Denise Pardo, L’Espresso, 22 dicembre 2009, 22 dicembre 2009
DENISE PARDO PER L’ESPRESSO 22 DICEMBRE 2009
Alla Rai va in onda il caos Antonio Marano ha presentato un progetto per il digitale. Prevedeva 13 nuovi canali. Ma il Cda l’ha congelato in attesa di verificarne i costi. Mentre manca ancora un piano industriale per il rilancio dell’azienda
Tredici canali. Due persino dedicati allo sport. Neanche uno alla cultura, come invece hanno tutti i paesi d’Europa. Ma il piano dell’offerta del digitale terrestre presentato al cda da Antonio Marano, uno dei ’quattro moschettieri’ come vengono chiamati i vice direttori generali, è grandioso, all’altezza del rango di un’azienda televisiva come la Rai. Peccato che sia privo di un particolare fondamentale: una prima analisi di valutazione economica. Va bene che l’azienda è unica nel suo genere. Va bene che il suo ex direttore generale Claudio Cappon sosteneva che a viale Mazzini non si respira ossigeno ma ozono. Ma il piano dell’assetto vitale per la tv pubblica, con il digitale già partito e che entro il 2010, praticamente ora, coprirà il 70 per cento del territorio nazionale è ancora in alto mare. E il fantasioso consiglio d’amministrazione Rai che così non ha potuto approvarlo si è affidato alla funambolica formula del ’prendere atto’ aspettando uno studio in termini di valorizzazione di costi e di ricavi.
La Rai in attesa del suo futuro. Di quello che trasmetterrà con il digitale terrestre fecondo moltiplicatore di canali. La Rai anche in attesa del piano industriale 2010-2012. Il tutto in un momento storico davvero decisivo per la sua sopravvivenza, all’alba, già bella che inoltrata, però, di una modernità culturale e tecnologica bisognosa di una svolta seria. Anche perché viale Mazzini è sempre più stretta tra due fuochi. Quello di Sky, la satellitare di Rupert Murdoch con la quale ha incrociato le armi, che cresce e diventa pericolosamente generalista. Quello di Mediaset, la tv che gode dell’incontestabile vantaggio di appartenere al presidente del Consiglio. Per non parlare del fatto che, rispetto alla necessità del cambiamento del mercato e della velocità del progresso, la politica si dimostra assolutamente arretrata e continua ad avanzare le sue pressanti richieste di uomini, poltrone e controllo dei contenuti, presidente del Consiglio in primis. Almeno ci fossero i quattrini. Macché. Il budget 2010 a fine ottobre segnava un horribilis meno 260 milioni di euro. Ora è stato ridotto. Ma, al momento, il conto esibisce sempre un meno che oscilla tra i 150 e i 160 milioni, pur prendendo alcune decisioni di tipo strutturale (per esempio la chiusura di Rai Med?).
In effetti, è difficile delineare il piano industriale, così. difficile indicare le strategie competitive dell’azienda senza mettere mano seriamente negli assetti societari. Senza intervenire finalmente sulle famigerate consociate Rai, accorpandone alcune. Facendo tornare alla casa madre, altre. Il direttore generale Mauro Masi aveva fatto intendere che avrebbe intrapreso questa strada. Anche perché la Rai per legge ne richiede solo tre: Rai Way, che gestisce gli impianti di diffusione del segnale. Sipra, concessionaria di pubblicità, che ora è senza amministratore delegato dopo l’uscita di Maurizio Braccialarghe (in compenso c’è Aldo Reali, il direttore generale, uomo molto vicino a Giuliano Adreani il big boss della berlusconiana Publitalia). E Newco international (sotto audit per i suoi conti ).
