Alessandro Gonzato, Libero 28/3/2015, 28 marzo 2015
GALAN DEVE PAGARE LE TASSE SULLE MAZZETTE
Due milioni 600 mila euro li aveva già sborsati lo scorso autunno come condicio sine qua non per beneficiare del patteggiamento nel maxi processo sullo scandalo del Mose. Ora però il conto da pagare, per il deputato di Forza Italia Giancarlo Galan, rischia di diventare ancora più salato. Il motivo? La procura della Repubblica di Rovigo l’ha iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di infedele dichiarazione dei redditi. In sostanza, stando ai capi di imputazione rivolti all’ex ministro e governatore della Regione Veneto, Galan è finito nuovamente nel mirino dei magistrati per non aver pagato le tasse sulle mazzette, che ammonterebbero a quasi 11 milioni. La procedura per il recupero di questo genere di somme è in atto dal post-Tangentopoli, da quando cioè le entrate ritenute illecite - una volta scoperte - sono diventate tassabili. Secondo il pubblico ministero il parlamentare «azzurro» è accusato di aver violato l’articolo 4 del decreto legislativo 74 del 2000. Ma vediamo nel dettaglio come sono andate le indagini. GLI ACCERTAMENTI La polizia tributaria aveva effettuato gli accertamenti tra ottobre 2014 e lo scorso gennaio. La prima ispezione aveva riguardato le dichiarazioni dei redditi relative agli anni 2005 e 2006, e in questo caso - dal punto di vista penale - è scattata la prescrizione. Situazione ben diversa invece per gli anni che vanno dal 2007 al 2010. Galan, stando agli atti dell’inchiesta sul Mose, avrebbe intascato un milione all’anno di tangenti da Giovanni Mazzacurati, l’allora presidente del Consorzio Venezia Nuova. Tra le somme che la guardia di finanza contesta a Galan ci sono anche i soldi investiti per l’acquisto della villa di Cinto Euganeo - nel Padovano - dove attualmente si trova agli arresti domiciliari per scontare la pena di 2 anni e 10 mesi, e i 200 mila euro giustificati come finanziamento per una campagna elettorale di Forza Italia. Complessivamente la contestazione delle fiamme gialle ammonta a 10 milioni 831 mila 200 euro, in pratica quasi la metà di quei 24 milioni «sporchi» - tra tangenti e finanziamenti illeciti - individuati nella mega inchiesta sul sistema di dighe mobili di Venezia. Una dozzina erano già stati recuperati attraverso i patteggiamenti: detto delle somme confiscate a Galan, l’imprenditore Alessandro Mazzi (ex presidente di Grandi Lavori Fincosit ed ex socio al 30 per cento del Consorzio Venezia Nuova) aveva dovuto tirarne fuori 4. Due, invece (il doppio della somma iniziale proposta dai legali dell’imputato), l’ex assessore veneto alle Infrastrutture, Renato Chisso, anche lui di Forza Italia, e pure lui agli arresti domiciliari (2 anni e 6 mesi la condanna complessiva). Importi milionari erano stati contestati pure a Maria Giovanna Piva e Patrizio Cuccioletta (ex presidenti del Magistrato alle Acque) e all’ex magistrato della Corte dei Conti, Vittorio Giuseppone. L’ALIQUOTA Nei confronti di Galan, e di tutte le figure principali coinvolte nel mega processo (quelle coi redditi più alti), sarà applicata l’aliquota massima, il 43 per cento. La nuova grana, per Galan e soci, non è certo arrivata come un fulmine a ciel sereno se è vero, com’è vero, che già un mese fa uno dei due avvocati dell’ex governatore della Serenissima, Antonio Franchini (l’altro è Niccolò Ghedini), a specifica domanda da parte dei giornalisti si diceva pronto a far ricorso in commissione tributaria in caso di contestazione (praticamente certa) da parte della guardia di finanza: insomma, l’iscrizione del suo assistito nel registro degli indagati era soltanto una formalità, una pura questione di tempo. E adesso, Giancarlo Galan, rischia di dover versare nelle casse dello Stato - euro più euro meno - altri 4 milioni e mezzo. IL PERSONAGGIO Giancarlo Galan (Padova, 10 settembre 1956) è stato Presidente della Regione Veneto, Ministro delle Politiche Agricole dal 2010 al 2011 e Ministro per i Beni e le Attività Culturali nel Governo Berlusconi IV. Ora è deputato e Presidente della VII Commissione Cultura della Camera. L’INCHIESTA Galan è finito nei guai per gli appalti legati al Mose. Il 4 giugno 2014 è stata trasmessa alla Camera dei deputati la richiesta di autorizzazione a procedere per arrestarlo. L’inchiesta, condotta della Procura di Venezia, ha prodotto accuse pesanti: corruzione, concussione e riciclaggio. IL CARCERE Il voto decisivo per l’arresto è del 22 luglio 2014, quando Galan era ricoverato in ospedale per una frattura. Il 9 ottobre, dopo 78 giorni di carcere il gip ha firmato i domiciliari per Galan che ha patteggiato una pena di 2 anni e 10 mesi restituendo 2,6 milioni di euro (a fronte di un maltolto di oltre 15 milioni). Galan continua ad essere deputato e presidente della commissione cultura di Montecitorio. Ora è accusato anche di evasione fiscale e rischia di dover pagare altri 4,5 milioni.