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 2015  marzo 28 Sabato calendario

CORSA CONTRO IL TEMPO DELLA RICERCA: TRA DIECI ANNI VOLI CIVILI SENZA PILOTA

Un aereo di linea che si piloti da solo ancora non esiste. Ma potrebbe arrivare tra qualche anno. La ricerca è da tempo orientata in questa direzione e le tecnologie di base per la gestione di velivoli senza pilota (“unmanned”, come sono definiti ad esempio i droni militari e civili) attirano un crescente interesse soprattutto dopo sciagure aeree come quella di Germanwings, in cui hanno perso la vita 150 persone. Ma davvero è possibile immaginare un futuro in cui gli aerei di linea possano volare senza piloti? E quali sarebbero i rischi o i vantaggi?
«Aerei che sono in grado di pilotarsi da soli – dice Raymond Gobberg di Google – permetterebbero modalità del tutto inedite per movimentare cose e anche persone: in maniera più veloce, economica, con inquinamento più contenuto e in maniera più ambientalmente responsabile di quanto non si stia facendo oggi». Google è una delle aziende hi-tech che dominano l’economia di internet odierna e lavorano alacremente dietro le quinte per assicurarsi un vantaggio competitivo anche negli scenari dell’economia di domani. Oltre alle automobili che si guidano da sole (un settore dove la ricerca del settore automotive è molto avanzata e prevede di avere in commercio i primi modelli tra cinque anni, nel 2020) Google infatti ha avviato il suo “Project Wing” sugli aeromobili capaci di guidare se stessi.
Project Wing è un progetto ancora immaturo, in realtà poco più di un sotto-prodotto della ricerca sui palloni aerostatici capaci di spostarsi in maniera autonoma (Project Loon) che l’azienda invece sta già attivamente sperimentando in Africa e America Latina per creare ponti radio “galleggianti” nel cielo e distribuire internet nelle aree rurali. È una idea più sofisticata dei droni che Amazon progetta di utilizzare per le consegne in aree urbane e rurali (e per la cui sperimentazione ha di recente ottenuto l’autorizzazione negli Usa) e potrebbe arrivare ad avere un impatto anche nei trasporti civili.
Non c’è ovviamente solo Google. Numerose start-up in tutto il mondo lavorano a un altro approccio, che parte dal trasporto individuale. Proseguimento del sogno futurista anteguerra di città popolate di piccoli aerei, in Slovacchia una piccola start-up settore aerospaziale di nome AeroMobil ha realizzato un ibrido automobile-aeroplano che potrebbe entrare in commercio tra pochi anni. «Tra dieci anni da oggi – dice uno dei fondatori, Stefan Vodocz – il nostro velivolo potrebbe essere completamente automatizzato. Un computer con degli algoritmi farebbe volare l’auto-aereo meglio di un pilota umano».
Il problema è proprio quello: il fattore umano. La ricerca militare negli anni ha cercato di eliminare il pilota: molto costoso da formare, difficile da proteggere in missione e suscettibile di errori pericolosi. L’attuale generazione di aerei da combattimento (la quinta con motori a getto) di cui fanno parte gli F-22 e gli F-35 di Lockheed Martin, potrebbe essere l’ultima pilotata da esseri umani. Dal 2025 si lavorerà ai velivoli della sesta generazione sulla base delle specifiche commissionate dalle differenti aeronautiche militari e volare “pilotless” è un requisito “potenziale”: la Russia lo richiede in alcuni casi e così anche la Francia, che con Dassault Aviation è la capofila del drone da combattimento europeo Neuron, velivolo a pilotaggio remoto attualmente in fase finale di collaudo.
Anche i grandi del trasporto civile come Boeing e Airbus, che hanno anche ampi interessi nel settore aerospaziale militare, studiano da tempo il problema. Prototipi di aerei supersonici, stratosferici e totalmente automatizzati sono sul tavolo: sono fermi però. I motivi economici e di mercato sono solo una parte del problema. In tutte le ricerche effettuate i passeggeri di oggi, per quanto spaventati dal pericolo del “fattore umano”, rifiutano di volare senza pilota. Una sicurezza psicologica più che statistica. Nei dati sugli incidenti aerei mortali avvenuti dagli anni Cinquanta ad oggi gli errori dovuti ai piloti sono il 53%, a cui si aggiunge il 6% di altri errori umani (manutenzione a terra), contro il 12% collegato alle condizioni meteo, il 20% ai cedimenti meccanici e solo l’8% sabotaggio o terrorismo, incluse azione deliberate dei piloti. Avere solo un computer in cabina di pilotaggio potrebbe dunque non essere la scelta sbagliata.
Antonio Dini, Il Sole 24 Ore 28/3/2015