Ma dopo aver incamerato Rai Sat a seguito della rottura con Sky (rinunciando ai 50 milioni di euro annuali per il diritto di trasmettere i canali Rai, che in tempi così magri sarebbero stati una mano santa), la riorganizzzazione interna è ancora in fase di studio. Per forza, ognuna delle sette consociate ha presidente, consiglieri d’amministrazione, colleggi sindacali. Vuol dire poter fare nomine, sistemare persone, creare salottini d’attesa (prima di far parte del cda Rai, Alessio Gorla era in Newco; Cappon, prima di ridiventare dg era in Rai Cinema).
Non è facile per i vertici Rai fare a meno di tutto questo. E pazienza se per esempio Rai Corporation, struttura Rai per gli Stati Uniti, costa circa 20 milioni di euro. Gli esperti dicono che visti i tempi basterebbe tenere aperto un ufficio di corrispondenza e risparmiare in questo modo una quindicina di milioni.
Che farebbero piuttosto comodo visto che per ogni canale digitale terrestre si prevede un costo che varia dai 5 ai 10 milioni di euro a detta del vice direttore Marano che queste cifre le ha dichiarate a ’Libero’. Ma non appaiono però nel documento presentato al consiglio d’ammnistrazione. Secondo il suo piano, entro gennaio 2013, la Rai dovrebbe avere ’almeno’ 13 canali, compresi naturalmente RaiUno, RaiDue, RaiTre. Oltre a Rai 4, ecco i tre tematici: Movie (film e fiction), People (stili di vita), Storia (documentari ma anche programmi realizzati ad hoc). Poi Rainews24 (l’informazione 24 ore su 24), Yoyo e Gulp (target bambini e teen ager), Rai Sport 1 e 2 e infine Rai Hd , l’alta definizione oggi prerogativa della televisione a pagamento ma che in futuro sarà estesa a tutti i canali. Il progetto prevede anche il raddoppio delle ore di trasmissione, restringendo lo spazio di riproposizione durante l’arco della giornata delle varie trasmissioni. Con un ulteriore dilatazione di costi produttivi e di acquisti esterni.
Tra le varie osservazioni seguite alla presentazione del mega studio, arrivate da quasi tutti i consiglieri (da Giorgio Van Straten, quota Pd, ad Antonino Verro e Alessio Gorla, quota Forza Italia, a Gianfranco De Laurentis, from Udc) anche la perplessità per esempio di trasformare Rai 4 in un laboratorio di sperimentazione di programmi per RaiDue. Con l’interrogativo: chi sosterrà i costi di questo laboratorio? Graverà sul budget di RaiDue, visto che che quello di Rai 4 è di soli 10 milioni? E poi. I nuovi canali saranno direzioni indipendenti? Forse sì, forse no. In origine sembravano doverlo essere. Ora, a quanto pare, sta passando la linea di considerarle delle strutture. Anche per evitare, secondo i perfidi Rai, di dare troppo potere a Paolo Ruffini, uscito suo malgrado, dalla direzione della Terza rete verso quella di Raidigit. Inutile dire che la moltiplicazione dei canali può rappresentare il preludio a un ghiottissimo, nuovo giro di nomine.
Ancora una volta la Rai è di fronte a un bivio. Troppe volte ha scelto o è stata costretta a scegliere la strada della conservazione. Ora questa è davvero la sua ultima occasione. il progresso a dettare legge, ora. Certo le richieste dalla maggioranza di una subalternità al governo rende tutto ancora più difficile. Certo, ci vorrebbe un colpo d’ala da parte dei vertici, il direttore generale Masi in testa.
Paradossalmente, sostiene un alto dirigente, proprio i politici che usano la tv pubblica dovrebbero cinicamente puntare a una Rai più forte. Nel frattempo, i vecchi vizi dell’immobilismo Rai continuano. Dalle grandi questioni a quelle dei corrispondenti esteri. A Londra convivono, separati in casa, doppio stipendio e tutto quel che ne consegue, Giovanni Masotti e Antonio Caprarica. Il primo doveva da un pezzo tornare in Italia e lasciare il posto di corrispondente all’altro. Ma da Roma nessuna notizia ancora. Forse, dopo il piano sul digitale, dopo il piano industriale, dopo...