Filippo Grimaldi, La Gazzetta dello Sport 3/4/2015, 3 aprile 2015
PALOMBO: «LA SAMP È UN VERO MARTELLO»
Il palombo («p» minuscola) è uno squalo. Un predatore come il Palombo («P» maiuscola) che di nome fa Angelo e di professione, oggi come 13 anni fa, il cacciatore di successi nella Samp. Particolare non da poco: quest’ultimo è un pescatore provetto, una passione che coltivi ancora meglio se puoi uscire di casa, scendere una scala a picco sulla scogliera sbucando su una spiaggetta da favola. Roba che evoca i pomeriggi genovesi di Vialli e Mancini a fine anni Ottanta.
Dalla Sampd’oro (tricolore) a quella dei miracoli di quest’anno. Domani lei torna alle origini. Firenze, la Viola, era il ’99, Palombo appena maggiorenne. Una storia conclusa male, con il primo fallimento di un grande club, nel 2002, tredici anni prima del disastro di Parma.
«Dagli errori si dovrebbe imparare, e a me sembra che non si voglia farlo. Molte analogie, stesso dramma. Penso ai dipendenti che devono mantenere le famiglie, ma anche ai calciatori, perché tanti mesi senza stipendio non sono piacevoli. Per noi fu una lenta agonia».
La Fiorentina provò più volte a riportarla là.
«Vero, ma mi restano i ricordi di quegli anni. Iniziai con la Primavera. Era la prima esperienza in un grande club. Mi ruppi il ginocchio con l’U20, e al rientro ripartii dalla prima squadra. Ci sono molte analogie con la Samp di oggi. Firenze è una città a misura d’uomo, come Genova».
Dopo la retrocessione e il fallimento, lei trovò la Samp. Un arrivo rocambolesco: Marotta la fece firmare appena sbarcato a Malpensa.
«Avevo ricevuto offerte anche da club di A, ma la Samp mi sembrò l’ideale, anche in ottica futura. Una società seria, un progetto all’altezza, una proprietà “straseria” (dice proprio così, ndr )».
Cosa pensa di questa Fiorentina? Imprevisti in serie, però Montella li ha sempre superati.
«Mi viene da sorridere pensando a Vincenzo allenatore. Nel 2007-08 era stato mio compagno in blucerchiato. Ogni tanto scherziamo su quell’anno. Avevamo un ottimo rapporto, mi fa piacere che sia diventato un bravo allenatore. La Fiorentina ha un grande organico, che coniuga alla perfezione fisicità e tecnica. Ma la storia di Montella parla chiaro: un ragazzo serio e con una volontà di ferro».
Questa vostra stagione pazzesca può essere intesa come un risarcimento verso la piazza dopo la retrocessione del 2011?
«Prima raggiungiamo l’Europa — più o meno nobile non importa — e poi venga a rifarmi la domanda. Sarebbe una soddisfazione immensa, ma dietro la concorrenza è agguerrita, può succedere di tutto. Abbiamo un solo modo per farcela: spingere sempre al massimo. Le dico questo: l’unico limite della Samp siamo noi stessi. A volte ci siamo complicati la vita, in altre occasioni siamo calati un po’, ma può succedere se affronti una squadra in quel momento al top. Dobbiamo essere dei martelli. Attenti, concentrati, uniti, solidali. Una cosa è certa: nella partita secca, possiamo giocarcela con chiunque».
A inizio stagione avrebbe immaginato di essere così in alto a Pasqua?
«Sembra un pesce d’aprile, la Samp lassù, vero? Se mi avesse fatto una domanda simile ad agosto, avrei risposto di no. Ma attenzione: non per mancanza di fiducia nel gruppo, ma perché c’erano tante squadre più attrezzate. Però il calcio è bello proprio per questo: si può sfatare qualunque tabù. E poi a gennaio ci siamo rinforzati, il mister ora ha più alternative».
Se andrete in Europa, Cassano al massimo potrà seguirvi da spettatore. Ha letto? Ora è alle Maldive e sogna un futuro da direttore tecnico.
«Antonio che smette? Non ci crede nessuno, tantomeno lui. È troppo innamorato del calcio per dire basta. E poi, se continuo a giocare io, pensa che non possa farlo lui, con la sua classe, solo perché s’è fermato a metà stagione? Non è ancora il giorno dell’ultima recita di Fantantonio».