
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Obama sta per ottenere qualcosa sulla questione della riforma sanitaria, anche se non è ancora chiarissimo cosa.
• Che significa?
C’è un testo passato alla Camera e sta per arrivare anche un sì del Senato. Però la legge dei senatori, probabilmente approvata tra domani e dopodomani, è diversa da quella dei deputati. A quel punto i due rami del Parlamento dovranno mettersi d’accordo su una legge condivisa e poi rivotarla tutt’e due. È un sistema differente dal nostro. Sarà difficile farcela prima di carnevale. Ma le probabilità che si vada in porto con qualcosa sono a questo punto molto alte.
• Perché è così importante?
Obama ha puntato sulla riforma della sanità fin dalla campagna elettorale. È una delle speranze da concretizzare. In sostanza: 47 milioni di americani non hanno alcuna copertura assicurativa e il Presidente è impegnato a fornirgliela. La lotta con i repubblicani ha ridotto la platea di coloro che beneficeranno delle nuove norme a 31 milioni di persone. La Camera ammette che gli Stati possano spendere denaro pubblico per aiutare chi non ha copertura assicurativa. I senatori hanno invece escluso questa possibilità. I cinquanta stati americani stanno facendo i conti con un passivo di 250 miliardi di dollari e dieci stati, tra cui la California, sono sull’orlo della bancarotta. È comprensibile la diffidenza dei parlamentari di fronte all’idea di caricare le casse pubbliche di una spesa aggiuntiva. C’è poi l’opposizione repubblicana, che si basa su questo assunto (stiamo citando il Nobel Paul Krugman): «La vita può essere ingiusta ma non è compito del governo liberare il mondo dalle ingiustizie spendendo i soldi dei contribuenti per aiutare quelli più sfortunati».
• Mi pare un modo di ragionare inconcepibile.
Sta nel codice genetico della storia americana ed è uno dei punti chiave dell’ideologia repubblicana, resa più attuale dall’aumento davvero sensibile dei costi dell’assicurazione. Al fondo di questo modo di pensare c’è l’idea, da noi assai minoritaria ma in America prevalente, che sia un diritto scegliersi il medico o l’ospedale dove si vuole essere curati. Sembra assurdo diminuire questo diritto e aumentare le tasse in favore di una sanità pubblica. Nel dibattito americano entrano anche le questioni dell’aborto: Obama ha ottenuto l’appoggio decisivo del senatore democratico del Nebraska, Bob Nelson, dopo aver introdotto nella legge una frase che consente ai singoli Stati di impedire lo stanziamento di fondi pubblici per favorire gli aborti. Alla Camera, per esempio, questa regola è scritta in modo molto più ambiguo. Ho l’impressione che sia ancora presto per cantare vittoria, ma gli uomini che si occupano della comunicazione per la Casa Bianca stanno facendo un buon lavoro e i siti di tutto il mondo, con l’accompagnamento di parecchi quotidiani, dànno l’impressione che la partita ormai sia vinta. È vero che con 60 deputati favorevoli al Senato, l’ostruzionismo repubblicano è stato vanificato. Mi si tratterà di vedere adesso che razza di legge uscirà fuori.
• Meglio la sanità americana o quella italiana?
Impossibile rispondere, è una domanda troppo generica. La sanità italiana è meno peggio di quello che si crede. E anche la storia dei costi è relativa: spendiamo poco più dell’8 per cento del Pil, il che significa che stiamo sotto la media Ocse. Piuttosto c’è misurare l’efficienza del nostro sistema nella realtà della crisi economica. Il Censis ieri ha diffuso i primi dati di una ricerca che si conoscerà nel dettaglio tra qualche mese, ma che ora, a una prima analisi, mostra una improvvisa timidezza dei pazienti a ricorrere alle visite specialistiche, soprattutto a quelle odontoiatriche. Il motivo? Mancano i soldi e un cittadino su cinque, se deve pagare di tasca propria, a questo punto lascia perdere. Il 21% degli intervistati ha anche ridotto l'acquisto di farmaci pagati di tasca propria: più del 23% dei 45-64enni, il 23,4% nel Mezzogiorno, il 28% dei residenti nelle grandi città, quasi il 29% dei meno istruiti. E ancora, quasi il 7% degli italiani ha dovuto fare a meno della badante, per sé o per un familiare, a causa della crisi. La percentuale sale al 7,7% al Sud e al 17,3% nelle città con 100-250 mila abitanti.
• Perché costoro non si rivolgono alla sanità pubblica?
È quello che hanno fatto. Il Censis segnala un aumento del ricorso alle strutture pubbliche, con liste d’attesa più lunghe per ottenere prestazioni che in altri tempi i cittadini avrebbero pagato di tasca propria.
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