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 2015  marzo 28 Sabato calendario

YEMEN, RISCHIO DI GUERRA REGIONALE

L’accusa del ministro degli Esteri yemenita Riad Yassin, in un’intervista ad al-Arabiya, è di quelle che lasciano il segno: «Forze iraniane erano presenti a Sanaa (la capitale dello Yemen) per sostenere i militanti Houthi». Difficile verificare la fondatezza di una simile affermazione. Prove non sono state addotte. L’Iran, peraltro, ha finora smentito un suo ruolo attivo. Anzi il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif ha ribadito: «Devono fermare (l’offensiva, Ndr). Ciascuno deve incoraggiare il dialogo e la riconciliazione nazionale in Yemen invece che rendere ancor più difficile per gli yemeniti tornare uniti».
Ma la notizia diffusa su Twitter dalla Bbc, secondo cui il generale iraniano Qassem Soleimani, capo della Forza al-Quds, il corpo di elite dei Guardiani della Rivoluzione, sarebbe partito alla volta dello Yemen, non è incoraggiante. Il suo arrivo sarebbe legato alla volontà di Teheran di organizzare la resistenza dei ribelli Houthi, sciiti e filoiraniani, ora sulla difensiva dopo i raid aerei condotti dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita.
Il confronto militare tra gli Houti e l’inedita coalizione di paesi arabi sunniti capeggiata da Riad, in cui figura con un ruolo di prim’ordine anche l’Egitto, rischia di incendiare una regione strategica dove il confronto tra il mondo sciita e quello sunnita ha già inghiottito in violenti conflitti Siria e Iraq destabilizzando gli Stati vicini.
Anche ieri sono continuati i raid dell’aviazione saudita contro le postazioni degli Houthi. All’alba i caccia hanno colpito magazzini in cui sono custoditi missili e un un’area vicino al complesso presidenziale a Sana’a. Secondo il ministero della Sanità ci sarebbero già più di 40 vittime civili tra cui sei bambini sotto i dieci anni. La Coalizione ha ripreso «il totale controllo dello spazio» yemenita, ha dichiarato il generale saudita Ahmed al-Asiri, portavoce militare della missione.
Ieri il presidente yemenita Abd Rabbo Mansour Hadi è arrivato in Egitto per partecipare alla riunione dei capi di Stato della Lega araba. Ma questa eterogenea coalizione sunnita, che vede schierati almeno 10 paesi (tra cui Egitto, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrein) potrebbe incrinarsi prima che l’obiettivo venga raggiunto. La Lega Araba vorrebbe un partecipazione di tutti i suoi membri. Ma ieri l’Algeria ha confermato che non prenderà parte all’operazione «Tempesta decisiva». Altri Paesi hanno proposto un appoggio solo logistico. Senza contare che i miliziani Houthi ieri hanno conquistato la città di Kirsh, a 100 km da Aden, secondo centro del Paese, a 40 minuti da un’importante base aerea nelle mani delle forze del presidente Hadi.
La situazione, dunque, è molto complessa. Anche per la Casa Bianca, accusata dal Wall Street Journal di aver prodotto una maggiore instabilità nella regione. Annunciando il suo appoggio alla campagna saudita per fermare l’avanzata degli Houthi, Washington si trova come nemico quello che è ormai divenuto un alleato nella guerra contro l’Isis: l’Iran. I due Paesi si trovano a combattere sullo stesso fronte contro lo Stato Islamico in Iraq e Siria. Peraltro nell’offensiva contro l’Isis da diversi mesi la Casa Bianca sta finanziando la riorganizzazione dell’esercito iracheno sostenendolo con i raid aerei. Il governo iracheno, tuttavia, è a maggioranza sciita. E sempre più vicino all’Iran, anche in politica estera. Sempre in Siria i due Paesi hanno obiettivi divergenti rispetto alla posizione del controverso presidente Bashar al-Assad: gli Usa ne vogliono la dimissioni, l’Iran il contrario.
In questo scenario confuso si inserisce il già difficile negoziato sul dossier nucleare iraniano, proprio in questi giorni nella città svizzera di Losanna. Washington e Teheran sembrerebbero arrivati al rush finale dei negoziati per raggiungere un accordo. E una simile possibilità è vista con estrema preoccupazione da parte di due storici e influenti alleati mediorientali: Arabia Saudita ed Israele. In Yemen «non ci stiamo schierando contro la fazione sciita a difesa di quella sunnita», ha precisato la Casa Bianca. E a chi la accusa di politica schizofrenica c’è chi ribatte che si tratta invece di una strategia ad hoc, il cui obiettivo sarebbe di non permettere il dominio assoluto a nessuna delle potenze regionali: vale a dire Iran, Arabia Saudita, Turchia ma anche Israele.
Roberto Bongiorni, Il Sole 24 Ore 28/3/2015