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 2015  marzo 28 Sabato calendario

NON SOLO PREDE, 19 OPERAZIONI DI ACQUISIZIONI NEL MONDO

Secondo Dealogic, da inizio anno sono 19 le operazioni Italia su estero. In particolare, allargando l’orizzonte temporale, un ruolo attivo nello shopping oltreconfine è giocato dalle medie imprese. Multinazionali tascabili che fanno dell’articolazione internazionale un «atout» essenziale.
«Opa cinese sull’industria italiana». Oppure, «l’impresa del Belpaese in salsa medio-orientale». Slogan simili sono sempre più all’ordine del giorno. Come ogni slogan, però, raccontano solo parte della storia. C’è infatti una media-piccola impresa a Piazza Affari che, per strategia o perché «costretta» dal rallentamento del mercato domestico, resiste. Nonostante le mille difficoltà, e la mancanza di un sistema-Paese, fa shopping all’estero. Entra nei mercati emergenti e siconsolida in quelli d’Occidente.
Gli esempi? Parecchi. Così, può ricordarsi Ima. La multinazionale tascabile, che produce macchine automatiche per confezionare prodotti (da quelli farmaceutici fino agli alimentari), ha di recente acquisito un pool di 5 aziende addirittura nella tana del lupo europeo. La Germania.
Che dire poi di Emak, attiva nei componenti e accessori per giardinaggio, agricoltura e industria. Nel novembre scorso ha sottoscritto l’accordo per far suo il 70% della brasiliana Lemasa (25 milioni di euro l’impegno finanziario).
E sempre in Brasile, dopo essere entrata in Israele, ha giocato le sue fiches Amplifon: il gruppo delle protesi auditive ha comprato il 51% di Direito de Ouvir.
Per rimanere in un settore «contiguo» a quello del biomedicale può inoltre guardarsi verso Recordati. L’azienda, fondata nel lontano 1926 a Correggio (Reggio Emilia), ha nel 2014 allargato il suo perimetro salendo al 90% della tunisina Ophalia Pharma. Un’operazione del valore complessivo di 28,5 milioni.
Ma non si tratta soltanto del mondo del biomedicale, della meccanica o della farmaceutica. Anche il business dell’energia è della partita. Così basta guardare dalle parti di Erg: il gruppo genovese, convertito dal petrolio alle rinnovabili, ha compiuto il 15 marzo scorso il suo terzo passo per crescere nei parchi eolici in Polonia. Una strategia che, fin qui, prevede circa 127 milioni di investimenti complessivi. Investimenti che, sempre nel business delle fonti rinnovabili di energia, concretizza la stessa Falck Renewables. Quest’ultima, nel settembre 2014, ha comprato la società di servizi spagnola Vector Cuatro.
Già, la Spagna. Oppure, Brasile e ancora Europa dell’Est. Cioè, mercati importanti ma, seppure differenti tra loro, non così «difficili» da penetrare. Esiste qualche società che, invece, osa l’azzardo negli Stati Uniti? Tra le piccole e medie imprese, un po’ a sorpresa, si fa avanti il comparto dell’hi-tech. Un settore, va ricordato, poco rappresentato a Piazza Affari.
In tal senso può ricordarsi che Reply, nel 2014, ha rilevato il 20% della statunitense Sensoria. Certo, i mercati di riferimento di questa società sono essenzialmente Italia, Germania, Gran Bretagna e Francia. Tuttavia, la mossa resta significativa. Analogamente a quella di El.En, società che produce sistemi laser. L’azienda, infatti, ha comprato il 19,5% di Quanta Aesthetic Laser Usa con l’opzione, nel 2017, di salire al 51%.
Insomma, i fatti (e gli esempi potrebbero proseguire) mostrano un mondo della media e piccola impresa di Piazza Affari che non ha paura a fare shopping per in giro per il globo. Certo il valore delle operazioni, spesso, viaggia tra 10 e 100 milioni. Vale a dire, non grandi deal. E, tuttavia, si tratta di un M&A ingiustamente trascurato dalla grande stampa finanziaria. Operazioni Italia su Estero che testimoniano l’effervescenza di questo mondo imprenditoriale.
Cio detto, viene però da chiedersi: quali le motivazioni alla base di simili operazioni?
Le cause, ovviamente, sono le più disparate. Tuttavia un filo rosso può riscontrarsi nella necessità di articolare la presenza internazionale.
Vale a dire, chi ha resistito alla dura crisi è consapevole che rimanere confinato nel mercato domestico equivale a condannarsi alla «decadenza». Anche una Blue Chip come Azimut, in fin dei conti, ha fatto suo questo pensiero: le acquisizioni dall’Australia fino al Brasile hanno proprio questo significato.
Al di là del big indipendente del risparmio gestito, in un simile contesto l’operazione straordinaria può comunque essere di aiuto sotto diversi aspetti. Ad esempio permette, magari dopo avere collaborato con l’impresa locale, di acquisire quote di mercato in quello Stato. Oppure, offre la possibilità di portarsi in casa una competenza, soprattutto tecnologica, che altrimenti sarebbe difficile sviluppare. Non solo. Nel mercato globalizzato l’M&A è anche utile ad acquisire capacità produttiva in aree strategiche dove, per il tipo di business, l’export è anti-economico. Così, ad esempio, è il caso di Buzzi Unicem che, nel dicembre scorso, ha fatto sua Uralcement (104 milioni l’esborso).
Fin qui le cause: ma quale il finanziamento per simili operazioni? In generale, come sottolinea T.i.p in un recente pamphlet,«molte aziende italiane necessitano di risorse per sostenere i nuovi progetti». In questo contesto «alcuni operatori di private equity hanno svolto un ruolo fondamentale». Così come è stato positivo il fatto di essere quotati in Borsa. Una condizione che agevola la raccolta di fondi: sia attraverso i prestiti bancari che con aumenti di capitale. Tutto rose e fiori, quindi? Evidentemente no. In primis diverse società, che tra le altre hanno contribuito ai 19 deal italia-estero calcolati da Dealogic da inizio anno ad oggi, appartengono allo Star. Cioè, un segmento importante di Piazza Affari ma da solo insufficiente.
Inoltre, è chiaro che tutto non può essere demandato alla forza dei singoli. Insomma, è sempre la solita storia: manca il sistema-Paese e una politica industriale seria. Per sostenere le Pmi all’estero c’è bisogno di meno convegni e più fatti.
Vittorio Carlini, Il Sole 24 Ore 28/3/2015