Loretta Napoleoni, il Venerdì 3/4/2015, 3 aprile 2015
CIOCCOLATA
Il mercato internazionale del cacao ci offre una finestra sui pericoli futuri di un’economia globalizzata che favorisce gli oligopoli dell’industria alimentare a scapito degli interessi del contadino. Il mercato della cioccolata, per esempio, è controllato da tre grandi giganti: le americane Mondelez International (27 per cento) e Mars (21) e la svizzera Nestlé (17). La produzione di cacao è invece molto frammentata e concentrata in poche nazioni, i maggiori produttori sono Ghana, Costa d’Avorio e Indonesia. Ciò ha creato rapporti di forza che ora rischiano di mettere in crisi tutta l’industria.
Negli ultimi dieci anni i cambiamenti climatici e l’aumento della domanda dai Paesi emergenti – India, Cina e Brasile in particolare – hanno prodotto squilibri tra domanda e offerta al punto che si è dovuto utilizzare le scorte. Ciò spiega perché dal 2013 al 2015 il costo di una tonnellata di cacao è passato da 500 a 2000 sterline. Secondo uno studio pubblicato da un gruppo di Ong, tra cui Oxfam e Solidaridad, nei prossimi cinque anni succederà la stessa cosa. Ma l’aumento del prezzo del cacao non incentiva l’agricoltore a produrre di più poiché costui ne riceve appena il 6,6 per cento. In Costa d’Avorio, per esempio, gli agricoltori guadagnano mezzo dollaro al giorno, ben al di sotto dei due considerati il limite minimo della povertà. I giovani non sono interessati a questa attività e ciò spiega in parte perché i grandi produttori di cioccolata finanziano progetti piloti per incentivare la produzione. Ma i risultati sono scarsi a causa della frammentazione del mercato. L’unica soluzione è ridurre la distanza tra la produzione e la vendita, ma questo significherebbe tagliare i profitti degli intermediari e dei grandi produttori di cioccolata.