
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Possiamo scrivere, su un giornale che ha come primo azionista la Fiat, che il cane del nuovo ministro delle Infrastrutture si chiama Lapo?
• Non mi piace questo modo di cominciare gli articoli, non mi piace proprio, e la avverto che potrei riferire…
Il nuovo ministro delle Infrastrutture, quello che ha preso il posto del dimissionario Maurizio Lupi, si chiama Graziano Delrio, ha 52 anni, è un medico endocrinologo, ha una moglie di nome Annamaria e nove figli che si chiamano: Emanuele, Elisabetta, Luca, Sara, Michele, Benedetta, Maria Chiara, Teresa, Giovanni. Va meglio?
• Meglio. Il numero dei figli, superiore addirittura a quello dei cattolicissimi Ettore Bernabei o Giuseppe De Rita (otto a testa), mi fa pensare che si tratti di un cattolico.
Ultra cattolico, ma di sinistra. Qui notiamo una finezza tipicamente renziana: il precedente ministro era un cattolico di Comunione e Liberazione, cioè business e destra, l’attuale ministro è un cattolico educato dal nipote di Dossetti, cioè sinistra e dottrina sociale della Chiesa. Dire Comunione e Liberazione e dire Dossetti è come dire cane e gatto. Ma Renzi non l’ha scelto solo per questo: l’ha scelto perché è un uomo capace (qualità che però non sarebbe stata sufficiente) e perché è un fedelissimo (qualità necessaria). Sta col premier-segretario fin dal primo momento, alle due primarie che lo riguardano ha votato sempre Renzi contro Bersani, alla sua ascesa si sono via via opposti sia D’Alema che Veltroni, che è una specie di patente. Insomma, non ha niente a che vedere con il cuore “pciista” del Pd, ma ha casomai pascolato tutta la vita sui prati della Margherita. Suo padre era un piccolo costruttore edile di Reggio Emilia, abbastanza sfortunato, comunista convinto. Il figlio, cresciuto povero nel quartiere della Rosta Vecchia, fu protagonista di una conversione assoluta, parrocchia dalla mattina alla sera e poi candidatura a sindaco di Reggio Emilia contro i rossi che l’avevano governata da sempre. Vittoria per due volte di seguito (2004 e 2009). Di lì alla guida dell’Associazione dei comuni, poi ministro per gli Affari regionali nel governo Letta, poi con Renzi nel delicatissimo posto di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, quello che all’epoca di Berlusconi era occupato da Gianni Letta. Adesso le Infrastrutture e Trasporti, altro ministero-chiave, altra centrale di smistamento di un mucchio di miliardi.
• Ha giurato ieri alle otto di sera.
Nel pomeriggio ha risposto ai cronisti, con cui ha da sempre un rapporto cordiale: «Le opere non sono né grandi né piccole ma utili o inutili. E sono utili quando sono utili per la comunità». Non è male, bisogna ammetterlo, come claim .
• Non c’era anche la questione di un ministero per il Mezzogiorno o qualcosa del genere?
Esisteva un ministero senza portafoglio intitolato agli Affari regionali e lo guidava Maria Carmela Lanzetta, sindaco di Monasterace (Reggio Calabria), civatiana - cioè sinistra-sinistra Pd - ma ritenuta campionessa della lotta alla ’ndrangheta. Maria Carmela a un certo punto mollò il governo e se ne tornò in Calabria (è una lunga storia), gli Affari regionali sono così rimasti vacanti. Renzi parrebbe intenzionato a unificarli con altre competenze e a creare (anzi a ricreare) un ministero del Mezzogiorno. Ministro dovrebbe essere una personalità del Nuovo Centro Destra, il principale alleato di governo. Renzi ha pregato Alfano di scegliere una donna, in modo da mantenere l’equilibrio di genere dentro la compagine governativa. La decisione di creare un ministero del Mezzogiorno è forse un primo tentativo di rispondere alle critiche di questi ultimi giorni: il caso delle tangenti di Ischia, il caso del sindaco di Salerno De Luca, condannato ma vincitore delle primarie, dimostrerebbero, secondo questi critici, che il rinnovamento del partito predicato da Renzi è lungi dal realizzarsi al Sud, dove continuano a dominare incontrastati cacicchi e tangentari.
• Che cosa ci dice questa scelta di Delrio alle Infrastrutture e di una Ncd al Mezzogiorno, politicamente parlando?
Che l’avanzata del PdR, cioè Partito di Renzi, si direbbe inarrestabile. Gli alfaniani hanno perso un dicastero di peso e devono ingoiare il boccone amaro di una poltroncina, comunque si chiamerà, irrilevante. Renzi ha avuto il fegato di non assegnare le Infrastrutture nemmeno a un esponente della minoranza interna, mossa che i vecchi dc d’una volta avrebbero compiuto senz’altro per placare la ribellione dei kamikaze democratici che alla Camera voteranno contro l’Italicum. Renzi avanza come un panzer, vuole pigliare tutto e, a quanto pare, ci riuscirà.
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