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 2009  dicembre 22 Martedì calendario

LA BRAVA GENTE DELLO SCUDO. TORNANO SOLO I MINI PATRIMONI


Lo scudo fiscale di Giulio Tremonti è stato decisamente snobbato da Cosa nostra e dalla criminalità organizzata, contrariamente a quanto da mesi strombazza anche con toni coloriti Antonio Di Pietro. Sarà forse anche per questo che l’operazione rimpatrio stando ai primi consuntivi ufficiosi al 15 dicembre è ammontata a circa 80 miliardi di euro, cifra ragguardevolissima ma inferiore di almeno 30-40 miliardi di euro alle stime divulgate da operatori e stampa specializzata da novembre in poi.
Rimpatri e regolarizzazioni di beni mobili e immobili posseduti oltre confine hanno riguardato una platea di contribuenti assai più vasta che nel passato, ma per importi molto più piccoli. Secondo uno studio dell’Associazione private bankers (Aipb) rielaborato da Il Sole 24 Ore il taglio medio dei rimpatri sarebbe di 550 mila euro, inferiore del 35% ai 900 mila in media del 2001-2003. Si tratta di una stima, ma con i primi dati che arrivano da fonti associate all’Abi quel taglio medio potrebbe essere rivisto al ribasso.
Tanto più che una percentuale molto consistente delle dichiarazioni di rimpatrio, circa il 30 per cento, riguarderebbe somme inferiori ai 100 mila euro, e di queste la metà inferiori addirittura ai 40 mila. Molti banchieri ed operatori finanziari interpellati citano numerose operazioni per tagli intorno ai 30 mila euro. Ci sono naturalmente anche importi milionari, ma questa edizione dello scudo fiscale sembra avere interessato per gran parte i piccoli e piccolissimi patrimoni.
Con tagli di quelle dimensioni anche per gli osservatori specializzati nel fenomeno della criminalità organizzata è da escludersi che il rimpatrio possa avere riguardato il riciclaggio di capitali sporchi. Ipotesi per altro che - salvo la colorita campagna dipietrista (il leader dell’Italia dei valori insultò il capo dello Stato, diede del mafioso al parlamento, sfilò con tanto di coppola e sigaro penzolante dalle labbra) e qualche uscita di Marco Travaglio e di sparuti pm in cerca di pubblicità - non aveva mai convinto gli esperti del settore. Il riciclaggio mafioso sceglie strade diverse da un’operazione gestita comunque dal fisco italiano e da intermediari legali che non possono essere di fiducia: passa semmai attraverso il mattone e la minore tracciabilità di investimenti su prodotti finanziari e derivati, assai abbondanti sui mercati internazionali.
Lo scudino fiscale che le stime raccontano (i dati ufficiali e analitici arriveranno dopo il 26 dicembre) riguarda invece soprattutto famiglie e piccoli patrimoni lasciati in Svizzera o perché lì sono stati accumulati i risparmi in momenti di timore fiscale o perché frutto di passaggi ereditari che anche solo per non affrontare rischi e lungaggini burocratiche non sono stati toccati dagli aventi diritto.
D’altra parte il picco di fuga verso la Svizzera (i piccoli patrimoni lì sono andati, non in grandi paradisi fiscali) dei capitali familiari italiani si registrò prima negli anni della massima instabilità politica (seconda parte anni Settanta- primi anni Ottanta), e poi all’inizio degli anni novanta. Magari a tornare in queste cassettine da piccolo taglio sono proprio i soldi italiani che avevano preso il volo, ampiamente sfumati, dopo il prelievo improvviso e notturno del 6 per mille sui conti correnti e depositi bancari operato da Giuliano Amato e dal suo governo nel 1992.
All’estero stavano i capitali di incalliti evasori, talvolta quelli della criminalità organizzata (che spesso li fa girare ripuliti e rimpatriati a modo loro in Italia), ma anche quelli di semplici cittadini e contribuenti italiani a cui il loro Stato aveva messo colpevolmente paura. Sono loro i veri protagonisti di questo rimpatrio. E continueranno probabilmente ad esserlo anche ora che lo scudo è stato prorogato a un prezzo lievemente superiore (aliquota del 6%, e da aprile del 7 per cento).