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 2009  dicembre 22 Martedì calendario

Ripresa debole? Vola la disoccupazione se sale la produttività - «L’Italia riparte», intitolava il Sole 24 Ore di venerdì 18 dicembre, prendendo come oro colato le previsioni della Confindustria (proprietaria della testata, del resto)

Ripresa debole? Vola la disoccupazione se sale la produttività - «L’Italia riparte», intitolava il Sole 24 Ore di venerdì 18 dicembre, prendendo come oro colato le previsioni della Confindustria (proprietaria della testata, del resto). Un’operazione di imbonimento e imbambolamento perchè - come appare dal medesimo quotidiano - l’Istat ha reso noto che in ottobre il calo del fatturato nell’industria nel suo complesso era del 15,6% rispetto allo stesso mese del 2008. Per il periodo gennaio-ottobre 2009 si registra un crollo del 21,4% nei confronti dell’anno precedente. In relazione al settore delle macchine utensili il Sole 24 Ore riporta inoltre stime di una diminuzione del 30% per l’intero 2009, unita alla previsione di un ulteriore calo del 14% per l’anno prossimo. Di fronte a perdite di tali proporzioni, le imprese risultano oberate da capacità inutilizzate e da spese fisse di fronte alle quali nessuno schiacciamento salariale o «flessibilità» le potrà salvare da paurosi conti in rosso e da rovinosi fallimenti. La voragine apertasi nel settore delle macchine utensili costituisce un ulteriore passo nello svuotamento produttivo del paese. Le capacità innovative e di diversificazione industriale della Germania, del Giappone, di Taiwan, della Svezia dipendono proprio da questo tipo di macchine. In Italia il comparto non è immune dal nanismo industriale che affligge e vincola l’industria nazionale. La sua crisi sarà quindi difficilmente superabile e probabilmente si tradurrà in un aggravamento del degrado tecnologico, della capacità di occupare personale tecnico, ingegneristico e progettuale. Invece di parlare della gravità della situazione, il giornale confindustriale si aggrappa all’inconsistente ipotesi di una crescita del Pil dell’1,1% per il 2010: una dinamica che peraltro non corregge affatto l’implosione produttivo-occupazionale-tecnologico-conoscitiva di cui sopra. La speranza in una crescita debole - ma pur sempre crescita at last! - viene abbinata all’idea che l’aumento della disoccupazione sia da ascrivere a un inevitabile ritardo temporale. Noi staremmo insomma osservando la disoccupazione causata dalla caduta produttiva degli ultimi 18 mesi. Da più parti ci viene raccontato che la ripresa del Pil comporterà invece, a tempo debito, anche un recupero occupazionale, lieve nella fasi iniziali e sostanziale quando la ripresa si consoliderà nelle strategie delle imprese. Questa argomentazione è assolutamente errata. Con un tasso di crescita minimo, cioè dell’1-1,5%, la crescita dell’occupazione effettiva è possible solo se la produttività rimane stagnante. E’ evidente che se la produttività aumentasse, poniamo, dell’1,7% su base annua, la crescita genererebbe ulteriore disoccupazione. Questa tematica venne sviluppata trent’anni fa in maniera molto articolata in un noto studio di Paolo Sylos Labini, intitolato Sindacati, inflazione, produttività. Analogamente, negli Usa negli anni Sessanta, fu formulata la «legge di Okun». Tenendo conto dell’impatto negativo della crescita della produttività sull’occupazione, essa stipulava che gli Usa potevano evitare il riemergere della disoccupazione solo crescendo ad un saggio superiore al 4% annuo. Ora, le crisi non hanno mai un’accezione statica. Durante il loro corso si effettuano ristrutturazioni, riorganizzazioni produttive e del lavoro che comportano sempre incrementi di produttività, anche in caso di Pil stagnante. Gli anni Trenta negli Usa ne costituiscono un lucido esempio. Ne consegue che se fossero vere le stime di un Pil a +1,1% nel 2010 e a +1,3% per il 2011, o si deve sperare che la produttività non aumenti o dovremmo attenderci una grande espansione della disoccupazione e della sottoccupazione.