il Fatto Quotidiano, 3 aprile 2015
I declino di Forza Italia. Per i naufraghi del berlusconismo, Matteo Salvini è l’ultima zattera cui aggrapparsi per non finire nell’irrilevanza
Nella protesta scoppiata tra i leghisti liguri dopo l’accordo con Forza Italia per candidare l’azzurro Giovanni Toti a governatore della Regione (“qui non vincerà mai”) c’è il marasma della destra italiana senza bussola. Per i naufraghi del berlusconismo, Matteo Salvini è l’ultima zattera cui aggrapparsi per non finire nell’irrilevanza dopo aver dilapidato un gigantesco patrimonio elettorale, tra le risse e le scissioni innescate dal declino giudiziario, ma anche anagrafico dell’ex Cavaliere. Fa quasi tenerezza Renato Brunetta quando rimembra gli antichi splendori del patto con Umberto Bossi che, per un decennio, fece del sultano di Arcore un uomo solo al comando. Mentre il Carroccio allegramente banchettava nel sottogoverno, tra minacce secessioniste e tricolori lordati. Altri tempi, visto che oggi a parti rovesciate è il capo leghista a dirigere l’orchestra e a dettare anche lo spartito. Sere fa in tv, a Linea Notte, faceva un certo effetto vedere il mite Toti arrampicarsi sugli specchi per dimostrare che con il rude Matteo felpato “si può trovare la quadra”. Salvo prudentemente svicolare quando gli è stato chiesto se l’idillio prevede anche l’uscita dall’euro e l’abbandono in mare degli immigrati. In politica non sempre due più due fa quattro, come dimostrano i leghisti liguri decisi a fare un solo boccone di quel pezzo di pane cucinato dal cerchio magico