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 2015  aprile 03 Venerdì calendario

COME LA CODA DEL MAIALE

In un’intervista al quotidiano Huffington Post, Francesco Piccolo ha detto che, secondo lui, il segretario della Fiom, Maurizio Landini, è un reazionario, perché ha delle idee che, anche se sono «non solo rispettabili ma anche condivisibili», sono inermi. La cosa mi sembra abbia senso: Landini è in forte polemica con il presidente del consiglio Matteo Renzi, mentre Piccolo, in un libro che è uscito nel 2013, Il desiderio di essere come tutti, scriveva che lui era pronto a seguire il leader del «partito della sinistra riformista che cercherà di governare secondo i criteri del compromesso e della collaborazione» anche se fosse stato «vizioso o scadente»; ora, siccome il leader del principale partito della sinistra riformista è Matteo Renzi e, in questo momento, governa, Piccolo fa, coerentemente, quel che si è impegnato a fare due anni fa, difende chi governa. Se, per ipotesi, tra qualche anno, il leader del Partito Democratico dovesse diventare Maurizio Landini (lo sono stati Dario Franceschini e Guglielmo Epifani, potrebbe esserlo tranquillamente anche Maurizio Landini), e se Matteo Renzi si trovasse all’opposizione, credo che Piccolo direbbe che le idee di Matteo Renzi, anche se rispettabili e condivisibili sono inermi e difenderebbe Maurizio Landini. A leggere questa intervista mi son tornate in mente due cose che non avevo capito quando avevo letto Il desiderio di essere come tutti, cioè questa passione per il potere (che contrasta con la convinzione di uno scrittore stupefacente, Viktor Šklovksij, che, negli anni venti del Novecento, in Unione Sovietica, quando dichiararsi contro il potere era un po’ più rischioso di quanto lo sia oggi in Italia, scriveva che «il colore dell’arte non riflette mai il colore della bandiera che sventola sulla cittadella del potere») e questo desiderio di prendere partito a priori, a patto di schierarsi perfino con «i viziosi e gli scadenti», purché di sinistra e potenti (che contrasta con quello che, nel 1940, aveva scritto Simone Weil nella sua Note sur la suppression générale des partis politiques: «Quasi ovunque, e spesso anche per questioni squisitamente tecniche, il fatto di prendere partito, di prendere posizione pro o contro, ha sostituito il fatto di pensare? È una peste che si è originata nel contesto politico e si è diffusa a tutto il paese, alla quasi totalità del pensiero»). Poi, nella dichiarazione di Piccolo, c’è un’ultima cosa che mi stupisce, la sua ostilità verso quel che è inerme. Inerme vuol dire senza armi, disarmato, indifeso, impotente. Ecco, l’impotenza, per come la capisco io, è una condizione dello spirito che dovrebbe esser cara, a chi scrive dei libri, se è vera la frase di Giorgio Agamben che dice che un poeta è uno che è «in balia della propria impotenza» che è una frase che a me è cara e che io apparento a quella di Manganelli dove Manganelli dice che lo scrittore sceglie in primo luogo di esser inutile. «Quante volte», scrive Manganelli, «gli si è gettata in faccia l’antica insolenza degli uomini utili: “buffone”. Sia: lo scrittore è anche buffone, non ha collocazione storica, è un lusus, un errore». Ecco. Del principale partito della sinistra riformista, dei criteri del compromesso e della collaborazione Manganelli non ne parla. E neanche Agamben. E neanche la Weil. E neanche Šklovskij, mi sembra.