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 2015  aprile 03 Venerdì calendario

CASTORI, LA A ALLA FACCIA DI LOTITO

Se una cittadina di 72 mila abitanti vede da vicino la Serie A, a dispetto dei desideri di Lotito, buona parte del merito va a un allenatore marchigiano di sessant’anni che ha saputo costruire una squadra di ragazzi pescati nel mare magno delle serie minori.
Fabrizio Castori, quando avete cominciato a crederci sul serio?
«Alla fine del girone d’andata, dopo 9 vittorie e 4 pareggi, quando la continuità dei risultati, il rendimento costante e le prestazioni straordinarie hanno reso evidente che non era più un caso se eravamo in testa alla classifica».
Il Carpi in pochi anni è passato dalla serie D alle soglie della massima serie. Qual è il segreto?
«Nel calcio non ci sono segreti, non ci siamo inventati niente. Abbiamo solo creato un gruppo di giovani molto motivati e facciamo allenamenti impegnativi, molto duri da un punto di vista atletico: l’intensità e il ritmo in partita sono il risultato del lavoro che si fa in settimana e durante la preparazione».
Possibile che sia così semplice?
«Nello spogliatoio c’è molta armonia, sono ragazzi che vanno d’accordo, amici veri, così si crea quell’alchimia indispensabile per un rendimento elevato. Da un punto di vista tecnico poi c’è la lungimiranza del ds (Cristiano Giuntoli, ndr) che ha saputo trovare nelle categorie inferiori tanti ragazzi interessanti con voglia di sfondare. Ci sono tanti stranieri mediocri in serie A, il Carpi è la dimostrazione che se si sa vedere ci sono molti giocatori bravi nelle serie minori».
Il vostro successo è anche una rivincita verso Lotito e le sue frasi sul Carpi?
«Il calcio non è solo un bacino d’utenza e diritti tv, è anche meritocrazia: deve vincere chi gioca meglio. La nostra forza però è che non abbiamo mai pensato a quelle frasi: abbiamo pensato solo a giocare e ad allenarci. Non potevano essere un alibi, né una scusa, né un motivo di rivincita».
Lei ha allenato anche il San Patrignano.
«Sì, in Terza categoria, quando ero al Cesena, e il terzo anno abbiamo pure vinto il campionato. I tossicodipendenti sono malati nello spirito, abbiamo usato il calcio come mezzo di recupero: il calcio è lotta, sacrificio, superamento degli ostacoli e alla fine gioia e condivisione. È stato molto significativo sotto l’aspetto umano».
Questa stagione straordinaria cancella per sempre la squalifica per i fatti di Lumezzane?
«Nella mia carriera ho vinto 8 campionati, eppure parlano ancora di questa cosa vergognosa per cui penso di aver pagato in maniera esagerata. Spero che a fine stagione diranno che sono l’unico allenatore che è andato in serie A dopo aver vinto tutti i campionati dalla prima categoria in poi».