiano ormai da tempo ridotto l’Italia a una fetta non maggioritaria del loro portafogli, guardano certamente con interesse al passaggio di testimone. Considerando il carattere del personaggio, per altro, non è da escludere che Renzi nel suo interim possa sparigliare le carte in tavola, anche perché la sua reggenza delle Infrastrutture cade in un momento delicato. Entro il 15 aprile dovrà essere pronto l’allegato Infrastrutture al Documento di Economia e Finanza, una sorta di quadro programmatico del settore. Da come il premier-ministro ad interim trasformerà il dossier che gli sarà preparato dal dicastero si potrà già avere un’idea di quale sarà l’orientamento del post Lupi.
Intanto ci sarebbero da smarcare gli atti che consentiranno alle opere individuate dallo Sblocca Italia (Terzo valico, metropolitana di Napoli, alta velocità Napoli-Bari e molte altre) di vedersi assegnare i finanziamenti.
Il premier potrebbe decidere di studiarli a uno a uno e mandarli comunque avanti, ma non è affatto detto che avrà il tempo e la voglia di farlo. Quello che si può dire a oggi, dopo la sua prima visita al ministero, è che probabilmente le questioni legate all’urbanistica avranno una corsia preferenziale: dal trasporto pubblico su gomma alle metropolitane. Difficile immaginare invece quale sarà il destino delle questioni più programmatiche, come la riforma della portualità, alla quale per altro sta lavorando un team proprio a Palazzo Chigi, o il piano Aeroporti, che attende solo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, dopo il via libera arrivato dalla conferenza Stato Regioni a fine febbraio 2015. Un dossier, quest’ultimo, che interessa in maniera particolare Sat, il titolo dell’aeroporto di Pisa, che a breve dopo la doppia opa promossa da Corporation America e la prevista fusione con Aeroporti di Firenze, rappresenterà il polo toscano. Quest’ultimo rientrerà negli 11 considerati strategici a livello nazionale, dopo che con l’opa si è realizzata la condizione (fissata proprio dal Piano) che i due scali si dessero una gestione unica. Ci sono poi Atlantia e Save, che gestiscono rispettivamente l’aeroporto di Roma Fiumicino (tramite Adr) e di Venezia, due dei tre scali intercontinentali individuati dal Piano nazionale (il terzo è Milano Malpensa).
Il settore autostradale, invece, ha gli occhi puntati sulla proroga delle concessioni, che al momento interessa il gruppo Gavio, l’Autobrennero e Autovie Venete. La partita, oltre che dai rappresentanti dalle Infrastrutture, è gestita direttamente anche da una ristretta squadra a Palazzo Chigi e questo lascia sperare che anche senza ministro il dossier possa andare avanti. La previsione è quella di chiudere la partita, almeno sul piano sostanziale anche se non formale, già entro la metà di aprile. E per altro il dossier non interessa solo i tre gruppi attualmente coinvolti ma potenzialmente anche gli altri operatori. A partire da Autostrade perché, sebbene il gruppo non ne abbia fatto richiesta, il ministero starebbe già studiando l’ipotesi di utilizzare lo stesso strumento anche per il principale operatore italiano, per consentire la realizzazione di importanti investimenti, come la Gronda di Genova, evitando al contempo incrementi a due cifre delle tariffe.
In ballo c’è poi la riforma dei porti, anche quella molto attesa, che sarebbe quasi pronta ma che potrebbe risentire della fase di transizione in atto al ministero.
Come potrebbe subire qualche contraccolpo anche il file della quotazione a Piazza Affari del gruppo Ferrovie. Al momento la partita si gioca tutta nel campo del ministero dell’Economia, ma le questioni più tecniche, a partire dai contratti di programma e dal destino della rete, non potranno che richiedere l’intervento anche delle Infrastrutture. Senza contare che il Mit dovrà co-firmare il decreto che avvierà concretamente l’iter di privatizzazione, come già accaduto per Poste ed Enav lo scorso anno.
Non dovrebbero invece subire rallentamenti i nuovi contratti di programma di Anas e Ferrovie dello Stato, anch’essi alle battute finali. Interessanti per il mercato perché suscettibili di muovere importanti investimenti.
Luisa Leone, MilanoFinanza 28/3/2015